Quello che state per leggere è il Secondo Manifesto del Mitorealismo del Sottosuolo e prima manifestazione del Movimento online.
Primo vagito di questo popolo di
ombre e sonnambuli: l’antologia Fiori del
Caos, uscita oggi 20 febbraio 2023 per Kipple Officina Libraria. Partecipano con le loro visioni e umane - non
umane incandescenze: Ksenja Laginja, Paolo Spaziani, Sandro Battisti, Carlo
Gregorio Bellinvia. Mattia Canovaro, Massimo Fantuzzi, Lukha B. Kremo, Alex
Tonelli, Maria Cardamone, Matteo Gennari, Silvio Straneo, e l’estensore di
questo Manifesto, Ettore Fobo.
Se interessati, la mail del Movimento è
questa: mitorealismo@gmail.com
Il sito in allestimento è www.mitorealismo.it
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“L’arte ci è stata
donata per non morire di verità.“
Friedrich Nietzsche
“Quando la poesia faceva la
Storia. “Leggo questo su Fb come commento a una vicenda cialtronesca che vide protagonista
il poeta Dario Bellezza in veste di sparring
partner per una lite con un attore improvvisatosi boxeur per insondabili ragioni artistiche. Finalmente il poeta
preso a calci in culo. Così si fa la storia. Ma fra Storia e poesia non corre
buon sangue benché di sangue poetico la storia sia impregnata. Non faccio nomi,
rinforzo l’anonimato, non cedo al fascino del feticcio e del brand. Studiare la storia per far contenta la
madre o uccidere la madre per far contenta la Storia? Perciò non vi darò le fonti,
morirete di sete…
La frase ”Quando la poesia faceva
storia” è un poco fuorviante. Forse perché poesia e storia non sono parole che
possono stare impunemente insieme. La storia -e l’attualità sua caricatura- fa
la voce grossa per azzittire i poeti. Non si tratta solo di bombe e fucili ma
delle sue chiacchiere potenti e pericolose come una valanga: la storia umana
somiglia sempre più un treno senza conducente né destinazione. Poi finisce in
tunnel e s’intravvede la luce e si fa festa, festa, olè si brinda ma dura poco:
la luce è del convoglio che viene dalla direzione opposta per il definitivo
schianto frontale.
Ma la nostalgia emerge dall’imperfetto (faceva)
come residuo di una malinconia che presto sarà perduta anch’essa. Quando la
poesia faceva malinconia ma la poesia non fa la Storia né la malinconia. La
poesia continua a mostrare i buchi neri e i vortici del linguaggio storico (attenti
è come mostrare i denti malvagi dell’alba) e mettere così il caos davanti alle
proprie responsabilità.
Oppure troviamo la poesia nei
drugstore, nelle pompe di benzina, nelle cattedrali purché sconsacrate, nei Mac
Donald’s , nelle piccole chiese invase dalle erbacce e dalle bisce, nelle
rovine in cui crescono i Fiori del Caos, fiori fluttuanti, fluttuazioni
floreali, tutto ciò che ha perso il nome ha perso anche il peso della propria
eco, esige un destino più profondamente sonoro, sinestesica eco di un colore
tangibile. La poesia è nella strada dove
il linguaggio è una pulsazione vivente ed errante ma soprattutto nei gesti e nelle cose del
quotidiano, trasfigurato pensiero ora in
danza ora in naufragio. Ciò nonostante ricordate e non c’è contraddizione: La bellezza sarà cosmica o non sarà.
Il poeta che recita una poesia vede
nello specchio un fuoco prismatico in cui si riconosce. Un prisma di fuoco che
è Bigger than History… Quando i
nemici della poesia si ostinano a pensare che essa consista nel pettinare le
bambole e non nella conquista di uno stile (ah la pietra senza pietà dello
stile). Allora tu immerso come in un acido nelle gozzaniana vergogna d’esser
poeta, scorticato dai tuoi dubbi e dalle tue incertezze, sii aggressivo nel
rispondere: L’arte è sicuramente inutile ma se più inutili fossero coloro che
se ne fanno un vanto come se l’inutilità dell’arte fosse opera loro, dei loro
luoghi comuni, degli stereotipi che gli serrano la bocca, di un’economia arcaica fondata sul risparmio
e sull’accumulo e non come la poesia sulla dissoluzione, sullo spreco, sulla dépense.
C'è un’economia non umana
realmente naturale, fondata sulla dissipazione entropica come quella di Madre (qui
ci vuole il ghigno leopardiano) Natura. La chiamiamo morte. Supremo spreco che
permette il suo stesso infinito rinnovarsi come spreco. L’arte è scuramente
inutile benché i libri di poesia possano essere moliti utili per incartare il
pesce, possono essere un favoloso arredo e
se ardono donano calore come
tutto ciò che arde. È risaputo: i libri di poesia sono i migliori regali di riciclo.
Non conoscono un solo destinatario ma diverse mani che li rigirano ad altri che
a loro volta li rimetteranno in circolo. Perciò il suo movimento inesauribile è
contento, comunque nessuna mano può afferrarla come la sabbia di Morfeo, e però
ne rimane drogata ugualmente e cambia il suolo sotto i piedi e il cielo
comincia a picchiarci in testa come il Corvo che ripete Nevermore e non ha altra voce. Finché il tempo esplode altre voci
sorgono per ritrovare antiche alchimie in cui il verbo è una disseminazione
astrale, magnifica perché peritura ma lo scintillio è eterno solo se si cessa
di venerarne il riverbero ed è così,
quando si cessa di comunicare, che
emergono le terre inesplorate sotto i nomi che le
imprigionano.
L’arte è inutile, in questo simile
alla vita. Quindi attenti a tutto ciò che non produce reddito, vi rende solo
vivi, una poesia lo può fare talvolta di notte se cessate di pensare al domani,
al passato e fate dell’attualità una solenne pira di vecchie menzogne, vivrete
così trafitti dall’attimo di una più intima spossessione, spoliazione di sé. Non può essere che la
catastrofe, più in là, di valori un rovesciamento fatale. È questa la nostra redenzione? Accettare di
essere mummificati, dare del tu agli angeli oppure puntare sugli alieni. Loro
ci ameranno, non capendoci, qui anche gli scribi ci rinchiudono nelle gabbie delle
loro ottusità. Un’arte per artisti e vaffanculo alla Verità, alla Democrazia,
alla Libertà; a tutto questo malvagio mondo di Maiuscole; si fottano la Volontà, la Storia e la Scelta
e infine l’Arte stessa perché si nasce capolavori e qualcuno ci rimane. L’opera,
più d’uno l’ha insegnato, è solo residuo
escrementizio.
Tornino le chimere, le ninfe,
tornino i boschi a essere non umani cioè sacri, brilli nelle nostre menti la
magnifica idea di Fato. Natale mongolo e maniaco sulla terra. Natale pagano. Sì, felicità, felicità maniaca…- La
storia non è nel passato né nel futuro, la storia è nell’attimo che squarciando
il tempo ne mostra il ridicolo camouflage.
La bellezza sarà comica o non sarà.
Mitorealismo del Sottosuolo: Mito
perché dispostivi mitologici legiferano nel nostro inconscio. Vanno disattivati
lentamente con rigore scientifico se no esplodono e pazzia sommerge ogni cosa. Condito sine qua non per avvicinare questi
dispositivi: bisogna sapere a quale daimon
è consacrata la nostra vita, foss’anche il Grande Puffo, o Ken Shiro.
Realismo è il serpente dionisiaco
che cambia pelle per non farsi riconoscere cioè sottomettersi a un codice di
segni. Sottosuolo, perché bisogna, il più possibile, vivere nascosti e in
pubblica piazza cantare al proprio orecchio.
Siamo oltre ciò che comunica e
informa, che esse siano ostie, ontologie,
informazioni e prepariamo il funerale della dualità che ci ha spaccati. Attenti, amici, romba la Ronda
dell’Avanguardia.
E.F
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