Che vergogna la poesia! Forse è
solo una variante nobile dell’alienazione, una parente stretta dell’angoscia
umana, come pensano i più. Musil
sosteneva che il poeta fosse soltanto qualcuno a cui un difetto congenito aveva
impedito di fare il giornalista. Sono
anni che m’interrogo su questa vergogna della poesia e cerco di capirne la
cause.
Forse perché la poesia è
spudorata, mistificazione su mistificazione
i poeti creano la verità della propria carne, per cui un poeta è nudo
davanti a tutti, nella sua menzogna e nella sua verità.
Forse perché ci sono troppi velleitari, troppi aspiranti, troppi wannabe, e nessun lettore. Allora essere
poeta diventa la corona del deficiente.
Forse perché il poeta è un isolato,
rinchiuso nel carcere dell’arte, come un delinquente comune, clandestino dentro
il linguaggio, essere fondamentalmente equivoco che si dedica al delitto della
fantasticheria.
Forse perché la poesia è uno
sguardo sul deserto in cui il deserto non ha voglia di rispecchiarsi.
Tanti forse non fanno nessuna
verità, tuttavia rimane la vergogna gozzaniana, la pacca ignorante sulla spalla
che significa “Povero poeta” oppure
fra gli intellettuali ”Puah, un poeta.
“
La più grande verità la scrisse Guido
Gozzano, appunto.
“Io
mi vergogno,/
sì, mi vergogno d'essere un poeta!”
Tuttavia talvolta un poeta è
acclamato come buffone di corte, in genere da morto. Colui a cui capita da vivo
mi comincia a sembrare una foca ammaestrata che scrive versi che nessuno legge
ma di cui tutti tessono lodi imbarazzanti, soggiogati da Fama e Cultura di suddetta
foca.
Il poeta è quasi sempre
personaggio alquanto ridicolo, uno che
non pensa solo di far quattrini, che
fantastica invece di rimboccarsi le maniche e dedicarsi a qualche attività
lucrativa, quindi in questa società follemente
borghese è un essere assurdo.
C’è poi un’
ulteriore colpa che peggiora la sua posizione, se questo poeta ha talento è
spacciato. Lo percepirà soltanto come un peso e un fastidio, come una condanna
all’isolamento. Nessuno lo capirà mai il
suo inutile talento, nessuno darà mai importanza alla sua immaginazione, e
quanto più il suo talento di veggente sarà affinato tanto più il nostro poeta capirà la società indifferente. Ecco cosa
scrive William Carlos Williams:
“E’ un’ossessione di chi ha talento che mediante un attacco diretto o
qualche via traversa dell’intento conquisteranno il plauso del mondo. Cezanne.
E poiché alcuni nella vita un minimo di
plauso l’hanno avuto, la finzione si è perpetuata. Ma la verità è che
l’immaginazione non essendo nulla, nulla
ne sortirà.”
13
luglio 2012
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da "Aforismi di un bevitore di tè"- Ettore Fobo (inedito)