Bibbia d’Asfalto

domenica 22 luglio 2018



È iniziata la mia collaborazione con il blog collettivo Bibbia d’ Asfalto, legato all’omonima rivista edita in versione ebook da Kipple Officina Libraria,  di cui è appena uscito il numero 9. L’articolo è quello,  già pubblicato in questo blog,  dedicato ad Aldo Braibanti. Vi rimando al link. Buona lettura!

 Ettore Fobo

L’altra terra - Jean Flaminien

mercoledì 18 luglio 2018




Immergersi in un libro di poesie significa avvicinare il mistero di una mente che si sottrae al chiacchiericcio dei luoghi comuni per esplorare o addirittura creare un’altra terra come recita il titolo di questo intensa silloge poetica del poeta francese Jean Flaminien, L’altra terra,  appunto, che leggo nella traduzione di Marica Larocchi per Book Editore. Altra terra dove avviene l’epifania, dove il tempo è sospeso e la meditazione pone i suoi interrogativi al viandante che l’attraversa. E qui gli interrogativi si condensano nelle pagine finali,  le più belle, nella sezione intitolata Esistere: “Vediamo davvero la realtà?”, domanda che kantianamente ha una risposta negativa se intendiamo con realtà la cosa in sé, il noumeno. Eppure la poesia, sembra dirci Jean Flaminien, è forse lo strumento più adatto per farci avvicinare all’essenza delle cose, in un’epoca in cui l’interiorità si dissolve in un incandescente ”magma mediatico e virtuale” e il “rifornimento di spiritualità” è cessato, così il contatto con le altrui interiorità si è interrotto e solo conta il “benessere materiale” che lungi dall’appagarci ci disintegra nel profondo, ci cancella.

Così questa poesia si propone di farci intuire “l’aldilà delle cose” dove l’io non può mettere radici e il pensiero stesso svapora ma dove possiamo indagare le possibilità notturne e inconsce della nostra personalità che la veglia e la coscienza estromettono. È l’altra terra del titolo, definizione più che mai calzante per quella cosa che chiamiamo poesia. Terra aliena su cui posare il piede è pericoloso, in cui avventurarsi significa andare incontro alla più radicale delle trasformazioni.

Terra misteriosa, dove le zolle si illuminano, “la selva si desta” e “lo stagno già divampa” e dove bisogna stare in ascolto, ricettivi, per accogliere “la bellezza del mondo” che si offre a noi come un enigma di cui proprio la poesia ci fa intravvedere la chiave per poi negarcela all’ultimo momento perché l’enigma deve rimanere tale e la domanda mantenere la sua profondità insolubile.

Così tutto è mistero in queste poesie,  dal ronzio delle api che desidera   riconquistare la propria sostanza”  al “brusio della selva/ in cerca di parole fuggenti” alla luce in cui si condensa “ ogni tensione d’essere” . Flaminien ci racconta e canta quanto sia meraviglioso esistere sotto un cielo che esplode di stelle, in un mondo naturale dai molti segreti, in cui l’idea del mattino potenzia o smorza la luce del mattino reale,  gli oggetti sono da noi dotati d’anima, e nell’”opera invisibile del mondo” la parola ci trae a sé come una strega per ammaliarci con la visione di un’unità di segno e cosa. Se esistere significa dare un ordine al  proprio caos e innescare metamorfosi, l’universo ha bisogno dell’umano per pensarsi, la nostra psiche è un incrocio di voci aliene e altre, la natura stessa ci pare straniera nel suo darsi a noi come colei “ che tacitamente compie la verità”.

Così Flaminien compie il suo periplo intorno alla parola, restituendoci con il suo tragitto il movimento lunare e ambiguo della poesia, laddove tutto deflagra e allo stesso tempo si chiude in un inesplicabile silenzio che raccoglie in sé ogni anelito al dire nella sua scintillante possibilità.

milk and honey - Rupi Kaur

mercoledì 11 luglio 2018




Confesso un iniziale disagio nel leggere le poesie di questa giovane poetessa indiana Rupi Kaur, naturalizzata canadese e di questo suo libro milk and honey. Un disagio che lentamente si è trasformato in una  strana fascinazione, con tutti i distinguo del caso, però. Si tratta di un libro  che rischia  in certi momenti di cadere nelle trappole stereotipate della poesia d’amore,  per giunta giovanile ma che infine si rivela, pur nei suoi limiti che evidenzierò,  una lettura stranamente corroborante, forse perché ricca di speranza, della speranza propria della giovinezza. Tradotto da Alessandro Storti milk and honey è edito da tre60 nel marzo del  2017. Lo leggo nella decima edizione, ragguardevole traguardo, del febbraio 2018.

Milk and honey è un successo mondiale ed è utile leggerlo per capire cosa cerchi oggi un pubblico interessato alla poesia. Semplicità sicuramente, versi brevi e con qualche effetto di manierismo, in questo caso giovanile, qualcosa di riconoscibile e salutare, un’immersione nel dolore certo purché vi sia luce alla fine del tunnel.

Così milk and honey è un libro in grado di rispondere alle richieste di un pubblico che si allontana dalla poesia perché la sente astratta, contorta, complessa, sfuggente. In questo senso il successo mondiale del libro è una buona notizia per la poesia. Nonostante i roboanti giudizi di certa critica siano eccessivi e paiono avere soprattutto meri intenti pubblicitari, per me si è trattato di una lettura tutto sommato  piacevole,  non vi ho trovato gli abissi linguistici che mi affascinano nella grande poesia ma un libro ben congegnato, a guisa  di concept album su alcuni temi eterni come l’amore, la perdita, gli affetti  e i conflitti famigliari, la solitudine, l’assenza. Le sezioni in cui il libro è suddiviso sono quattro: il ferire, l’amare, lo spezzare, il guarire.

Non mancano sentenze gnomiche a volte pungenti a volte deboli o versi diretti su realtà brutali come lo stupro o tentativi di ricondurre tabu come le mestruazioni alla loro dimensione naturale o una ricognizione psicoterapica sugli abusi sessuali subiti da una bambina. Certe poesie rendono milk and honey un manifesto del femminismo da ventunesimo secolo e se questo è forse alla base del suo successo su social come Instagram,  a mio parere limita un po’ la portata universale della poetica dell’autrice.  I versi sono accompagnati da disegni della stessa Kaur che confermano di un talento semplice ma evocativo, naif, delicato e  un po’ acerbo, com’ è giusto che sia.

Ma questa purezza, questa innocenza, questa levità di tono, sono ciò che conferisce al libro   la sua necessità. Certo a volte specie nelle poesie della sezione dedicata all’amore il tono è semplicistico e la brevità dei versi non consente approfondimenti ed emerge troppo prepotente l’autobiografia da confessional poetry e il tono confidenziale che pure dà calore al libro ne rivela alcuni aspetti stucchevoli. Alcuni versi non hanno la profondità della poesia e paiono pensieri buttati lì a caso:  non voglio amicizia/ di te voglio tutto/ - di più.

Tuttavia è  certamente un libro strutturato con intelligenza, accattivante, forse a tratti persino un po’ furbo, specie nell’individuazione del suo target, perciò un lettore smaliziato non abbocca sempre a versi che fingono profondità e sono invece un po’ frivoli e leggeri e in qualche  caso   un po’ banali (“sto imparando ad amarlo/amandomi”.) Bisogna considerare la giovane età della poetessa, poco più che ventenne, quando pubblicò nel 2014 la prima edizione autoprodotta del testo,   e non essere troppo duri ma accettare che in mezzo a versi  intensi si possa trovare anche  la bigiotteria del corredo poetico contemporaneo.

La sensazione finale comunque è abbastanza positiva. Soprattutto nelle parti in cui Kaur denuncia la condizione della donna è efficace.   Si tratta indubbiamente di un libro in grado di spalancare orizzonti, di operare guarigione, di raccontare l’amore giovanile nelle sue sfaccettature, di affermare con grazia sommessa la potenza del femminile e di cantare l’emancipazione concreta dai modelli patriarcali. È l’ esordio di una poetessa che,  se riuscirà ad ampliare lo spettro della propria esperienza e a rendere più robusti e meno esili i suoi versi,   farà ancora parlare di sé. La attendo a prove più mature e convincenti.

 Questo  è il semplice  libro di un’anima che vuole condividere con altre anime il proprio percorso nel mondo, la propria sofferenza, la propria gioia. Qualcosa di puro semplicemente sgorga da un cuore giovane, limpido, ferito, che riesce ad autoguarirsi con i versi e ci aiuta a percorrere  le vie del sentimento, non sempre, però,  sfuggendo al ricalco di versi già sentiti.  Ma lasciamo alla poetessa il compito di descrivere il proprio libro:

“questo è il viaggio
della sopravvivenza tramite la poesia
questo il sangue, sudore, lacrime
di ventun anni
questo è il mio cuore
nelle tue mani
questo è
il ferire
l’amare
lo spezzare
il guarire.”