Incipit di Sotto una luna in polvere

sabato 28 gennaio 2012

Vedi il sole rosso?

Vedi le luci nel loro tempio?

Le acque che cavalcano l’aria,
e le nuvole che mordono il cielo?

Puoi seppellire il ricordo?

Puoi trascinarti carcassa?

Puoi risorgere, ora?

Palazzi dagli occhi strabici,
schermi di menzogne ripieni,
tutto brucia e tutto scoppia,
nulla rimane.
Nella notte insanguinata
troveremo la via verso il tempio … vuoto.

Febbraio 1992

da Sotto una luna in polvere - Ettore Fobo- Kipple Officina Libraria (2010). Ora in edizione ebook anche su Amazon.


Ebook di Sotto una luna in polvere: offerta di lancio

domenica 22 gennaio 2012


Dopo l’anteprima del Pdf, è uscita la versione ePub di Sotto una luna in polvere. Come offerta di lancio viene venduto sul sito della Kipple allo straordinario prezzo di un euro, per un periodo di tempo limitato, dopodiché tornerà al prezzo normale di 3 euro e cinquanta. E’ disponibile anche su Amazon. Potete leggere estratti nell’etichetta Sotto una luna in polvere in questo blog o sul sito The NeXt Station. Grazie dell’attenzione.

Esorcismi – Jorge de Sena

sabato 14 gennaio 2012

Ogni libro di poesia ci interroga sulla natura stessa di questo strano ed estremo modo di esprimersi. Ogni lirica costruisce un frammento di questa colossale avventura nel segreto e nelle segrete del linguaggio. In particolare quest’antologia di Jorge de Sena, Esorcismi, sembra formulare una formidabile domanda sulle possibilità della poesia, sui suoi strumenti. Questa raccolta sintetizza il percorso poetico del poeta portoghese dall’esordio con Persecuzioni nel 1942 fino alla raccolta Esorcismi del 1972, che precede di pochi anni la morte, avvenuta nel 1978.

La risposta di de Sena alla domanda sulla finalità della poesia risiede nella parola “testimonianza”, “testemunho” nell’originale portoghese, testimonianza di quella strana cosa chiamata dal poeta “visione profonda”, che s’innesta però lucidamente dopo il tramonto di ogni trascendenza, dopo la liquidazione di Dio, che però rimane come un rimpianto ineludibile, se la sua assenza parla ugualmente al cuore dell’uomo. De Sena scrive una poesia ambigua su Dio: colui che all’inizio pare onnipresente, seppure sminuito dall’ironia, alla fine si rivela un nulla: "Dio s’è spento… Non è nulla”.

E’ importante questa poesia perché ci mette al centro di questa grande, a tratti veramente straordinaria, avventura poetica, che si indovina difficilmente traducibile, per questo è ammirevole lo sforzo del traduttore Carlo Vittorio Cattaneo in questa edizione Accademia che risale agli anni Settanta.

Jorge de Sena pare un poeta che ha rielaborato in chiave moderna l’esperienza di Rimbaud, avendo assorbito anche la lezione surrealista di René Char, di André Breton, situando il suo discorso in quella zona pericolosa in cui le parole sono sommamente ingannevoli e traditrici.
Ci viene a mancare sotto i piedi il terreno, e una grande mistificazione avanza fra le rovine della religione.

Qui l’analogia è ciò che resta di tutte le trascendenze che l’uomo ha immaginato, ma è una grande illusione, una calcolata menzogna che non porta nessuna consolazione. E allora? Non esiste migliore risposta che l’art pour l’art, e de Sena attraversa questa porta, inevitabilmente. A che serve testimoniare il nulla se non lo si è reso bello, attraverso la menzogna dell’arte?
Prendiamo una poesia tratta dalla prima raccolta Persecuzioni e che s’intitola L’ultimo giorno:

Bambini ridono sulla veranda, ridono
e giocano in un modo che non sono più bambini.

Oggi non c’è Sole,
c’è unicamente un cielo imbiancato e carri che sguazzano,
e una luce continua che non entra dentro
e dentro un odore di terra, di panni, di sonno
di calore sul volto e sulle orecchie.

I bambini giocano con un pensiero tiepido,
gli uni con gli altri e nulla più.
E l’ingenuità, che nessuno ha mai e a loro manca,
è caduta qui.

Questa poesia è sbagliata.
Se non lo è, fa lo stesso – non termina.

Ripetere tutto varie volte fino a non capire”.

E’ un gioco, se vogliamo, ripercorrere una poesia come fosse una montagna russa con l’unico scopo di non capire, di smarrirsi. Invito che è in fondo di tutta la poesia, invito a dissolvere i rassicuranti, e forse illusori, confini della comprensione e accedere ad altro: una nuova trascendenza, che però sa denunciarsi come suprema messinscena, affondando il coltello della sintassi in quella che De Sena chiama “la piaga dello spettacolo gratuito” .

In Persecuzioni, che raccoglie poesie scritte tra i 19 e i 22 anni, la parola chiave è “ingenuità”, ma essa non è possibile, è solo rimpianto di ciò che mai è stato. Il richiamo all’infanzia è molto forte in questi versi in cui il poeta, giovane adulto, si mette sulle tracce della saggezza infantile: “ quando guardo, sorpreso, la saggezza dei gesti/ con cui i bambini cominciano a sentirsi reali.” E’ una realtà in cui anche la felicità ha le fattezze di un “bambino inconsolabile”, e dove non possiamo conoscere la differenza fra ciò che è effimero e ciò che è eterno. Unica chance lasciarsi colmare dal silenzio, che pure “non è Dio” ma solo “una fessura/un soffio, un sudore di eternità”. Siamo così prigionieri della carne, della materia, ansiosi per qualcosa che ci liberi.

Nella raccolta successiva Corona della terra la scrittura è equiparata al respiro, ed è una rivelazione costante, una scoperta sempre, giacché de Sena scrive ”io apprendo quel che scrivo.”, prefigurando una poesia in cui il poeta è soprattutto un essere in ascolto di ciò che gli sussurrano le profondità. La creazione poetica è “nuova gravidanza della Vita”, vita definita in un altro verso “prostituta ingenua”, che solo nella redenzione del canto acquista ”occhi materni”.
Nella poesia Scolo, de Sena raffigura in maniera magistrale scorci di vita di strada, che appaiono come trasfigurati:

“Pallidi bimbi giocano nello sterco della strada
come se lo sterco fosse la perpetuazione del Sole
come un Sole che suppurasse dalle alte pareti
invano circondate dalla mano della morte. “

E conclude con una sentenza inappellabile: “La maggior miseria degli uomini sono le parole che li vivono”.
Verso misterioso, denso di echi di modernità, quella modernità che nasce forse con Rimbaud, in cui progressivamente affiora la consapevolezza che l’essere parlante è vissuto dal linguaggio, più che possederlo, ne è posseduto.
La consapevolezza di de Sena sta nell’aver visto la menzogna universale, della Storia, del mito, della religione. Sotto la superficie del mondo non v’è alcuna verità profonda:

“Verità, non c’è n’è: il mondo non la cela.
Si vede tutto: ma non si sa dove.
Hanno tutti mentito, mortali e immortali. “

De Sena ci dice che non c’è consolazione per chi abbia visto la “ tenebra negli intervalli delle cose”, e neanche la poesia può venirci soccorso essendo nient’altro che “ disgrazia impotente” , “che solo sa negarsi e costringermi ad essere/ colui che lotta nel vuoto di se stesso e degli altri.”


C’è anche il sentore di un’incomprensione profonda, che fa del poeta un escluso, esiliato nell’interiorità senza poterla condividere con altri, traccia questa dell’ambiente culturale ostile in cui il poeta si trovò a vivere. Esperienza di esclusione che il poeta sintetizza in questo verso, tratto dalla poesia Gittata efficace, che si trova nella raccolta Pietra filosofale: “La mia voce è troppo misteriosa perché mi comprendano.”

E così con questa nota amara ci saluta del passato Jorge de Sena, la cui ombra attende ancora la comprensione che in vita non ebbe, egli che in Ode al futuro aveva previsto che la sua stessa vita e quella degli uomini della sua epoca sarebbe apparsa a noi suoi posteri come un sogno.

“Parlerete di noi come di un sogno.
Crepuscolo dorato. Frasi calme.
Gesti molto lenti. Musica soave.”


Fondamenta degli Incurabili – Iosif Brodskij

sabato 7 gennaio 2012

Una delle protagoniste di questo strano libro di Brodskij, Fondamenta degli Incurabili, edito da Adelphi, è la luce invernale di Venezia, “città dell’occhio”. Qui si tratta del rapporto fra questo grande poeta e grande esule russo e la città lagunare, acquatico regno di specchi profondi, di pizzi, di vicoli, esperienza della vista innanzitutto con i suoi palazzi su cui sfavilla questa luce quasi astratta, che vibra nel freddo decembrino come una rivelazione.

Brodskij aveva l’abitudine di soggiornare tutti i mesi di dicembre a Venezia, in vacanza, e aveva scelto proprio questo periodo perché spinto dalla particolare bellezza della città, che l’inverno rendeva ai suoi occhi ulteriormente magica. Come sempre accade con uno scrittore, la sua passione per Venezia è filtrata attraverso referenti letterari e cinematografici, il romanzo di un dimenticato autore francese dell’Ottocento, Il film di Visconti, Morte a Venezia, contatti che nel racconto di Brodskij diventano quasi presagi, come la gondola di rame posseduta dal padre, presagi di quella che negli anni sarebbe diventata una vera e propria ossessione. La grande madeleine che legò per sempre Brodskij a Venezia è l’odore della alghe sotto zero, che gli ricordava il Baltico.

“Era una notte di vento, e prima che la mia retina avesse il tempo di registrare alcunché fui investito in pieno da quella sensazione di suprema beatitudine: le mie narici furono toccate da quello che per me è sempre stato sinonimo di felicità, l’odore delle alghe marine sotto zero. “

Fondamenta degli Incurabili è un libro attraversato da una strana forza alchemica, sarà il linguaggio meditato, orfico e onirico, sarà il tema, Venezia, città misteriosa per antonomasia, è un libro che elogia la lentezza dell’inverno, dei suoi tramonti.

E’ l’acqua, l’elemento fluido che per Brodskij rispecchia il tempo, l’altra grande protagonista di questo scritto indefinibile. Acqua pericolosa, che rischia di sommergere la città, acqua che però “abbellisce il futuro” e dà alla città l’esatta dimensione della sua “funzione (…) nell’universo”. La scrittura di Brodskij procede per slittamenti, balzi non lineari, costruendo una storia che è insieme un collage di frammenti, operando così come la memoria e affidandosi al flusso di coscienza.

Nella parte finale Brodskij girovaga come in un sogno per le vie di Venezia, si ferma a un bar, il Florian, e come in una visione gli appare Auden, il poeta, insieme ai suoi amici, che racconta una storia. Perché questo è un testo in cui molto spesso la fantasia prende il sopravvento mescolando elementi di realtà ad altri di puro sogno. Venezia qui pare il nutrimento di un’immaginazione acquatica che come l’acqua vuole riempire tutti i vuoti, colmarli. In questo testo assistiamo anche all’incontro di Brodskij con la vedova di Pound, scopriamo la passione dell’artista russo per la poesia di Montale, c’è anche una sorta di (non) storia d’amore con una veneziana e soprattutto vediamo come a Venezia il corpo stesso divenga veicolo dell’occhio, con la retina che fatica a intrappolare lo splendore metafisico della luce.

Tutti questi elementi la luce, l’acqua, la bellezza, il sogno, amplificano la sensazione d’ intimità con qualcosa di misterioso; vista anche attraverso i suoi leoni, le sue statue di chimere e di mostri, Venezia mostra di essere una città magica, e Brodskij replica la sua magia nello stile della sua scrittura, che celebra la nebbia, l’oscurità, l’inverno e la sua luce pallida, con estremo rigore e coerenza.