Il dio caprone

martedì 17 giugno 2025

 




IL DIO CAPRONE- UNA POESIA DI CESARE PAVESE

La campagna è un paese di verdi misteri
al ragazzo, che viene d'estate. La capra, che morde
certi fiori, le gonfia la pancia e bisogna che corra.
Quando l'uomo ha goduto con qualche ragazza
hanno peli là sotto il bambino le gonfia la pancia.
Pascolando le capre, si fanno bravate e sogghigni,
ma al crepuscolo ognuno comincia a guardarsi alle spalle.
I ragazzi conoscono quando è passata la biscia
dalla striscia sinuosa che resta per terra.
Ma nessuno conosce se passa la biscia
dentro l'erba. Ci sono le capre che vanno a fermarsi
sulla biscia, nell'erba, e che godono a farsi succhiare.
Le ragazze anche godono, a farsi toccare.

Al levar della luna le capre non stanno più chete,
ma bisogna raccoglierle e spingerle a casa,
altrimenti si drizza il caprone. Saltando nel prato
sventra tutte le capre e scompare. Ragazze in calore
dentro i boschi ci vengono sole, di notte,
e il caprone, se belano stese nell'erba, le corre a trovare.
Ma, che spunti la luna: si drizza e le sventra.
E le cagne, che abbaiano sotto la luna,
è perché hanno sentito il caprone che salta
sulle cime dei colli e annusato l'odore del sangue.
E le bestie si scuotano dentro le stalle.
Solamente i cagnacci più forti dàn morsi alla corda
e qualcuno si libera e corre a seguire il caprone,
che li spruzza e ubriaca di un sangue più rosso del fuoco,
e poi ballano tutti, tenendosi ritti e ululando alla luna.

Quando, a giorno, il cagnaccio ritorna spelato e ringhioso,
i villani gli dànno la cagna a pedate di dietro.
E alla figlia, che gira di sera, e ai figli, che tornano
quand'è buio, smarrita una capra, gli fiaccano il collo.
Riempion donne, i villani, e faticano senza rispetto.
Vanno in giro di giorno e di notte e non hanno paura
di zappare anche sotto la luna o di accendere un fuoco
di gramigne nel buio. Per questo, la terra
è cosi bella verde e, zappata, ha il colore,
sotto l'alba, dei volti bruciati. Si va alla vendemmia
e si mangia e si canta; si va a spannocchiare
e si balla e si beve. Si sente ragazze che ridono,
ché qualcuno ricorda il caprone. Su, in cima, nei boschi,
tra le ripe sassose, i villani l'han visto
che cercava la capra e picchiava zuccate nei tronchi.
Perché, quando una bestia non sa lavorare
e si tiene soltanto da monta, gli piace distruggere.

***

da "Non importa la notte" - Cesare Pavese - Bur Rizzoli - maggio 2025

***
Ed è attraverso questa poesia che festeggio il compleanno di una persona a me molto cara. 

Ettore Fobo

Il rapporto fra poesia ed economia secondo Ernst Jünger

mercoledì 11 giugno 2025

 






“La poesia è un segno dell'abbondanza; è lo stile peculiare dell'età dell'oro. Là dove si cominci anche solo a parlare di economia, là è già cominciato l'impoverimento, ed esso celebrerà il trionfo quando a prendere il sopravvento sarà il pensiero economico. Allora, insieme ad altri segni dell'abbondanza, anche la poesia si inaridirà. D'altra parte, il poeta non solo annuncia l'abbondanza, ne è altresì il dispensatore; per tale ragione è più necessario di qualsiasi economista e la poesia è più importante di qualsivoglia scienza".

Ernst Jünger

“Le poesie hanno i lupi dentro”: la data è stata spostata

sabato 7 giugno 2025



Cari amici e care amiche, per ragioni indipendenti dalla nostra volontà, il mio spettacolo è stato spostato a venerdì 20 giugno ore 21, sempre presso il Centro Sociale Eterotopia, in via Risorgimento 24 a San Giuliano Milanese.  Scusate il disguido.

Ettore Fobo e il Laboratorio Mitorealista

“Le poesie hanno i lupi dentro”: terza data ATTENZIONE EVENTO SPOSTATO AL 20 GIUGNO

domenica 1 giugno 2025

 



Terzo appuntamento con il poema work in progress “Le poesie hanno i lupi dentro”; riformulato attraverso l’innesto di altre poesie e altre prose. L’evento si terrà al Centro Sociale Eterotopia, venerdì 20 giugno p.v, alle ore 21. Il Centro è situato a San Giuliano Milanese, in via Risorgimento 24. L’ingresso è gratuito. Siete tutti invitati.

Ettore Fobo e il Laboratorio Mitorealista

Poesie, aforismi e scritti vari di Mattia Canovaro da “Fiori del Caos"

sabato 31 maggio 2025

 


 4. Superclassifica Show




Nel giro di qualche anno, IO tornò lo stesso, Rimbaud non tirava più.
Stazionario è diventato Cristo; vanno i golf blu.
Pochi lo fanno,
ma c’è più Sesso,
tutti lo sanno
è molto visto,
esempio adesso alla tv.

5.

Chi frappose lo specchio
tra me
e questo uomo scortese,
che mi fissa già vecchio?

13. Permette un significante?

La mia prosa aveva troppi incisi, che peccato! Faticavo io stesso a
capirla. Un bel giorno dissi basta e decisi di chiamarla “poesia”.
Paf! Perché non ci avevo pensato prima? Ecco che avevo gli “a
capo”, un aiuto bello e buono dalla Gestalt che rendeva più semplice
l’analisi logica delle mie troppe subordinate. Non solo, nello stesso
pacchetto, avevo anche la brevità tipica della poesia che mi autorizzava
a scrivere poco e in barba alla concinnitas.
Il resto fu facile. Bastò aggiungere un pizzico di ritmo interno, qualche
rimetta per illudere – così gli amanti di musica classica erano
sistemati – e via, poesia! Verso il cazzo che mi pare! Finalmente
potevo perdermi in un bicchier d’acqua e chiamare quello sbrodolamento
stile.

21. Post Bauman

Ti salutiamo società liquida
belli buoni cattivi e brutti ciao ciao
vita schifida,
evaporiamo tutti.

***

dalla prefazione di Ettore Fobo:



Mattia Canovaro, negli scritti giovanili che ci presenta, azzanna il
reale per meglio vederlo, consapevole che non c’è più nulla da spolpare,
con momenti di quotidianità padana restituiti con fredda e
concisa implacabilità:

Ecco due fidanzati in gita sull’Adda, seduti su una stuoia. Lui torso nudo
e jeans; lei gonna tirata sulle gambe, la canottiera arrotolata sotto il seno
per abbronzare il ventre bianco.
Soli tra il verde argine, lei schiaccia i foruncoli sulla schiena piegata di lui.
Oppure in pochi versi sintetizza la condizione umana nella sua
opprimente banalità:

Chi frappose lo specchio
tra me
e questo uomo scortese,
che mi fissa già vecchio?

Interpretazioni sociologiche dure e affilate si alternano con letture
idiomatiche del linguaggio corrente, demistificato e messo in
discussione nella sua pretesa di verità.
Così scopriamo che l’atto linguistico è l’atto del supremo godimento
ed è proprio lì che l’interdetto sociale ci modella imponendoci le
sue marcature simboliche. Scrittura liberatoria di un pensatore che,
probabilmente, alla libertà nemmeno crede, vedendo all’opera l’immensa
codifica sociale del linguaggio come una iattura e la mancanza
di semplice buon gusto annidarsi ovunque, anche laddove le
anime belle pongono il loro cuore, nell’espressione fare l’amore, per
esempio, di cui Canovaro riscostruisce la genesi dentro di sé e la
genealogia semantica. E ne denuncia l’insopportabile, conformistica,
volgarità.
***
da "Fiori del Caos"- antologia di autori vari a cura di Ettore Fobo- Kipple Officina Libraria (2023)

Che cos’è il sesso? La risposta di Michel Foucault

lunedì 26 maggio 2025



«Si evocano spesso gl’innumerevoli procedimenti attraverso i quali il Cristianesimo antico ci avrebbe fatto detestare il corpo; ma pensiamo un po’ a tutte queste astuzie con le quali, da molti secoli, siamo stati spinti ad amare il sesso, con le quali se ne è resa desiderabile la conoscenza, e prezioso tutto ciò che se ne dice, con le quali siamo stati anche incitati a mettere in atto tutte le nostre capacità per sorprenderlo, e legati al dovere di estrarne la verità; con le quali siamo stati colpevolizzati per averlo così a lungo misconosciuto. Sono queste che meriterebbero, oggi, di stupire. E dobbiamo pensare che un giorno, forse, in un’altra economia dei corpi, non si capirà più bene come le astuzie della sessualità, e del potere che ne sorregge il dispositivo, siano riuscite a sottometterci a questa austera monarchia del sesso, al punto di destinarci al compito senza fine di forzare il suo segreto e di estorcere a quest’ombra le confessioni più vere.

Ironia di questo dispositivo: ci fa credere che ne va della nostra “liberazione”.»

***

Da “La volontà di sapere- Storia della sessualità 1” - Michel Foucault- traduzione Pasquale Pasquino e Giovanna Procacci- Feltrinelli- edizione dell’agosto 2014

Giorni del consumo - una poesia di Armanda Guiducci

lunedì 12 maggio 2025

 





Presa in questo ordito chiaro e selvaggio
ho visto invecchiare soli giovani
su giorni macilenti, non – passioni
su gente vuota marcita gonfia d’odio,
su questa pallida Europa, sulle teste
dei nostri inutili figli – e ruotare
in meccanici spazi lune sconnesse
dall’antica forza triangolare
dei nostri sessi di donna, e notti
e giorni scontrarsi come due bulloni
impazziti nel tempo accelerato.

Scarpe vestiti birra ghiaccio e chiodi
sotto vuoto caffè gas tv bagliori
di luce elettrica fiammate di benzina
ho consumato – cose. L’esistenza, no.

***
da “ a colpi di silenzio”- Armanda Guiducci- - maggio 1990




Sesto comunicato mitorealista

giovedì 8 maggio 2025




Naturalmente un papa americano. La Chiesa sempre sul pezzo. Complimenti.

Ettore Fobo e il Laboratorio Mitorealista

Quinto comunicato mitorealista

venerdì 25 aprile 2025

 





"Già solo il presentarsi come verità rivelata è il marchio dell’inganno, e costituisce, per uno che pensi, una sollecitazione all’ostilità."
Arthur Schopenhauer

Pare che abbia tenuto una lettura pubblica. Pare che c’entrassero i lupi e la poesia, e qualcuno sussurra che abbiamo ucciso Dio e poi, per sicurezza, dicono che abbiamo addirittura dissolto ogni atomo del suo fantasma per impedire un suo improvviso ritorno sulle scene come killer di sé stesso. Ricordiamo, infatti,  di averlo messo al muro, davanti alle sue responsabilità metafisiche, abbiamo caricato i fucili delle nostre ispirazioni e stavamo per fucilarlo – l’avevamo addirittura convinto della necessità di togliersi di mezzo da solo, lui e la sua bramosia di un amore esclusivo - questo per toglierci tale notevole incombenza ma lui, il buon Dio, era recalcitrante; come tutti, credeva di esistere, il poveretto. Fucili carichi del nostro sguardo di bronzo, pronto a fulminare la sua vigliaccheria di dio fatto in casa. Poi il ricordo s’interrompe. Nulla… bambini che gridano di gioia hanno fatto da contrappunto a diversi brani di questa lettura. Vi lasciamo alla prima traccia video delle molte che sono state girate dell’evento e che via via pubblicheremo su YouTube. Questa è la versione integrale.  Il Titanic della Morale affonda? Brindiamo ma prima di brindare gettiamo agli squali coloro che questo Titanic hanno voluto, celebrato, santificato. E se io non ricordo, o ricordo male, è perché tutto avviene nel limbo, dove le intelligenze sensibili e le energie sottili si radunano. E la loro congiura insegna all’eternità a durare. Questo è il link a YouTube.

Buona visione.

 

Ettore Fobo e Il Laboratorio Mitorealista

Forum Anterem 2025: video-lettura di Ettore Fobo

mercoledì 16 aprile 2025

 


Il Forum Anterem è un‘occasione speciale per incontrare amici e amiche. Ci si vede poco ma si condivide molto ed anche quest’anno la manifestazione mi ha regalato intensi momenti di vicinanza ed il senso di una comunità di persone che percorrono lo stesso sentiero. Nuovamente le abbraccio tutte. Qui il video della mia lettura. Buona visione.

 

Quarto comunicato mitorealista

lunedì 14 aprile 2025


Grande notizia in ambito mitorealista: uno degli autori dell'antologia "Fiori del Caos" Lukha B. Kremo,  vince il prestigioso Premio Italia, nella categoria fantasy, con il romanzo "Le cronache di Leg Horn".

Ettore Fobo e il Laboratorio Mitorealista

Paolo Spaziani recita Bataille

giovedì 10 aprile 2025

 


Nuova data milanese per lo spettacolo di Paolo Spaziani, con regia di Letizia Corsini, “La morte ride”, monologo tratto da “L’arcangelico” di Georges Bataille. Lo spettacolo è sempre diverso, non esiste una scaletta fissa, tutto è affidato al momento, è il gioco dell’immediato che scompagina il testo e inventa i suoi ritmi. Lo spettacolo si terrà a Milano, mercoledì 16 aprile al teatro Argomm, in via Graziano Imperatore 40, alle 21. Paolo Spaziani è un autore mitorealista presente nell’antologia “Fiori del Caos” (Kipple Officina Libraria, 2023), curata da Ettore Fobo.

Le cronache di Leg Horn

lunedì 7 aprile 2025



Su Bibbia d’Asfalto ho pubblicato una mia riflessione sul romanzo fantasy di Lukha B. Kremo “Le cronache di Leg Horn”. Buona lettura per chi vorrà.

Ettore Fobo

Premio Sarzana: una video - intervista di Ettore Fobo

domenica 30 marzo 2025

 


Pubblico in questa sede il link al video dell’intervista che mi ha fatto Giuseppe Di Liddo, vicepresidente del Premio Internazionale Città di Sarzana, in merito alla mia silloge “Sotto una luna in polvere”(Kipple Officina Libraria, 2010) vincitrice della dodicesima edizione del Premio nella categoria Poesia edita.

Estrapolo questo brano dalle motivazioni critiche della Giuria:

“Questa è una poesia che “rischia” davvero, che non ha paura di infrangere i limiti del dicibile per esplorare territori sconosciuti e inquietanti. Un’opera radicale e spiazzante, che merita di essere letta e riletta, nonostante – o forse proprio grazie – al suo rifiuto di offrire soluzioni o risposte definitive. “

Eccovi il link. Buona visione

Ettore Fobo

Le poesie hanno i lupi dentro: nuova data

sabato 15 marzo 2025

 


Ci siamo nuovamente. Il 28 Marzo alle ore 21.00, presso il C.I.Q di Porto di Mare,  a Milano, in via Fabio Massimo 19, si terrà la seconda lettura del mio work in progress, “Le poesie hanno i lupi dentro - atti e incantesimi di poesia mitorealista”. Lo spettacolo sarà diverso dal precedente con nuove poesie e nuove prose. Rimane costante l’approccio dinamitardo. Faremo saltare i fondamenti ontologici di questa agonizzante civiltà occidentale.  Siete tutti invitati.

Ettore Fobo e il Laboratorio Mitorealista

Poesia e tristezza: verità e miti

venerdì 7 marzo 2025


 


“Chi ride è padrone del mondo.”

Giacomo Leopardi

“Il sentimento della gioia è il sentimento più propriamente etico.”

Gilles Deleuze

 

Sto vagando fra gli aforismi di Cioran contenuti ne “Il crepuscolo dei pensieri”. Si tratta di affrontare una delle scritture più avvolgenti, stratificate, proteiformi e infine pienamente chiaroveggenti del Novecento. Sentenze che affiorano da un magma infuocato sembrano prendere per mano il nostro smarrimento di bipedi automatizzati e condurlo alla vertigine. Mi colpiscono soprattutto le riflessioni sulla tristezza “La soglia del suicidio? Un brivido che segue una risata travolgente”, “Persino la tristezza è un’arte”, “L’infelicità è lo stato poetico per eccellenza”, “Che cosa significa essere poeta? Non essere distante dai propri dolori, coincidere con la propria infelicità”.

Apparentemente nessuno può negare la verità di queste asserzioni che fanno il paio con quelle di Balzac, “La poesia è dolore”, e di Ceronetti “Il poeta è colui che porta in sé la pena di tutti” e con decine (centinaia?) di altre simili.

Ecco è questo il punto. Il poeta è certo il crogiuolo di sofferenze universali, universali dico e non particolari, biografiche o esistenziali.  È vicino al fuoco dell’essere da cui esse scaturiscono come ombre su uno specchio. Ma per portare il peso della pena di tutti occorre una forza enorme che il vero poeta incarna: la gioia. Per portare il peso della pena di tutti bisogna essere gioiosi come infanti.  Può apparire contraddittorio ma non lo è affatto. Come è possibile infatti tollerare questo universo dolore d’esistere, se al fondo non si è profondamente immuni da questo stesso dolore? Una gioia inscalfibile che sorregge tutto il dolore del mondo, come Atlante regge il globo terrestre e si coagula in forma e come forma splende su tutte le miserie e le contingenze. Allora anche il dolore è solo una pantomima, come già denunciava Pessoa: “Il poeta è un fingitore: finge che è dolore, il dolore che davvero prova. “

La scrittura di Cioran è un congegno che funziona ad alta intensità e a frequenze di profondità inevitabili come un destino. La sua bacchetta di rabdomante trova soprattutto le acque stagnanti ma ancora più a fondo un’acqua cristallina la memoria disseta. Parlando di poesia- perlomeno in queste asserzioni perché altrove la sua sonda scova esattamente i movimenti impercettibili del magmatico humus della poesia- Cioran rimane un filosofo, lo scintillio del suo stile profondo non riesce ad abbracciare l’intero periplo dello sguardo poetico, gli sfuggono le bizzarrie della sua lingua biforcuta, ancipite e ambigua, sfuggono al suo impalcabile radar e Cioran pare fissarsi, come tutti, sulle apparenze. Sbatte il suo genio contro un muro del pianto, il cui cemento, però, è solo illusorio; posto che questa illusione è composta dai detriti di tutte le verità frantumate. E dunque ancora una volta Nietzsche: chi sa filosofare con il martello scopre al fondo di questa universa vanità di esistere lo zampillo di una sorgente eterna. Per cui, in un aforisma che non deve passare inosservato, Cioran scrive che Nietzsche stesso non è nient’altro, come Pascal, che Nietzsche tra l’altro per certi versi aborriva, un “reporter dell’eternità”. Alla bruttissima faccia di chi continua a credere che Nietzsche sia un filosofo del nulla, un nichilista, cioè l’ennesima piattola incrostata sullo scroto di Cronos, il Tempo.

Ettore  Fobo

Premio Sarzana 2024

lunedì 24 febbraio 2025

 







Di seguito il comunicato della Giuria del Premio Internazionale Città di Sarzana, inerente alle motivazioni che hanno portato a decretare “Sotto una luna in polvere” la silloge vincitrice della sezione Poesia edita. Potete trovare "Sotto una luna in polvere" a questo link (7 euro il cartaceo meno di un euro l'ebook). Grazie dell’ascolto.



Ettore Fobo

***

Siamo lieti di annunciare che, durante la cerimonia di premiazione svoltasi il 14 dicembre, è stato assegnato il riconoscimento per la Sezione A Poesia Edita a Ettore Fobo con "Sotto una luna in polvere"

Un grido poetico che sfida il vuoto: “Sotto una luna in polvere" e l’urgenza dell’autenticità

"Sotto una luna in polvere" è un’opera che si muove inquieta ai margini del discorso poetico contemporaneo, sfidando le convenzioni estetiche e narrative con un linguaggio che si frantuma e si ricompone, in un ciclo continuo di creazione e distruzione. Qui, Ettore Fobo rifiuta l’idea stessa di armonia, abbracciando il guasto come condizione esistenziale e poetica, un guasto che si fa principio ordinatore del caos.

Come Carla Benedetti ci insegna, la poesia non può più limitarsi a riprodurre una bellezza formale, ma deve farsi gesto di rottura, capace di ferire e risvegliare coscienze anestetizzate dal rumore di fondo della modernità. "Sotto una luna in polvere" si inserisce con prepotenza in questa scia, proponendo una lingua che si contorce e si spezza, che si frantuma sotto il peso del reale e della sua rappresentazione.

Un linguaggio che urla contro il silenzio

L’autore compone versi che sembrano urlati contro un muro di silenzio. Le immagini poetiche sono crude, talvolta volutamente sgraziate, come nella descrizione di “palazzi dagli occhi strabici” e di “schermi di menzogne ripieni”, simboli di un mondo soffocato dalla falsità e dall’alienazione. La città si fa carcassa, contenitore di illusioni corrotte, mentre l’individuo si trascina come una marionetta, svuotato di senso e identità.

In questa rappresentazione di un’umanità disgregata, Ettore raccoglie l’eredità dei poeti maledetti e dei visionari del Novecento, ma ne esaspera la visione fino al collasso. Se i surrealisti cercavano di liberare l’inconscio attraverso l’immagine poetica, qui il sogno si trasforma in un incubo a occhi aperti, in cui le visioni non portano liberazione ma solo frammentazione e alienazione.

L'assenza di un centro e la poetica del frammento

Come Benedetti ha più volte sottolineato nei suoi saggi, la letteratura contemporanea si confronta con l’assenza di un centro, con l’impossibilità di trovare un senso unitario. In "Sotto una luna in polvere" questa assenza diventa struttura stessa del testo: le poesie sono frammenti che non cercano di ricomporsi in un tutto organico, ma restano sospesi in un vuoto ontologico.

Ettore rifiuta ogni linearità narrativa e ogni facile coerenza, lasciando il lettore in balia di immagini fugaci e visioni spezzate. La realtà si sfalda sotto il peso della sua rappresentazione, e la parola poetica diventa atto di resistenza contro l’omologazione del pensiero unico. In questo, la sua scrittura ricorda l’urgenza espressiva di Antonin Artaud, ma senza la possibilità di un’uscita catartica: qui il grido resta soffocato, intrappolato in un circolo vizioso di disperazione e disincanto.

Una visione apocalittica e la ricerca di autenticità

"Sotto una luna in polvere" non offre redenzione né speranza. La visione apocalittica dell’autore non lascia spazio a illusioni consolatorie: tutto brucia, tutto scoppia, nulla rimane. Eppure, in questa desolazione si avverte un’urgenza di autenticità, un bisogno viscerale di dire l’indicibile, di dare voce a un dolore che non trova altra via d’uscita se non nella parola poetica.

Abbiamo spesso sentire parlare della necessità di una scrittura che rompa con l’inerzia del mercato editoriale, che sfugga alle logiche di consumo culturale per ritrovare una forza originaria e sovversiva. "Sotto una luna in polvere" risponde a questa chiamata, proponendo una poesia che non si piega a compromessi e che anzi sfida apertamente il lettore, costringendolo a confrontarsi con la propria precarietà esistenziale.

Conclusioni: Un’opera scomoda e necessaria

In un panorama letterario spesso dominato dalla superficialità e dall’evasione, "Sotto una luna in polvere" emerge come un’opera scomoda e necessaria. L’Ettore Fobo non cerca l’approvazione del pubblico né indulge in facili estetismi: la sua poesia è un atto di rivolta contro il conformismo culturale, un tentativo disperato di ricostruire il senso attraverso la distruzione del linguaggio stesso.

Questa è una poesia che “rischia” davvero, che non ha paura di infrangere i limiti del dicibile per esplorare territori sconosciuti e inquietanti. Un’opera radicale e spiazzante, che merita di essere letta e riletta, nonostante – o forse proprio grazie – al suo rifiuto di offrire soluzioni o risposte definitive.

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Giuria del Premio Internazionale Città di Sarzana

Poesie di Lukha B. Kremo da “Fiori del Caos”

venerdì 21 febbraio 2025

 



Neutrone

Antimateria da energia primitiva
di milioni Kelvin, idrogeno primordiale
e isotopi, deuteri e massa positiva
emanante forze e gravità stellare.
Supernova espelle misero corpo
in galassia cosmo nulla pressione.
Quanto, spin, quark quasi libero,
ora elio, ora metano, ancora neutrone,
ora cadmio, tecnezio, ora oro,
ora afnio, tungsteno, ora boro,
ora olmio, molibdeno, ora cloro,
ora cripto, disprosio, ora fluoro.

Zybor’

Deserti e rocche metalliche,
radioattività e creature adattate,
assenze...
Mutilati dilaniati disgregati
colpiti distrutti disintegrati
‒ resti d’ uomo e tecnologia ‒
consumati smussati bruciati
alterati smarriti perversi
‒ resti d’uomo e chimica.
Sopravvivenza di lotte
e droga di potere.
Mutanti abusivi
e androidi latitanti
in suburbe sconosciute,
e combinazioni d’esseri
mostruosi e autolesionisti.

Potete trovare l'antologia collettiva mitorealista "Fiori del Caos" in versione cartacea ed ebook al sito della Kipple Officina Libraria. In versione ebook anche su Ibs e Amazon e altre librerie online.

Ettore Fobo




"Fiori del Caos" su Bibbia d’Asfalto

martedì 11 febbraio 2025





Su Bibbia d'Asfalto, Donatella Pezzino ci regala un'intensa lettura dell'antologia mitorealista "Fiori del Caos" e del nostro Movimento: il Mitorealismo del Sottosuolo. Il libro si può acquistare qui: 10 euro per la versione cartacea 0.95 per l’ebook. Buona lettura.

Ettore Fobo



 

Un incipit di Antonin Artaud

lunedì 10 febbraio 2025

 


Basta. Si parla di letteratura: parola antica. Ebbene? Ho deciso di commuovervi e scioccarvi con uno dei più potenti incipit della letteratura del Novecento. Eccolo:

“Se intorno al cadavere di Eliogabalo, morto senza tomba, e sgozzato dalla sua polizia nelle latrine del proprio palazzo, vi è un’intensa circolazione di sangue e di escrementi, intorno alla sua culla vi è un’intensa circolazione di sperma.”

Si tratta di Antonin Artaud. Inginocchiamoci: siamo stati benedetti.

***

Incipit  de “Eliogabalo o l’anarchico incoronato”- Antonin Artaud – traduzione di  Albino Galvano- Adelphi-1991