Memorie di una beatnik - Diane di Prima

domenica 23 ottobre 2011



Diane di Prima, oltre che una poetessa di talento, deve essere anche una donna forte, dalla personalità prorompente, spregiudicata. Questa è la prima impressione leggendo Memorie di una beatnik, testo autobiografico che è una sorta di romanzo di formazione erotica e intellettuale, in cui la pornografia viene usata per raggiungere esiti artistici anche scioccanti, pensando che le scene di sesso raccontate risalgono agli anni cinquanta, nel cuore della puritana America.

In queste memorie, pubblicate nel 1969, la forte componente pornografica non è però separabile dal candore con cui tutto viene raccontato, perché la presenza di una sessualità anche brutale non è quasi mai fastidiosa o opprimente, c’è una certa innocenza e una grande gioia di vivere che pulsa nelle pagine di questo romanzo, che è come un fiume in cui la stessa Beat generation arriva a specchiarsi ebbra di sé, della sua giovinezza. Nella nota iniziale però Diane di Prima riconosce lucidamente che quella straordinaria esperienza era già finita, al tempo dell’uscita del romanzo: ” i beat ora si sono svenduti e sono diventati hippie”, ora sono impazziti, si sono suicidati, sono diventati monaci zen. Nello stesso anno Ginsberg ne La caduta dell’America decretava anch’egli la fine di quell’esperienza.

L’importanza di questo libro di Diane di Prima è soprattutto storica, la sua rievocazione della New York degli anni cinquanta ci permette di vivere dentro quella città come se fosse nostra, sperimentiamo così l’idea di una sessualità liberata dalle costrizioni di una società ipocrita, a avvertiamo come essa inondi l’esistenza della scrittrice con la sua potenza di rivelazione. Fra amori saffici, poliandria, permanenze in una comune, lavori di modella, Diane di Prima si muove attraverso l’America, esplorando la dimensione del piacere in ogni modo e raccontandocelo senza il velo dell’erotismo, ma con tutta la potenza eversiva della pornografia; con la sua scrittura dell’osceno scava dentro l’indicibile del sesso per cantare la sua supremazia.

E’ frutto di una vitalità che non accetta confini questa sessualità così esibita, è frutto anche, veniamo a sapere nella postfazione, delle pressioni dell’editore, cui Diane di Prima si piegò, perché vivendo in una comune di gente squattrinata, l’anticipo per quel romanzo le faceva comodo. Ma il romanzo non perde autenticità e acquista in freddezza; il sesso qui raccontato è un vortice di sensazioni voluttuose che a tratti sopraffanno la protagonista. Solo in certi momenti la scrittura pare routinaria e gli eccessi erotici sembrano cliché, ma utilizzando un genere, in questo caso la pornografia, il rischio è inevitabile. All’interno del genere la poetessa americana si muove con energia e consapevolezza, non tanto scandalizzare sembra il suo fine, tutto è qui molto semplice e naturale, quanto far emergere la verità del corpo e del desiderio.

Questa è la storia di una donna che con semplicità rivendica il diritto di poter sperimentare il piacere e soprattutto di raccontarlo, prerogativa maschile, in questo avviando una trasgressione anche verso il mondo patriarcale, che pretende dalla donna il silenzio, verso la letteratura stessa. Bisogna contestualizzare all’epoca in cui tutto ciò è stato scritto, con il suo stile di vita Diane di Prima è stata precorritrice dell’esperienza dell’amore libero, ma d’interessante in questo romanzo c’è anche il suo percorso intellettuale, fra scrittori come Dylan Thomas, Herman Hesse, sodali come Gregory Corso e soprattutto Allen Ginsberg, l’ascolto del jazz, o dei Carmina Burana, o di Vivaldi. Il jazz ha un ruolo centrale nella Beat generation, artisti come Miles Davis, Charlie Mingus, Charlie Parker, sono venerati come leggende viventi, e alla base del linguaggio di questi scrittori si sente pulsare una vena jazzistica profonda, il cosiddetto hip language.
New York è la “città magica”, dove vive la gioventù disinibita che descrive Diane di Prima, che a questa città dedica una descrizione meravigliata:

“Un amore sconvolgente per i vicoli e i magazzini, per lo strano cimitero downtown a Trinity Curch, per Wall Street nel cuore della notte, e Cathedral Parkway la domenica pomeriggio, per il grattacielo della Chrysler che splendeva come una torre fiabesca al sole di ottobre, l’incredibile prana ed energia dell’aria, fonti di una creatività che sembrava sgorgare dal centro infuocato della terra ed esplodere come mille vulcani nella musica e nella pittura, nel ballo e nella poesia di quella città magica. “

La Beat Generation era una generazione di ragazzi e ragazze animati da un confuso ma vitale amore per la libertà, affascinati dalla spiritualità orientale come dal jazz e dal sesso, hanno tracciato la loro parabola negli anni Cinquanta, fecondando il ventre dell’America con il loro linguaggio stradaiolo e le loro anticonformiste pose hipster. Diane di Prima fu una di loro e New York continua a viaggiare nel nostro immaginario anche grazie al suo contributo.

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