domenica 2 giugno 2013
Luce sui
campi incolti dove
sono stato
generato una notte
dall’amplesso
di stelle erbose.
Due volte
luce sui campi incolti,
alla
periferia dello sguardo di Dio.
Le orbite
dell’alveare mi fissano,
e fra le
fronde topi mi guidano
all’istantaneo
chiarore di lucciole,
all’estinguersi
del vico che porta
a un afrore
di capre rinchiuse.
E il letame
cumulo lontano
al cielo
innalza l’ombra
del
rivelato senso di nascita
al me
stesso olfatto che scopre:
La
prima impressione è dolore di cane.
Rendez vous con l’infinito ancora,
oltre la
saggezza di formiche e bruchi
forse nella
follia stupita del baco,
che
rinuncia a sé, per il volo sacro.
Ottobre 2001
Ettore Fobo
***
La poesia è tratta da: ” Sotto una luna in polvere” – Ettore Fobo – Kipple Officina Libraria – 2010
Potete
leggere altri estratti del libro sul sito The NeXt Station, sul blog Sheep in fog e nell’etichetta Sotto una luna in polvere in questo blog.
9 commenti:
Ciao carissimo! Come stai?
E’ un piacere risentirti, caro Antares, io sto bene e tu?
Direi una poesia panica - proprio nel senso di "di Pan" - senso chiarito per esempio dal "Saggio su Pan" di Hillman, che sto leggendo.
Con tutto quello di positivo e di negativo che questo comporta - tu mi dirai: la poesia, questa poesia, non è inquadrabile, va al di là, di qualsiasi giudizio di positivo o di negativo.
Non so.
Ti dirò una cosa: sto cominciando a sospettare fortemente di ogni forma di immobilismo eternalista, non solo, per esempio, del tradizionalismo di uno Junger, per esempio, ma anche di Heidegger e anche della concezione eternalistica degli archetipi propria di Jung e di Hillman.
Tutti autori estremamente interessanti, ma in cui mi sembra di individuare un qualcosa, un fondo filosofico che comincia ad apparirmi nettamente criticabile.
e questo per ragioni profondamente diverse non solo dalle varie forme ingenue e totalitarie di progressivismo positivista, ma anche da ciò che esprime il Connettivismo (perlomeno, dall'idea che mi sto facendo leggendo Supernext e Concetti spaziali, oltre).
Nelle varie forme di Fanatismo Futurista si nasconde il passaggio da un Abisso, un Orrore passato, a un Abisso, un Orrore futuri. Cioè, in realtà, nella folle rincorsa ipercinetica verso il radicalmente Altro, si rimane in realtà nell'Identico.
Mi ha molto colpito positivamente, invece, il pensiero di Castoriadis, flosofo radicale amico di Deleuze e Guattari, che sto appena cominciando ad approcciare ma che approfondirò.
nel suo classico degli anni '70: La struttura immaginaria della società, C., critcando tutta la tradizione filosofica occidentale, dice che la nostra società è fondata su UN tipo possibile di immaginario: è UNO tra infiniti possibili tipi di società, fondato su UNO tra infiniti possibili tipi di immaginario.
L'immaginazione, alla base della filosofia, della religione e della struttura della società, è in realtà una facoltà creatrice infinitamente libera, che come crea i presupposti della nostra cultura e della nostra società, potrebbe crearne anche di diversissimi.
Invece la teoria degli archetipi ci rinchiude nell'Identico, nella ripetizione inerte del sempre uguale (quindi anche a livello sociale e umano).
La prima impressione non è dolore di cane, il dolore di cane arriva con le categorie del nosro immaginario.
la prima impressione è gioia, libertà completa, assenza di ogni tipo di oppressione e irrigidimento, è qualcosa di sottile, trasparente, fluido, libero, leggero, vitale, precedente ad ogni costruzione, creazione, svalutazione, costrizione, dolore, pesantezza, peso dei millenni di infinito dolore e schiavitù mentale.
In effetti, ai tempi della stesura di questa poesia riflettevo molto su Pan, sulla dimensione animalesca e selvaggia che egli incarna. Non conosco Castoriadis, ma mi ha incuriosito molto quello che hai detto, sono anch’io in cerca di un pensiero dinamico. Sono assolutamente convinto che la nostra società sia solo una delle tante possibili, e che alla base di ciò che noi crediamo sia eterno ci sia l’immaginazione. E l’immaginazione può scardinare ciò che ha creato, comprese le nostre (immaginarie) catene. Quello che tu chiami “immobilismo eternalista" mi sembra il classico metodo e il tipico alibi delle società dispotiche. Sin dai tempi di Platone certa filosofia è stata troppo spesso connivente con questi dispositivi tirannici e immobilistici. Io ho sempre preferito filosofi selvaggi e libertari come il tuo omonimo Diogene.
Ciao Ettore. Tendinite ai polsi mi obbliga a sintetizzare al massimo.
Solo 2 cose:
1) il mio commento non voleva essere assolutamente un giudizio negativo sulla tua poesia (non so, si poteva anche interpretare così). un esempio la tua di quella che Ceronetti definisce (elogiandola) "poesia oscura", estremamente efficace. L'associazione, senza soluzione di continuità, di versi estremamente magici e lirici con versi duri, panici, schopenaueriani, crea un paradosso insolubile.
2) Questa poesia sicuramente esprime, tra le altre cose (oltre all'incanto dei primi versi e forse degli ultimi) anche molto dolore, un dolore atavico, selvaggio, metafisico. Sicuramente una delle possibilità della libertà espressiva del poeta è esprimere questo tipo di Dolore/Contraddizione/Paradosso. la mia ulteriore riflessione verteva sul fatto che questo Dolore atavico potrebbe, appunto, non essere una componente dell'Essere inteso in senso eterno (come in schopenauer, leopardi e Hillman) ma essere una espressione storica relativa di un certo tipo di cultura generata da un certo tipo di immaginario.
3) "la stessa natura è una metafora" (Hillman) ma allora possiamo creare nuove metafore, o sceglierne altre di antiche.
4) la filosofia è un enigma. contrapposi<ioni polemiche sono utili, ma solo per produrre ribaltamenti ermeneutici, prospettive nuove, decostruzione di certezze, fluidificazione di concetti. Non per creare Nuove Certezze e sbarazzarsi di concetti come Eternità e Essere. semmai per rienterpretarli. per liberarli dal giogo di concetti troppo sistematici (e quindi riscoprirli, ridargli vita, riconquistarli).
un esempio:
http://de-crea-zione.blogspot.it/2013/06/luomo-selvatico-o-green-man-o-khidr.html
p.s.: leggi, se hai tempo, tutto l'articolo (al link contenuto nel mio post) non solo la mia citazione.
Mi ha molto colpito, in particolare - in negativo - del saggio di Hillman su Pan che sto leggendo, la derisione che egli fa del pensiero di Reich, che bolla come ridicolmente superficiale e ottimistico. In questo allineandosi alla psicanalisi più ufficiale.
Molto strano questo proprio in un saggio sulla dimensione selvatica, visto che Reich è uno degli psicanalisti (o meglio pensatore proveniente dalla psicanalisi, che poi ha completamente abbandonato) che più ha difeso il valore del corpo, delle energie fisiche istintive più selvagge.
@ Diogene
Sì capisco, il dolore che si esprime è legato alla condizione storica transeunte, non ha nulla di eterno. Posso concordare con questo, anche se come poeta ho la tentazione di essere definitivo, per ragioni di impatto emotivo sul lettore. Per quanto riguarda la filosofia, sono sempre più convinto che sia necessaria per renderla viva molta creatività, mi affascina la figura del filosofo – artista. Ti ringrazio per l’apprezzamento, non ti preoccupare, avevo inteso la tua critica come costruttiva.
Ps Suggestivo l’articolo che hai linkato.
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