domenica 1 settembre 2013
Anche nelle cose meno felici
Bukowski è sempre fonte d’ispirazione, per una persona creativa. Così anche
questo Azzeccare i cavalli vincenti, tradotto
per Feltrinelli da Simona Viciani, ci porta nel cuore dei suoi territori - le
paludi del disincanto, le spinose radure del disadattamento, gli incerti
confini del disagio - con i suoi
vorticosi mélange di prosa poetica,
racconto, saggio. E’ quasi un genere a sé Bukowski, che per uscire
dall’infernaccio di questa vita si è dovuto inventare la sua letteratura, il
suo immaginario lusso privato, e per guidarci oltre la dannazione di una vita
spenta, standardizzata, ci racconta delle sue bevute e delle sue letture e non
si sa cosa lo ubriachi di più, se le parole di Artaud o un robusto vino italiano, se la sofisticata
poesia di Ezra Pound o del whiskey invecchiato.
Ci sono, in questa raccolta
diseguale, cose buone e cose meno buone, racconti giovanili in cui il suo
talento albeggia, prose poetiche in cui si perde un po’, scritti critici in cui Bukowski mostra
un’intelligenza corrosiva e affilata ma l’onestà della ricerca dello scrittore
americano è sempre evidente: egli cerca perle
nell’immondezzaio della vita quotidiana, e non ha paura di sporcarsi .
Per Bukowski sono tutti dei morti
viventi, i poeti inamidati, i professori,
gli eruditi, i funzionari, le persone politicamente impegnate, gli editori, gli
scrittori accademici, che nascondono con la spocchia la loro vacuità, i
bottegai, insomma tutto quel bestiario borghese che detta legge e costringe i
veri artisti a una vita d’isolamento e pazzia. Meglio essere uno sguattero poco istruito ma
vivo, che un laureato servo della normalità filistea, meglio ubriacarsi di
pessimo vino, rimanendo liberi, che piegarsi alle convenzioni che ci rendono
tutti schiavi. Certo la visione di Bukowski è estrema, ed egli ci racconta
della mancanza di amore e di bellezza che fa del mondo troppo spesso uno
spiacevole luogo di reclusione.
La prosa poetica di Confessioni di un ubriacone non mi convince, originale ma troppo
artificiosa, sforzata. Altra cosa la secca prosa de Il vecchio sporcaccione si confessa, dove un Bukowski ispirato
racconta della sua vita letteraria, dagli esordi su riviste underground, ai primi libri di poesia,
dalle sue peripezie di morto di fame, fino al successo, che lo incorona a quasi
cinquant’anni di età, dopo una vita spesa facendo tutti i mestieri e
incontrando tutti i bagordi e tutti gli eccessi.
Il tema principe, come si capisce anche dai
titoli dei brani qui antologizzati, è la confessione, perché Bukowski non ha
paura di mettersi a nudo, mostrando l’anima come fosse una piaga della sua
stessa carne, oscillando fra tenerezze ancestrali e rabbiose requisitorie
contro l’uomo comune e la sua pavida acquiescenza al sistema che regge le vite
umane.
Per Bukowski gli uomini mancano
di coraggio e accettano vite insulse per vigliaccheria, non osando quasi mai alzare
il capo contro il sopruso e anche quando lo fanno un meccanismo li stritola
impietoso e li trasforma nuovamente in servi, soffocati dalla paura.
In tutto questo i pochi artisti
sono, come nelle parole di Artaud, dei suicidati della società. Memorabile a
tal proposito quello che scrive Bukowski proprio in un suo breve saggio sul
visionario artista francese:
“Il pubblico appassionato d’Arte è sempre indecente. Ammira un uomo più
per il suo stile di vita che per le sue opere. Predilige soprattutto pazzi,
assassini, drogati, suicidi, casi di morte per denutrizione… eppure, lo stesso
pubblico appassionato d’Arte che in seguito venera uno di questi è quello
STESSO pubblico che lo ha spinto a bere da matti, a dare di matto, a drogarsi
da matti, perché non sopportava più la vista dei loro brutti musi o i loro modi
di fare “
La pulsione autobiografica
permette a Bukowski di creare una mitologia personale, consapevole che i
lettori vogliono soprattutto un personaggio, da idolatrare, da odiare, da
invidiare. Così in ogni racconto parlando di sé, dei suoi reading, ci mostra
oltre ogni dubbio che la cultura è una cosa sporca, una volgare mistificazione
delle cosiddette élite, che la poesia
è una maledizione o un imbroglio, e che l’uomo è sempre invariabilmente
destinato alla rovina e alla sconfitta.
Non c’è nessuna consolante
prospettiva sociale, né illusioni politiche o utopie da due soldi. Bukowski ci
sbatte in faccia la realtà della desolazione, e facendo questo si guadagna la
nostra stima. E’ troppo umano in un mondo di automi disumanizzati. Talvolta è
ripetitivo ma questa è la prova che, come
tutti i grandi artisti, egli è mosso dalle vertigini di un’ossessione,
un’ossessione per la vita così com’è, con le sue perenni angosce e i suoi attimi di
beatitudine che per lo scrittore americano sono legati, soprattutto, all’evento principale delle sue giornate: la
scrittura. Ed è proprio nell’elogio dell’attività creativa che Bukowski pare
commuoversi e trovare il bandolo della matassa di una vita in fondo vissuta a
sfinimento.
6 commenti:
Uno dei miei preferiti,di cui pure io ho fatto un post.
Céline e Buk,Plutarco li avrebbe inseriti in Vite Parallele....
Céline e Bukowski: due modi di intendere la letteratura come lotta alle convenzioni, alle liturgie culturali o pseudo culturali, ai conformismi borghesi. Plutarco avrebbe avuto pane per i suoi denti.
L'altro giorno rileggevo il capitolo africano del Viaggio....mi chiedo come si possa poi leggere le ciofeche di tante vispe terese del panorama attuale,specie italiano.
Non si accorgono che quanto spesso vanno scrivendo da impiegati del catasto,é stato già detto in un non plus ultra dal Nostro,da Joyce,da Flaubert,Tolstoi,Fedor,Kafka.....che magari manco hanno letto.
De profundis
PS - Se ti interessa,insieme ad adrea Lombardi, abbiamo su FB il gruppo CELINIANA.
https://www.facebook.com/groups/rigodon/
Asociale, provocatore, "osceno" (ma c'è qualcosa di più osceno del conformismo?) e dunque poeta geniale, spregiudicato, che dipinge la società americana cogliendone gli aspetti più evidenti, la violenza, la mediocrità, l'ipocrisia... Bukowski ha sempre avuto un posto speciale tra gli autori che amo...
Caro Ettore è sempre un piacere leggere le tue recensioni dalle quali traspare la tua passione, ma in assenza di inutile enfasi, tu inviti ad entrare nell'ottica degli autori lasciando aperte tutte le porte, senza imporre un unico punto di vista...
un abbraccio
@Johnny Doe
Di Céline ne nasce uno al secolo,le nullità pretenziose, invece, affollano il mondo, oggi come ieri. Bisogna aver vissuto molto intensamente, molto visto, molto amato, molto odiato, letto moltissimo e bene, per scrivere una riga decente. E spesso è inutile, in un mondo che privilegia l’immondizia, perché facilmente fruibile. La vostra pagina m’interessa, anche se non ho un profilo Facebook, troverò il modo di visitarla, grazie dell’invito.
@ Maria
Anche per me Bukowski ha un posto d’onore fra tutti gli scrittori che ho letto: sotto la scorza del cinico ho sempre intuito e ammirato la sua umanità un po’ scostante, la sua schiettezza senza fronzoli. Avere lettori così attenti e speciali come te, Maria, è una cosa che mi riempie di gioia, grazie.
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