sabato 31 maggio 2025
Nel giro di qualche anno, IO tornò lo stesso, Rimbaud non tirava più.
Stazionario è diventato Cristo; vanno i golf blu.
Pochi lo fanno,
ma c’è più Sesso,
tutti lo sanno
è molto visto,
esempio adesso alla tv.
5.
Chi frappose lo specchio
tra me
e questo uomo scortese,
che mi fissa già vecchio?
13. Permette un significante?
La mia prosa aveva troppi incisi, che peccato! Faticavo io stesso a
capirla. Un bel giorno dissi basta e decisi di chiamarla “poesia”.
Paf! Perché non ci avevo pensato prima? Ecco che avevo gli “a
capo”, un aiuto bello e buono dalla Gestalt che rendeva più semplice
l’analisi logica delle mie troppe subordinate. Non solo, nello stesso
pacchetto, avevo anche la brevità tipica della poesia che mi autorizzava
a scrivere poco e in barba alla concinnitas.
Il resto fu facile. Bastò aggiungere un pizzico di ritmo interno, qualche
rimetta per illudere – così gli amanti di musica classica erano
sistemati – e via, poesia! Verso il cazzo che mi pare! Finalmente
potevo perdermi in un bicchier d’acqua e chiamare quello sbrodolamento
stile.
21. Post Bauman
Ti salutiamo società liquida
belli buoni cattivi e brutti ciao ciao
vita schifida,
evaporiamo tutti.
***
dalla prefazione di Ettore Fobo:
Mattia Canovaro, negli scritti giovanili che ci presenta, azzanna il
reale per meglio vederlo, consapevole che non c’è più nulla da spolpare,
con momenti di quotidianità padana restituiti con fredda e
concisa implacabilità:
Ecco due fidanzati in gita sull’Adda, seduti su una stuoia. Lui torso nudo
e jeans; lei gonna tirata sulle gambe, la canottiera arrotolata sotto il seno
per abbronzare il ventre bianco.
Soli tra il verde argine, lei schiaccia i foruncoli sulla schiena piegata di lui.
Oppure in pochi versi sintetizza la condizione umana nella sua
opprimente banalità:
Chi frappose lo specchio
tra me
e questo uomo scortese,
che mi fissa già vecchio?
Interpretazioni sociologiche dure e affilate si alternano con letture
idiomatiche del linguaggio corrente, demistificato e messo in
discussione nella sua pretesa di verità.
Così scopriamo che l’atto linguistico è l’atto del supremo godimento
ed è proprio lì che l’interdetto sociale ci modella imponendoci le
sue marcature simboliche. Scrittura liberatoria di un pensatore che,
probabilmente, alla libertà nemmeno crede, vedendo all’opera l’immensa
codifica sociale del linguaggio come una iattura e la mancanza
di semplice buon gusto annidarsi ovunque, anche laddove le
anime belle pongono il loro cuore, nell’espressione fare l’amore, per
esempio, di cui Canovaro riscostruisce la genesi dentro di sé e la
genealogia semantica. E ne denuncia l’insopportabile, conformistica,
volgarità.
Chi frappose lo specchio
tra me
e questo uomo scortese,
che mi fissa già vecchio?
13. Permette un significante?
La mia prosa aveva troppi incisi, che peccato! Faticavo io stesso a
capirla. Un bel giorno dissi basta e decisi di chiamarla “poesia”.
Paf! Perché non ci avevo pensato prima? Ecco che avevo gli “a
capo”, un aiuto bello e buono dalla Gestalt che rendeva più semplice
l’analisi logica delle mie troppe subordinate. Non solo, nello stesso
pacchetto, avevo anche la brevità tipica della poesia che mi autorizzava
a scrivere poco e in barba alla concinnitas.
Il resto fu facile. Bastò aggiungere un pizzico di ritmo interno, qualche
rimetta per illudere – così gli amanti di musica classica erano
sistemati – e via, poesia! Verso il cazzo che mi pare! Finalmente
potevo perdermi in un bicchier d’acqua e chiamare quello sbrodolamento
stile.
21. Post Bauman
Ti salutiamo società liquida
belli buoni cattivi e brutti ciao ciao
vita schifida,
evaporiamo tutti.
***
dalla prefazione di Ettore Fobo:
Mattia Canovaro, negli scritti giovanili che ci presenta, azzanna il
reale per meglio vederlo, consapevole che non c’è più nulla da spolpare,
con momenti di quotidianità padana restituiti con fredda e
concisa implacabilità:
Ecco due fidanzati in gita sull’Adda, seduti su una stuoia. Lui torso nudo
e jeans; lei gonna tirata sulle gambe, la canottiera arrotolata sotto il seno
per abbronzare il ventre bianco.
Soli tra il verde argine, lei schiaccia i foruncoli sulla schiena piegata di lui.
Oppure in pochi versi sintetizza la condizione umana nella sua
opprimente banalità:
Chi frappose lo specchio
tra me
e questo uomo scortese,
che mi fissa già vecchio?
Interpretazioni sociologiche dure e affilate si alternano con letture
idiomatiche del linguaggio corrente, demistificato e messo in
discussione nella sua pretesa di verità.
Così scopriamo che l’atto linguistico è l’atto del supremo godimento
ed è proprio lì che l’interdetto sociale ci modella imponendoci le
sue marcature simboliche. Scrittura liberatoria di un pensatore che,
probabilmente, alla libertà nemmeno crede, vedendo all’opera l’immensa
codifica sociale del linguaggio come una iattura e la mancanza
di semplice buon gusto annidarsi ovunque, anche laddove le
anime belle pongono il loro cuore, nell’espressione fare l’amore, per
esempio, di cui Canovaro riscostruisce la genesi dentro di sé e la
genealogia semantica. E ne denuncia l’insopportabile, conformistica,
volgarità.
***
da "Fiori del Caos"- antologia di autori vari a cura di Ettore Fobo- Kipple Officina Libraria (2023)
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