sabato 3 novembre 2012
In limine a Concetti Spaziali, Oltre - silloge connettivista - a cura di Alex Tonelli - Kipple Officina
Libraria (2010)
“
… se mai esiste una verità sul mondo, deve essere per forza non umana”.
Iosif Brodskij
Per quel che mi riguarda, da
estraneo al movimento ma interessato a esso, la poesia connettivista rappresenta
una grande novità all’interno del troppo spesso asfittico panorama della
cultura poetica contemporanea. Noi
sappiamo, infatti, che il panorama italiano è fatto a compartimenti stagni: da
una parte la letteratura, dall’altra la scienza (matematica, biologia, fisica,
chimica, informatica); troppo spesso sono realtà distanti che poco hanno in
comune. Il Connettivismo si propone di abrogare queste barriere e restituirci
l’anelito a un sapere universale, che sarebbe di stampo umanistico, se non fosse
presente nel movimento una dinamica postumana, che cerca di tracciare i nuovi
confini della nostra specie.
Se il postmoderno è (forse) archiviato,
io sento la necessità di una nuova lingua poetica che sappia esprimere le
contraddizioni, le speranze, gli incubi, della nostra epoca, tracciando nuovi percorsi.
Così laddove l’intellighenzia generalmente si aspetta soltanto una rassicurante
ripetizione del passato, il Connettivismo innesta nuovo pensiero e nuove
dinamiche, e ci parla, come il futurismo,
di futuro.
Il futuro visto dai Connettivisti,
però, non ha quasi nulla di ingenuamente positivo, usando la scienza e la
fantascienza in chiave demistificatoria, il movimento ci propone fondamentalmente,
secondo la mia visione, un’idea di futuro che seppellisce letteralmente quella
proposta dal Positivismo ottocentesco, di cui i futuristi furono in realtà gli involontari
corifei. Un nuovo secolo ha bisogno di una nuova idea di futuro, Il Connettivismo gliela fornisce, ed ecco l’incubo cyberpunk punteggiato, però, dalle speranze di un misticismo
transumano.
Il Connettivismo ci mostra come la nostra
epoca abbia paura del futuro che pure sta creando, un futuro in cui
probabilmente le macchine avranno sempre più importanza e l’essere umano
perderà sempre più la centralità che si è attribuito nei millenni, un futuro
che è la deformazione di un presente in cui la Tecnica è progressivamente diventata
il centro del mondo umano e come scrive Galimberti l’uomo si è progressivamente
ridotto ad essere mero ”funzionario dei
suoi apparati”.
Rispetto ai futuristi dunque la
differenza è nella modulazione di questo futuro che per i Connettivisti è
tutt’altro che il luogo di una palingenesi e di una redenzione, piuttosto il
luogo dove gli incubi prendono forma. Possiamo dire con Mark Strand e Paul Valéry
che “Il futuro non è più quello di una
volta”. Il Connettivismo interroga il futuro, per mostrarci che esso è divenuto
lo schermo su cui l’uomo contemporaneo proietta le sue angosce di annientamento
e marginalizzazione a vantaggio delle macchine.
Così scrive Gianluca Cremoni (più
noto con lo pseudonimo Lukha B. Kremo), in Zybor’,
poesia che sintetizza bene la visione connettivista del futuro:
“Deserti e rocce metalliche
radioattività e creature
adattate
assenze…
Mutilati dilaniati disgregati
colpiti distrutti disintegrati
-resti d’uomo e tecnologia-
consumati smussati bruciati
alterati smarriti perversi
-resti d’uomo e chimica.
Sopravvivenza di lotte
e droga di potere.
Mutanti fuggiaschi
e androidi latitanti
in suburbe sconosciute
e combinazioni d’esseri
mostruosi e autolesionisti.”
Pensiamo così all’umano ridotto a “pseudo-
nulla” nelle poesie di Cremoni, all’importanza che hanno espressioni come “nulla senziente” e “materia oscura” nella poesia di Battisti, al nulla carnale e
carnivoro delle poesie di Moretti, agli umani diventati “sterili pupazzi di paglia”, nel romanzo steampunk in versi di Simone Conti. Paradossalmente per alcuni
poeti connettivisti c’è persino più consonanza con alcuni aspetti della poetica
crepuscolare, vedi Giovanni De Matteo, per esempio nella conclusione della
poesia L’algebra del bisogno, dove un
paesaggio di stampo puramente connettivista si fonde con sentimenti e sensazioni
crepuscolari.
“Nel panorama entropico
cosparso di rovine industriali,
un treno trascina stanco
il suo carico di bisogni e
nostalgia.”
La dinamica crepuscolare è ancora più evidente nella poesia Autunno, sempre di Giovanni De Matteo:
“ Esala da campi deserti,
spargendosi per coste e per
valli,
lo stanco sospiro d’autunno.
Echi remoti riverberano
lungo gli antichi sentieri,
linee occulte tracciate nei
boschi.
E dalle pietre dimentiche
In coro si levano avvolgenti
I canti perduti dei morti”
Questa dimensione crepuscolare, interiore, a tratti
cimiteriale, designa forse il crepuscolo stesso dell’umano, di cui spesso si
paventa l’estinzione. Ascoltiamo ancora Gianluca Cremoni, per esempio: “ Solo ululante nel freddo Universo/ tremo e lacrimo
homo sapiens in estinzione. “ Oppure leggiamo i versi di Marco Moretti: “Sono il Superstite. / Sono l’ultimo
senziente rimasto, / resta solo il mio io spettrale/ in tutto l’universo. “
Il poeta più
vicino al Futurismo è probabilmente Marco Raimondo che usa la pagina in senso
grafico, con neologismi, parole composte, ricreando una dimensione simile a
quella della poesia futurista. Notevole è il fatto che la matematica, la
chimica, la biologia, etc., siano usate per produrre emozione, quell’emozione
legata allo straniamento, alla parola usata ritmicamente unicamente per sedurre
il nostro intelletto. Per cui Raimondo scrive “ Atomotomia/ affondare in onde elettromagnetiche/ traiettorie
orbitanuvole dilatate/penetrare nuclei(in)divisibili/ Atomi- universi:/ 1/0=∞” Cremoni invece struttura un elenco di parole ritmate,
utilizzando elementi chimici: “ora
cadmio, tecnezio, ora oro/ ora afnio, tungsteno, ora boro/ ora olmio,
molibdeno, ora cloro/ ora cripto, disprosio, ora fluoro”.
Nel Connettivismo le “Magnifiche Sorti e Progressive” su cui
ironizzava già Leopardi si rivelano ben poco magnifiche è l’uomo è restituito
alla sua fragilità, alla sua fallibilità. Le innovazioni tecnologiche, infatti,
sono sempre ancipiti e portano in sé, oltre all’innovazione, il germe di una
catastrofe futura. Dietro, dicevamo, c’è una diversa idea di futuro rispetto ai
futuristi, che mutuavano la loro idea di futuro dall’esaltazione del progresso
tecnologico operata dal Positivismo, il Connettivismo alle sue spalle ha il
Novecento, con la crisi delle scienze e con
gli eventi catastrofici di Hiroshima e Nagasaki che hanno mostrato all’uomo
contemporaneo quanto la Tecnica possa essere spaventosa e distruttiva.
Io sento il Connettivismo come un
movimento che usa la fantascienza nel suo senso di narrativa di anticipazione,
per mostrarci come già il nostro presente iper tecnologico, apparentemente iper
razionale, sia diventato invivibile. La quotidianità stessa è invivibile, si
cerca un Oltre, e lo si trova solo nell’immaginazione.
L’immaginazione connettivista
viene dal futuro, per riscrivere la nostra percezione del presente, per
rivelarci l’esistenza di uno sguardo ulteriore, attingendo a una dimensione non
umana a venire, mostrandoci la nostra
natura in una luce differente. In questo
futuro l’umano appare spesso un relitto del passato, la nostra concezione di
noi stessi appare desueta, nuove forme di vita incombono, nuovi e impensabili
modi di vedere sono evocati. Pur nelle
differenze, c’è una grande unità di linguaggio, idee, visioni, in questi poeti,
perciò pare piena di senso l’idea di riunirsi in un movimento, con tanto di
manifesto.
E’ un’etica postumana,
oltreumana, che sento emergere nella poesia connettivista; penso al fastidio
per la carnalità che esprimono, per esempio, Marco Moretti o Sandro Battisti; penso
a questo desiderio di trascendere i limiti biologici in cerca di altre dimensioni:
l’Oltre appunto.
Quello che sento nella poesia connettivista è proprio
questa tensione all’Oltre: oltre lo spazio, oltre il tempo, oltre la carne,
oltre l’attualità, questa tensione al transumano, all’esoterico. La fusione di
misticismo e cyberpunk è affascinante anche per chi non frequenta il
genere fantascientifico.
Penso che contaminare il linguaggio della
fisica, o della chimica, della biologia o dell’informatica, con quello più
specificatamente letterario, sia la novità più grande della poesia
connettivista.
La silloge Concetti Spaziali, Oltre è curata da Alex
Tonelli, il quale presenta ogni poeta con una breve ma efficace nota critica,
ed è anche uno dei poeti ospitati nell’antologia (oltre a lui e a quelli già
citati ricordo gli altri: Filippo Carignani, Paolo Ferrante, Christian
Ferranti, Domenico Mastrapasqua, Marco Milani).
Concetti Spaziali, Oltre è un progetto
letterario con una sua grande autonomia, un libro bello e originale, unico, nel
panorama poetico attuale. Consiglio a tutti di leggerlo.
***
Ecco alcune riflessioni sulla NeXT Fest nei blog
Uno strano attrattore, HyperHouse e sul sito di Francesco Verso.
6 commenti:
Un articolo stimolante. La ricerca espressiva è fondamentale. Per me un cruccio quotidiano e non è per niente facile trovare nuovi registri da applicare alla poesia così come alla letteratura in genere. Forse dovremmo rompere proprio sulle convenzioni.
Buona giornata
La proposta del Connettivismo è quasi un respiro vitale e in un certo senso ripropone il concetto di rottura non tanto tramite la negazione e l'annientamento quanto invece con la capacità di interagire. E se ci si rende conto che (oltre ad essere intercettati) siamo tutti interconnessi, quale modo migliore, per comprendere meglio la realtà che ci circonda e la nostra stessa esistenza, del connettere tutte le fonti della conoscenza?
Gli scrittori di fantascienza del resto hanno dimostrato nel tempo la loro capacità di premonizione, forse perché quando si ha il coraggio di guardare oltre è come diventare co-creatori, capaci perfino di manipolare la realtà in divenire...
Ettore, complimenti per l'intervento. Un abbraccio
Ti capisco Massimo, anch’io combatto quotidianamente contro la mancanza d’ispirazione, la difficoltà di mettere ordine fra le idee, la sensazione di vuoto, il dejà vu espressivo. E’ una battaglia che va combattuta contro tutto (questo mondo che non sa che farsene della poesia) e contro tutti(questi tutti ignari che un bel verso arricchisce il mondo). Buona domenica e buona battaglia.
@Maria
La parola “connessione” sembra davvero essere una parola chiave della nostra epoca. Rifarsi a essa significa, secondo me, essere nel cuore pulsante del presente. Il futuro qui diventa lo specchio perfetto in cui si riflette la nostra angoscia di moderni. Cosa meglio della fantascienza, in fondo, è in grado di penetrare e indagare le pieghe segrete della nostra quotidiana alienazione? I filosofi parlano da diversi decenni di società del controllo, gli scrittori di fantascienza distopica questa società ce l’hanno mostrata in tutta la sua ferocia.
Nel panel Poesia e Connettivismo oltre a me, Alex Tonelli e Domenico Mastrapasqua, era presente il poeta Carlo Bordini, il quale ha detto che il vero scopo della fantascienza è mostrarci paradossalmente che non c’è futuro. Ti saluto caramente con questo paradosso un po’ inquietante.
Un grazie forse non basta per questo bell'articolo Caro Ettore. E' stata una bella giornata a Roma, ricca di spunti e riflessioni da continuare.
Grazie di tutto.
Logos
La NeXT-Fest è stata un’esperienza breve ma molto intensa. Ne sono uscito arricchito. Bello quando si uniscono divertimento e approfondimento. E’ così rara, in fondo, l’opportunità di parlare di poesia…
Grazie a te,Logos, a presto.
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