La cura Schopenhauer – Irvin Yalom

sabato 5 ottobre 2013




 

Quando un libro piace, di solito, si sente usare l’espressione “l’ho letto tutto d’un fiato” oppure lo si loda dicendo che è scorrevole, si legge facilmente, eccetera. Nella mia esperienza invece ho notato che non sempre un libro del genere è necessariamente un bel libro, un libro da ricordare. Capita che letto tutto d’un fiato, tutto d’un fiato si dimentichi, a volte libri ostici nella lettura, o nella prima lettura, si rivelano poi fondamentali per la costruzione di una visione del mondo.

Questa premessa per dire che questo romanzo di Irvin Yalom,  La cura Schopenhauer,  appartiene per me alla categoria dei romanzi letti tutti d’un fiato, dei libri divorati con avidità. Oltre tutto in questo caso, diversamente da quello che ho appena detto, si tratta  davvero di un bel romanzo, con personaggi ottimamente descritti, una trama fluida, costellata di piccoli o grandi  colpi di scena, ben calibrati all’interno del testo, che si configura come un meccanismo narrativo esemplare. Lo ricorderò? Ho l’impressione che si tratti di uno dei romanzi migliori da me letti quest’anno.

L’edizione americana risale al 2005,  esattamente come quella italiana di Neri Pozza, tradotta da Serena Prina.  Si tratta di una, a tratti davvero prodigiosa, fusione di filosofia, psicologia, biografia, narrativa, ed è il secondo romanzo di Irvin Yalom, psichiatra americano di una certa fama, che si sta dedicando alla narrativa, con ottimi risultati. E’ quasi l’invenzione di un genere letterario a parte, narrativa psicologica con incursioni filosofiche che hanno una certa efficacia.  Prima di questo  Yalom aveva scritto Le lacrime di Nietzsche, dopo ha pubblicato invece  Il problema Spinoza, trasformando forse quella che era in origine  una sua genuina intuizione in un cliché, in un marchio di fabbrica.

Il protagonista de La cura Schopenhauer è uno psichiatra di 65 anni,  Julius Hertzfeld, che scopre un giorno di essere affetto da una malattia incurabile. Allora comincia una serie di riflessioni che lo scuotono nel profondo e lo inducono a ripensare alla sua vita. Sarà il contatto con un suo paziente del passato, Philip Slate,  a metterlo in relazione con Schopenhauer, terapeuta ante litteram, maestro di vita, figura fondamentale  della filosofia di ogni tempo, di cui il romanzo racconta la vita e descrive per sommi capi il pensiero.

Si tratta di un romanzo corale, avendo come protagonista non un solo personaggio ma un gruppo, per inciso il gruppo di terapia gestito da Julius. E’ quindi anche la storia dei cambiamenti che occorrono alle persone coinvolte nella terapia. Così il romanzo vive su due piani: il primo costituito dalle dinamiche interne di questo gruppo, il secondo riguarda invece la biografia di Schopenhauer, la cui vita è analizzata, soprattutto,  nella misantropia e nel pessimismo che l’hanno caratterizzata. Così da una parte abbiamo persone che cercano di superare le loro difficoltà relazionali, dall’altro la storia di un filosofo che ha fatto della solitudine il metro della propria libertà.

Il romanzo narra di trasformazioni psicologiche, di avventure dentro il pensiero, d’illusioni e di finzioni pericolose per l’integrità dell’individuo. I suoi limiti sono paradossalmente legati ai suoi pregi: a tratti sembra un libro troppo ben fatto, troppo conforme alle regole della narrazione,  i cui colpi di scena arrivano al momento giusto e tengono il lettore letteralmente incollato alla pagina. Il tutto sembra uscire da un manuale di scrittura creativa, togliendo forse al romanzo un po’ di caotica spontaneità.  Inizialmente il personaggio di Philip è raccontato in maniera troppo negativa, incarna in maniera troppo sfacciata la figura del capro espiatorio,  pare un’inverosimile macchinetta di citazioni che solo nel proseguimento del romanzo acquista solidità. Bisogna, però, leggere tutte le oltre 450 pagine del romanzo per capire appieno la portata di questa trasformazione e ciò che all’inizio può apparire artificioso o stereotipato si risolve in una rivelazione. Altro difetto è nella descrizione delle dinamiche di gruppo, davvero qualche volta l’eccessiva tensione al politicamente corretto risulta stucchevole ma si tratta davvero di cercare il pelo nell’uovo. Questo è un ottimo romanzo, costruito con maestria, pieno di spunti interessanti.

In definitiva La cura Schopenhauer è un’intelligente parabola sul senso della vita. Ed è forse  paradossale che per scrivere questo racconto lo psichiatra - scrittore abbia preso come fulcro la vita e il pensiero di uno dei filosofi più pessimisti della storia.   Tra le altre cose  ha messo in crisi uno dei miei assiomi, di cui parlavo all’inizio di quest’articolo: che l’eccessiva leggibilità di un romanzo sia quasi una prova contro di esso. In questo caso il romanzo è scritto con semplicità ma questa semplicità, lungi dall’essere un limite, è funzionale a raccontare le avventure e le disavventure interiori dei personaggi coinvolti e ad avvicinarci alla figura, scontrosa e solitaria, di uno dei filosofi più geniali della storia, avendo anche il coraggio di evidenziarne i limiti caratteriali. In un passo Yalom arriva a scrivere che Schopenhauer sarebbe stato, nella nostra epoca, come diverse personalità di genio, il candidato ideale per una terapia psicologica. Però,  Yalom non cade nella trappola di psicanalizzarlo  e realizza così un’interessante fusione di narrativa, psicologia, divulgazione filosofica, biografia, riuscendo nella difficile impresa di armonizzare istanze così diverse.


9 commenti:

Mia Euridice ha detto...

Dello stesso autore ho letto "Le lacrime di Nietzsche". Anche a me è sembrato uno scrittore interessante. Proverò a leggere altro, prima o poi...

Ettore Fobo ha detto...


Se non ricordo male, Euridice, devo proprio a te la conoscenza di questo scrittore, mi pare tu avessi messo la copertina de “Le lacrime di Nietzsche” nel tuo blog. Lo leggerò in futuro e penso che leggerò anche quello su Spinoza.

Anonimo ha detto...

Caro Ettore,
lessi "Le lacrime di Nietzsche" e mi piacque molto mentre "Il problema Spinoza" l'ho trovato un po' costruito.
Leggerò "La cura Schopenhauer" come suggerisci e ti dirò.
Ciao e a presto.
Alex

Ettore Fobo ha detto...


Caro Alex, mi confermi un dubbio che ho: il rischio del cliché è forte. Questa fusione di narrativa, psicologia, filosofia, è molto interessante ma sono convinto che ripetuta oltremisura possa diventare un limite, una gabbia. Non mi stupisce che il romanzo su Spinoza ti sia sembrato meno efficace.
Un caro saluto.

Fabrizio da Firenze ha detto...

Articolo M E R A V I G L I O S O!!!
Anche se piove e fa freddino, sto uscendo per andare a comprarlo. Spero di trovarlo alla Feltrinelli.
Mi hai ingolosito in maniera incredibile, spero di non rimnerne deluso.

Credo esista un orientamento di psicoterapia che si fonda proprio sulla filosofia, non credo praticato in italia.

Ettore Fobo ha detto...


Grazie, Fabrizio. Spero che anche il romanzo ti piaccia. Che io sappia il counseling filosofico è una realtà per nulla praticata in Italia ma che negli Usa si sta diffondendo.

girasole ha detto...

condivido ogni parola!io ho letto tutti i romanzi citati ed ogni volta e' stata un'esperienza stimolante di approfondire la conoscenza del argomento principale.il cliche'non piace nemmeno a me, ma di Yalom mi stupisce la ricchezza dei racconti dei caratteri delle atmosfere; e come le fiabe e i triller ecc. hanno una costruzione cosi anche questo "nuovo genere" letterario ce l'ha, ma che maestria!

Ettore Fobo ha detto...

@girasole

Recentemente ho letto anche “Sul lettino di Freud” e confermo le mie impressioni. Yalom è un ottimo scrittore.

Airas ha detto...

Come te girasole, ho letto tutti e tre i libri su citati e come te li ho apprezzati in toto.