Uomo - massa

domenica 27 ottobre 2013



Ciascuno nel profondo è una moltitudine di spiriti contrastanti, un miscuglio di entità in lotta fra loro, volontà che si elidono, naufragi di pensiero incommensurabili,  strano ne venga  vien fuori  per lo più un essere monotematico, cosciente come un bullone, con la rivoltella in tasca del buon senso, adatto alla schiavitù e alla riproduzione.

 Chi guarda dentro di sé e vede tutto questo, è forse uno che ha molto tempo, qualcuno potrebbe biasimarlo per questo,  ma  bisogna considerare  che il tempo libero, che è sempre tempo perso alle logiche della produzione, è  anche tempo dolorosamente conquistato, strappato al lavoro, certo,  ma soprattutto, e questo è il bello, alla noia. Prendiamo Nietzsche, come tutti i filosofi è sicuramente scampato all’agricoltura, ma non è forse giusto che ogni tanto si apra uno spiraglio e  venga fuori gente come lui? Non se l’è conquistate Nietzsche le sue maschere, la sua follia, e la sua chiaroveggenza?

No, per il filisteo, per l’uomo -  massa,  il filosofo, l’artista, è sempre sospettato di segreta scioperataggine e di mangiare  a sbafo, di schifare i suoi loschi piaceri, e di denigrarlo apertamente, con la sua condotta di vita che non è  affatto purtroppo originale, oggi non lo è più nulla, se non nel tentativo di recuperare l’origine, cioè l’infanzia, il luogo ciò in cui la parola vien meno, e la glossolalia, la frase balbettata, ci riconnettono a qualche lontanissimo tremolio stellare. Il filisteo di cui parlo, l’uomo massa,  che vuole distruggere ogni differenza, è un bambino annientato e odia coloro che invece sperimentano in ogni loro gesto la segreta complicità col bambino che è in loro e perciò rabbrividisco quando allo specchio lo vedo farsi beffe di me e di tutto ciò in cui credo.


                                                                                                                                                                      

11 commenti:

Mia Euridice ha detto...

Come diceva qualcuno: "Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono vasto, contengo moltitudini...".

Condor ha detto...

qualche lontanissimo tremolio stellare

Ettore Fobo ha detto...


@ Euridice

Conosco la frase di Whitman. Ti ringrazio della citazione. E aggiungo un’ annotazione di Baudelaire, a proposito della Dichiarazione dei diritti dell’uomo: ”due diritti molto importanti sono stati dimenticati: il diritto di contraddirsi e il diritto di andarsene.” E visto che sono in tema cito anche una aforisma di Kraus, autore di quel libro epocale che s’intitola, guarda caso, “Detti e contraddetti”: “Confessiamo una buona volta a noi stessi che da quando l'umanità ha introdotto i diritti dell'uomo, si fa una vita da cani.”

Condor ha detto...

Filistei e innocenti/incantati poeti - abitatori di abissi e incauti sbrigativi urlatori di superfici luride - lupi/angeli - lucidi e ottusi - cibernetici propagandisti di mode attuali piatte e conformiste e profeti portavoce di misteri antichi e contraddizioni enigmatiche - e molte altre cose. In noi abita tutto e il contrario di tutto. E non è che questa consapevolezza diminuisca il senso della contraddizione, la sua tensione lacerante e l'ulteriore contraddizione tra complessità multidimensionale e ineludibile, inaggirabile aspirazione assolutista di ognuno di questi aspetti ad emergere e compattare l'essere in un orizzonte animato da un senso coerente, un "Senso", una risposta, una supremazia.

Ettore Fobo ha detto...


@ Diogene
La contraddizione è necessaria, direi vitale, sicuramente consustanziale al nostro essere umani. La poesia stessa si nutre di contraddizioni, di ambiguità, di chiaroscuri. Sopra ogni cosa è necessario conoscere se stessi, come moltitudine, come aggregato di tensioni in lotta fra loro, come luogo di una fusione fra opposti. E’ necessario, negarlo significa affidarsi a un’illusione. William Butler Yeats elaborò il concetto di sé antitetico, sorta di ombra che ognuno di noi si porta dentro e che rappresenta come un’immagine speculare di noi stessi, un negativo fotografico, l’insieme delle nostre più insolubili contraddizioni, penso io, interpretando. Chi non è consapevole delle proprie contraddizioni, mente a se stesso e prima o poi è destinato a inaridirsi.

Condor ha detto...

Bello il concetto di Yeats.

Quanto al resto sono assolutamente d'accordo con te.

Io volevo solamente sottolineare il fatto che la consapevolezza della contraddizione non elimina la drammaticità della contraddizione (della serie: accetto la complessità, la contraddizione e sto sereno) nè elimina il fatto che per "incarnare" realmente la contraddizione non possiamo evitare di vivere anche il contrasto tra spirito di complessità e diverse istanze compattanti. Non solo siamo contraddittori, ma la nostra stessa consapevolezza della contraddizione è contraddittoria, visto che si scontra continuamente con le aspirazioni dei molteplici, plurimi Sensi. Se no la "consapevolezza della contraddizione", rischia anch'essa di divenire un Senso, una risposta, un'idea coerente e non un'esperienza dinamica e aperta alla vita paradossale e incoerente.

Ettore Fobo ha detto...

@ Diogene

Sono convinto anch’io che la contraddizione porti con sé numerose lacerazioni e sofferenze, perché noi desideriamo sempre l'unità. Penso, però, che essere consapevoli di essa, perlomeno del fatto che è a noi connaturata come il respiro, possa diminuire la sofferenza. E’ più doloroso pensare di essere monolitici e poi scoprire in noi questa duplicità, che accettarla sin dall’inizio come dato di fatto.

mariadambra ha detto...

Molti non scoprono mai di essere "moltitudine" e al tempo stesso "unicità", e che siamo fatti anche di spazi totalmente inesplorati... abituati come siamo al dualismo, ci dimentichiamo spesso che possiamo andare oltre certi confini imposti e che la mente crea una realtà che risponde agli schemi sociali più che a una possibile "verità". Iniziare un percorso di ricerca interiore richiede certamente molto tempo, ma ciò che rende pericolosa una tale inclinazione è il grande potere che si potrebbe acquisire attraverso la conoscenza di sé. Poiché ci sono sempre i "pochi" che vogliono governare i "molti", ecco che il metodo migliore è quello di imporre un codice comportamentale che vede il libero pensatore come scioperato nullafacente e dunque socialmente dannoso, ma in realtà pericoloso solo in quanto potenziale risvegliatore di coscienze e per lo stesso motivo chi non segue la corrente o addirittura contesta il pensiero dominante va imbavagliato e messo in catene, condannato a vivere ai margini della società.
un abbraccio

Ettore Fobo ha detto...


Condivido pienamente, Maria. Posso solo aggiungere che in passato tutto ciò che dici era più evidente (persecuzioni, roghi, torture, processi pretestuosi). Oggi chi detiene il potere ha un modo più sottile per imbavagliare i pensatori: li mette ai margini della società e li neutralizza attraverso la diffusione di quello che chiamano pensiero unico. In pratica inventa la realtà con i potenti mezzi di cui dispone (la televisione su tutti) e intrappola, isola, esclude, ridicolizza, cancella, tutti coloro che non si allineano, e i loro discorsi. Non una parola autentica può filtrare in questo sistema, non un pensiero che non sia allineato con certe direttive. Basti pensare al servilismo di molti giornalisti. Da queste cose discende lo spaventoso conformismo dei nostri tempi.

Un caro saluto.

Condor ha detto...

sottoscrivo pienamente gli ultimi due commenti, che mi sembra usino parole molto precise (e tremende) per descrivere la situazione in cui siamo.

aggiungo solo che questa esclusione, come allude Ettore, è fatta non più di coercizione e repressione, ma di ipnosi e induzione di desideri virtuali, oltre che del terrore dell'esclusione, che diventa qui terrore addirittura dell'esclusione dall'essere, dalla realtà, visto che ormai "realtà" è solo ciò che si aggira intorno ai fari del palcoscenico degli schermi.

Ettore Fobo ha detto...


E' così, Diogene,la realtà e la sua rappresentazione mediatica coincidono. Tremenda ipnosi!