Rimbaud

sabato 9 ottobre 2010

Il poeta nasce Icaro e muore vegliato come un rospo,
abbandonato su un letto di disfatte, come tutti.
Per tutta la vita un silenzio dietro l’altro
colmo di un’attesa di parola,
come nel deserto l’acqua l’assetato.
L’Europa, questa prigione enorme di bigottismi ancestrali,
era una voragine senza tempo;
l’Africa se fu l’altrove di un sogno
divenne ben presto il carcere del dovere.
“Tutto mi è indifferente” era la voce dall’inferno,
tutto che è utopico sperare buono o cavare
dalla sabbia del deserto della carità la chiave.
E l’immensità di una melodia raggelata
chi cucì fra le sue labbra? Di modo che la parola umana
gli diventasse estranea, fino a ripudiarla?
Parlo di quell’assenza di passione che così spesso
degenera in un ghigno da orizzonti perduti,
che riecheggiano in quella grande sparizione di parola,
che tutte le sue lettere, in fondo scritte dal carcere,
testimoniano in maniera indubitabile.
Quale simmetria fu forgiata fra il poeta e il mercante?
Quante mutilazioni, catastrofi interiori, dimissioni,
ciò significa per noi?

da Sotto una luna in polvere- Ettore Fobo - Kipple Officina Libraria - 2010

11 commenti:

Yanez ha detto...

Quanta gratitudine si deve a un poeta che, oltre a scrivere bei versi, per lungo tempo ne fa scrivere.

Ettore Fobo ha detto...

Probabilmente, per quel che mi riguarda, senza Rimbaud non mi sarei neanche sognato di scrivere versi.La gratitudine è tanta e questa poesia è un modo per esprimerla. Grazie del commento, Yanez.

Anonimo ha detto...

è bellissima, sei tu che scrivi così?
ekain d.

Ettore Fobo ha detto...

Sì, nel senso che "Io è un altro".

Ciao e grazie.

Anonimo ha detto...

Gentile Signor Fobo,
mi han detto del suo blog e mi sono permesso d´entrarvi, lo trovo molto interessante e di grande qualitá le sue poesie, ma giá le ricordavo tali, quando la frequentavo, nella periferia sud della cittá del Manzoni. Oggi che me ne sto qui, ramingo, in esilio, penso a una poesia (Ed io non voglio piú essere io, non piú l´esteta giovane, il sofista, ma vivere nel tuo borgo natio, vivere alla piccola conquista, mercanteggiando placido, in oblio, come tuo padre, come il farmacista) e a un nostro amico comune, il grande Bene.
La saluto.

M.G.

m.g. ha detto...

gelido, non giovane, chiedo scusa.

Ettore Fobo ha detto...

Gentile M.G, di amici in comune ne abbiamo molti. Io mi permetto di citare le iniziali di uno di loro, R.C, trovatore, i cui versi suonano così:

"So quel che dirai/ e so risponderti che nulla è così medio fra noi/ da render grazie al cuore."

Cerco spesso su Youtube testimonianze della vostra collaborazione, inutilmente, e me ne dolgo.

L'esilio comporta inevitabilmente la nostalgia, ma è bene riconoscere che quest'ultima concerne le cose che mai furono, come sapeva bene C.B, il cui poema finisce con questi versi:

" L'hanno portata via l'hanno portata/ come il tutto che è mai stato, e poi finì".

E non possiamo dimenticare O Livro do Desassossego, in cui F.P,
o chi per lui, scrive : "V'è una nostalgia delle cose che non ebbero mai un cominciamento".

La saluto caramente. E.F

M.G. ha detto...

Caro Fobo,
una giornata tremenda, la bimba che cade, sanguina, ospedale, una notte, oggi meglio ma ancora non del tutto.
I debiti, i debiti! Si ricorda?
È una specie di oppressione, eppure il mare, il sempre amato, ci corro davanti e credo in Dio.
La penso spesso e mi chiedo quando diventerá Ministro della Cultura.
La saluto coi quaranta che mi consumano ció che é rimasto di una capigliatura. L´hanno portata via l´hanno portata, la ringrazio per avermi fatto ricordare.
Che gruppo musicale, svanito nel nulla.
Un pensiero comune, rivolgiamolo all´amico Vadacca, que deixou saudades.

Ettore Fobo ha detto...

Caro M.G, capita di essere in ascolto di realtà più grandi di noi, sciamano i ricordi, sono brutti? Sono belli? Questione di prospettive. Quel che spero è che anche dal cemento armato contro la vita spuntino fiori profumati d’invisibile. Così nonostante tutto, mi preparo al meglio, ed è la cosa più difficile, abituato come sono alla “Provvida sventura” di manzoniana memoria. Quanto a noi , quando tu tornerai dall’esilio, sarò felice di conoscere la tua famiglia.
A Vadacca dedico un pensiero e un saluto apotropaico.
Con affetto, Eugenio.

m.g. ha detto...

Caro Fobo,
lei mi ha costretto a cercare "Apotropaico" nel dizionario, non capisco perché dedica a Vadacca un saluto apotropaico ma la rispetto.
Alle volte sogno cose che poi mi succedono ed ho il presentimento che una persona mi visiterá e mi visita, lei pensi che quando Vadacca é deceduto, di notte l´ho sognato, mi salutava. Appresi della sua morte, peró, solo tre giorni dopo, via email, dalla moglie.....

Ettore Fobo ha detto...

Caro M.G è dunque chiaro che il saluto apotropaico l'ha fatto Vadacca a lei. I miei rispetti.