La donna sulla luna - Carol Ann Duffy

lunedì 17 ottobre 2011


E’ uscita nel marzo di quest’anno per la casa editrice Le lettere una bella antologia della poetessa scozzese Carol Ann Duffy, con le sue poesie tradotte da Giorgia Sensi e Andrea Sirotti. S’intitola La donna sulla luna e raccoglie poesie scritte fra il 1985, anno del suo debutto con Standing female nude, e il 2005, anno della sua ultima raccolta Rapture. E’ un evento nella piccola cronistoria dell’editoria di poesia, perché la lirica di Duffy scuote da anni il Regno Unito, dove ha raggiunto un successo inconsueto per un poeta, successo che le ha permesso di essere riconosciuta Poet laureate del suo paese, prima donna a ricoprire tale ruolo e anche primo poeta di orientamento omosessuale.
La poesia di Carol Ann Duffy è in costante evoluzione negli anni e l’aspetto più affascinante è per me rappresentato dai monologhi drammatici, che danno voce a dei personaggi.
Prendiamo per esempio Nudo di donna in piedi, dove la voce narrante è quella di una modella, che evoca la figura di un pittore (forse Braque) incapace di ritrarla, impossibilitato, data la miseria, a comprarsene i favori (la modella è anche una prostituta). Oppure Insegnamento per il tempo libero dove la poetessa inglese mima il linguaggio di un assassino, in un crescendo epico nella sua ostentata banalità di follia, o quello di una professoressa d’inglese nella poesia omonima, tutta incentrata sulla presentazione alla scolaresca di un “poeta vero, vivente, pubblicato”. E’ una presentazione fra il nevrotico e il caricaturale, in cui il poeta è solo un’ombra appena evocata. O ancora la figura della cameriera cui la padrona assegna un compito strano: portare le sue perle al collo per riscaldarle in vista dei suoi appuntamenti. Allora la cameriera immagina che il proprio odore disorienti i maschi che la signora incontra, e nella notte mentre i gioielli si raffreddano, brucia di passione per la sua padrona(interessante la dinamica freddo- caldo di questi versi) . O ancora in Anne Hataway, moglie di Shakespeare, dove Duffy dà voce al lato in ombra della storia, spandendo un’eco di leggenda sulle vicende di questa relazione.
Duffy legge dentro queste esistenze la quintessenza della loro banalità, e ce la restituisce nella talvolta fredda maniera dell’arte.
Negli anni approfondisce la scrittura amorosa, con esiti splendidi, innestando metafore e analogie sul tessuto di un discorso amoroso, in cui talvolta affiora la perdita, il lutto. La lirica d’amore della Duffy esalta l’amore eterosessuale e quello omossessuale, più ancora una sostanziale ambiguità, che i traduttori riconoscono possibile in inglese, meno in italiano. Nella raccolta Rapture in particolare racconta con tono commosso e partecipato l’inizio e la fine di un amore, in ciò ricordando Musica da camera di Joyce.
Nella poesia Bellissima incarna il mito dell’eterno femminino, descrivendo una creatura femminile fra storia e leggenda, che alla fine diventa riconoscibile nella figura di Marylin Monroe, destinata a una strana immolazione sotto i flash fotografici. Lo stile è sincopato:
E ancora filmarono, di più, buttarono quello che non/potevano usare/sul pavimento della sala montaggio, filmarono ancora, silenzio/azione, taglio, silenzio, azione, taglio, silenzio/azione, taglio, finché non poté morire quando morì/ non poté invecchiare, stare male, non poté smettere di dire le battute/o di cantare canzoni. “
In alcune poesie affiora una consapevolezza ecologica: nella poesia eponima che chiude il libro, in cui la luna si rivolge alle donne terrestri e chiede loro: “Carissime, cosa avete fatto alla terra ? o in Vendere Manhattan: “Io canto con amore vero per la terra;/inno all’aurora, ballata del tramonto, salmo delle stelle.”
In La moglie del diavolo Duffy entra nella mente di un’assassina e ancora una volta con dei flash rende palpabile l’angoscia per la condanna all’ergastolo:

” Dissi non è giusto non va bene non è vero/ non è così. Non ho visto non ho sentito non sapevo. / 
Forse sì forse no non son sicura forse non so./ Non ricordo non ho idea è stato lui è stato lui.

Carol Ann Duffy rende bene il grido di disperazione attraverso questo stile frantumato, riprodotto in maniera accurata nella traduzione.

Anche la vicenda evangelica, in La vergine che punisce il bambino (episodio che ricorda un quadro di Ernst), è ricondotta alla sua dimensione quotidiana: Duffy mette in scena il turbamento della madre di Cristo, sconvolta da un bambino che non capisce e che si proclama Dio, il quale per giunta rimane impassibile quando lo si percuote e su cui si staglia l’ombra di un destino nefasto.

Sono belle anche le poesie che raccontano di un lutto, in particolare In morte di un’insegnante, dove anche la perdita e la morte sono raccontate con semplicità scevra da retorica. In Sonno di una bimba Duffy esprime invece il suo amore di madre(ha avuto una figlia con inseminazione artificiale) e la sua delicatezza. L’amore materno qui trasfigura la realtà fino a trasformarla in un paesaggio con cui è possibile fondersi dolcemente.

“ La fitta oscurità / fuori dalla stanza/ restituì lo sguardo, materna, saggia,/ con la sua faccia di luna.”

In sostanza mi sembra che Duffy operi sul versante di una poesia sia colta che popolare, il suo mondo poetico, popolato di donne soprattutto, mette al centro la voce della strada e la sua lirica amorosa ha profondità e bellezza rare. La donna sulla luna è un’antologia intensa in cui la ricchezza di temi e personaggi è al servizio di una poesia che sa mescolare il linguaggio della strada con la ricerca della bellezza, i toni aulici con quello più dimessi e quotidiani.

“Le parole sono l’amnio del non detto” è un verso geniale che si trova nella poesia Epifania, due anime sono ”intrappolate nel tempo”, “in fila per la morte”, nella poesia Estasi, dove desiderio e passione si confondono “nell’aria che pensa”. Tutto concerta per comporre una lirica in cui la bellezza delle immagini è sostenuta da un linguaggio proteiforme, che può affrontare tutti i temi con efficacia sintetica, poiché grande è la capacità mimetica di Carol Ann Duffy, in grado di immedesimarsi in assassini e prostitute, ma anche di figurarsi una poesia amorosa di grande bellezza. Ecco, in conclusione, gli ultimi emozionanti versi della appena citata poesia Estasi:

“Poi giunge l’amore, come un volo improvviso di uccelli,
dalla terra al cielo dopo la pioggia.Il tuo bacio, rievocato
sfila, come perle, questa collana di parole.
Cieli immensi ci collegano, unendo qui a lì.
Desiderio e passione nell’aria che pensa. “

4 commenti:

giacy.nta ha detto...

Sai che, leggendo, ho immaginato che la Duffy fosse una poetessa degli anni Venti/Trenta? Sono tornata poi all'inizio per accertarmi che fosse invece una contemporanea. Forse la cameriera, forse le perle, forse il riferimento a Braque...
Sbaglio del tutto o c'è sapore d'altri tempi nei suoi versi ( mi riferisco soprattutto alle situazioni e ai modi evocati )?
Considera che ne sento parlare qui da te per la prima volta ( quindi mi perdonerai per l'eventuale cantonata ).:-)

Ettore Fobo ha detto...

La poesia in cui compare Braque ha in effetti un sapore legato agli anni Trenta, quindi la tua intuizione ci sta. Per il resto la trovo una poetessa molto calata nella nostra contemporaneità. Leggerò altre cose, in particolare sto cercando La moglie del mondo in cui Duffy dà voce alle consorti di uomini famosi. In questa raccolta ci sono degli esempi(la moglie di Shakespeare, la moglie del risorto Lazzaro). E' la storia vista al femminile. Ciao Giacinta.

Sirsir ha detto...

Grazie, anche a nome di Giorgia Sensi, per la bella recensione.
Andrea Sirotti

Ettore Fobo ha detto...

Il libro è molto bello, come spesso capita a questa casa editirice. Vi rinnovo i miei complimenti.