sabato 13 ottobre 2012
Ha ancora senso il romanzo, come opera artistica, oppure esso
è diventato puro consumo di storie inutili e di personaggi ridotti a cliché
logorati dall'uso?
Io personalmente penso che il romanzo oggi conservi la sua
potenza espressiva solo nel tentativo di superarsi e di deformarsi. Il romanzo nell'Ottocento si è realizzato appieno, nella prima metà del Novecento la sua ombra
ha continuato a vegetare rivitalizzata da alcuni geni come Joyce, Kafka, Céline. E poi? Poi abbiamo le operazioni limite di
Burroughs, Robbe Grillet, Butor, Queneu, e altri(in Italia Gadda e Arbasino, senza dimenticare i due romanzi di
Carmelo Bene) e questa di Ballard, La
mostra delle atrocità, che fu pubblicato in Italia nel 1990, ma che fu scritto
in gran parte verso la fine degli anni
Sessanta, dove la forma romanzo è messa visceralmente in discussione, dove la
stessa nozione di protagonista è dissolta, infatti il vero centro del romanzo è
la psicopatologia della nostra epoca, con un’idea nuova e misteriosa: questa
psicopatologia è “morale” e “giusta”.
Per Ballard il Novecento è un secolo dominato dalle immagini
ma esse acquistano, traverso le sue
parole, una risonanza inedita, sono il sottofondo ossessivo delle nostre pulsioni;
per cui in questo finto romanzo, che assembla e fonde in un continuum dei racconti precedentemente apparsi su
rivista, in questo labirintico saggio
sulla modernità, le icone di Liz Taylor, Marilyn Monroe, John Fitzgerald Kennedy,
Brigitte Bardot, Ronald Reagan, sono
onnipresenti cartelloni pubblicitari che incarnano qualcosa, ma ciò che
incarnano è un mistero. Si tratta essenzialmente di veicolare le nostre
pulsioni primordiali, sesso e morte. Nel
libro, infatti, come in Crash, gli incidenti automobilistici sono accostati a
immagini pornografiche, sono eccitanti erotici. Gli incidenti mortali di James
Dean, Albert Camus, Jayne Mansfield sono
epifanie dell’eros, in maniera misteriosa colpiscono i centri neurali
dell’immaginazione erotica.
“Contenuto sessuale
latente degli scontri automobilistici. Sono stati condotti numerosi studi tesi
a valutare il latente richiamo sessuale di personaggi pubblici che abbiano
acquistato ancora più notorietà a seguito della loro morte in un incidente d’auto:
James Dean, Jayne Mansfield, Albert Camus.”
Così anche la guerra in Vietnam è analizzata a partire dai
suoi effetti sull'immaginazione erotica, paradossalmente così scopriamo, obtorto collo magari, che anche la guerra è un eccitante, come ha confermato
più recentemente il filosofo inglese
John Gray nel suo saggio Cani di paglia;
l’evento mediatico della guerra così influenza l’attività sessuale degli
spettatori, e Ballard cita studi che confermano questa visione nera degli
impulsi sessuali.
Come Baudrillard anche
Ballard considera la pornografia l’essenza della nostra epoca, la scienza
stessa con il suo atteggiamento neutro, con il suo linguaggio oggettivo, non
sarebbe altro che pornografia e in questo senso leggiamo l’appendice al romanzo
dove immaginari estratti da referti medici di chirurgia estetica sulla regina
Elisabetta, su Mae West, sulla principessa Margaret, confermano questa ipotesi,
con la loro agghiacciante oggettività, in cui il corpo, come nella pornografia,
è considerato un oggetto.
In questa stranissima parodia di romanzo, o
suo superamento critico, interno della mente ed esterno si confondono: il
paesaggio stesso è una proiezione del sistema nervoso dei protagonisti, la
stessa città può essere la traslitterazione di un corpo femminile, il collasso
mentale del protagonista dai molti nomi è sintetizzato dalla geometria
alienante di una stanza dalle pareti bianche. Su tutto incombono i personaggi
del mito moderno, John Fitzgerald Kennedy, Marilyn Monroe, gli astronauti morti
nella missione Apollo del 1975, che pose virtualmente fine ai viaggi spaziali. Se
c’è un limite è che talvolta l’insieme appare un po’ cervellotico, le numerose
associazioni mentali spingono il romanzo in zone paludose della mente.
A margine dei capitoli, in neretto leggiamo delle note che
costituiscono un romanzo dentro il romanzo, in cui Ballard chiarisce alcune
dinamiche del suo strano libro, in cui le visioni si moltiplicano, e un
sottofondo pittorico innerva il testo, che diventa una riflessione sull'arte moderna, il surrealismo in particolare, Ernst e Dalì, su tutti.
Davanti a un testo simile si rimane sconcertati, esso agisce sui
nervi in maniera misteriosa e risulta un’inquietante indagine ai limiti stessi
della percezione; il sistema nervoso, così messo in discussione nella sua
ingannevole naturalezza, rivela la possibilità di uno sguardo diverso non più assoggettato
alla nostra concezione di normalità. Il romanzo doveva essere dedicato ai
pazzi, cui Ballard sostiene di dovere tutto e, in effetti, sembra scritto sotto
l’effetto di qualche allucinogeno. Non dico ciò per sminuirlo, Ballard
individua e nomina tutte le crepe nella nostra ordinaria percezione e da essa emerge
una visione assolutamente originale la cui potenza è simile a quella data dal LSD.
“ A volte, quando Xero
si avvicinava al povero gruppo seduto sul terrapieno, la sua
ombra formava strani disegni sul cemento, trascrizioni di formule criptiche, di
sogni irrisolti. Questi ideogrammi, come geroglifici di una razza di veggenti
ciechi, rimanevano sul cemento grigio anche dopo che Xero se n’era andato,
detriti di quel terrificante totem psichico”.
Il protagonista cambia nome durante il romanzo (Travis,
Talbot, Tallis, Talbert eccetera) e ciò non è spiegabile se non come
frantumazione della sua stessa identità verso la schizofrenia e infine verso
l’annullamento. Questa frantumazione è data anche dalla presenza di sue
proiezioni inconsce (Coma, Xero, Kline) che sono segni del suo collasso
psichico che cresce (un capitolo s’intitola Appunti
per un collasso mentale).
Romanzo patafisico, documento
antropologico, indagine dentro la mente umana, riflessione sui media e sulla
pornografia inerente al nostro sistema culturale, romanzo di fantascienza
sociologica; per La mostra delle atrocità
le definizioni si sprecano. Il suo mistero rimane però intatto: Ballard ha
interrogato la forma romanzo e l’ha portata consapevolmente al limite. La
storia, i personaggi, l’ambientazione stessa, sono “moduli” di pensiero che si muovono nell'incertezza cognitiva
assoluta. Che cosa è il pensiero? Che cosa è la realtà? Come da uno dipende
l’altra? In che modo le immagini violente dei media influiscono sul nostro sistema nervoso? Queste domande, la cui
risposta è forse impossibile, rappresentano il nucleo di quello che chiamiamo
romanzo solo per comodità. E’ il tentativo di riscrivere il modello di romanzo
cui siamo abituati, e che conosciamo, per ridargli nuova linfa, mescolando
narrativa e spunti saggistici e saggiare così i limiti del reale.
6 commenti:
il romanzo ha eccome valenza artistica, affermare che non ne ha è come dire che il rock è morto, che l'arte è morta, che la poesia è morta: assurdità. certo, poi ci sono gli strimpellatori, gli imbrattacarte e pixel, ma coloro che sono in grado di bucare l'attenzione di chi è sensibile saranno sempre artisti, gente capace di elevarsi sul guano che è la società economica mondiale.
Il romanzo non è morto, ma sicuramente il modello classico che abbiamo conosciuto è in crisi e il romanzo si è dovuto rinnovare, in qualche misura ha dovuto superare se stesso.
Per me un romanzo è interessante solo nel momento in cui sfugge- per effetto dell’arte- alle rigide codificazioni del gusto medio e non quando le asseconda, per fare audience. In un’epoca come la nostra in cui tutto si brucia in fretta, sembra non rimanere spazio per ciò che per sua natura è inconsumabile, l’arte.
Non v’è dubbio però che ci saranno sempre artisti e romanzi di grande valore ma temo che faticheranno sempre più a emergere, soffocati dalle bazzecole veicolate dalla cosiddetta industria culturale, cosicché queste opere di valore appariranno astruse e incomprensibili a un pubblico ipnotizzato.
Ciao Zoon, ti ringrazio per avermi dato modo di chiarire meglio il mio pensiero (spero) e per aver risposto alla mia provocazione.
Ho letto il post, Diogene, mi ha stimolato alcune riflessioni. Sicuramente leggerò anch'io il romanzo di Ceronetti, scrittore che ammiro molto. Ciao.
Finalmente hai affrontato Ballard, per me resta uno dei migliori scrittori del XX secolo. Da scrittore, mi rendo conto che imitarlo è difficilissimo e ormai goffo, cosa che non mi succede con molti altri scrittori. C'è sempre qualcosa di inafferrabile, di scritto e non scritto. C'è da dire che Ballard va inserito come voce originale della New Wave inglese, solo allora si scopre che l'indagine psicologica e il rapporto della mente con la società tecnologica in trasformazione è il tema principale affrontato da Malzberg, Delany, Moorcock, Aldiss e Brunner. E tutti questi autori, come Ballard, hanno scritto almeno un metaromanzo (vedi mia recentissima recensione su Oltre Apollo: http://kippleblog.blogspot.it/2012/10/mimesis-presenta-un-capolavoro-di.html)
Oggi siamo in un'epoca in cui la frammentazione della coscienza (intesa come essenza unitaria) è in pieno corso, e inaspettatamente si nota (come tra questi forse solo Ballard aveva) notato) come la mente sopravviva convivendo con la schizofrenia, anzi ne sia attratta e, in alcuni casi, ne tragga vantaggio.
Sulla schizofrenia come paradigma della nostra società hanno scritto pagine definitive anche Deleuze e Guattari nel loro saggio L’Anti-Edipo. La frantumazione del soggetto è una delle caratteristiche della modernità anche per Nietzsche da cui nasce tutto. Ballard m’interessa proprio per le sottili implicazioni filosofiche della sua scrittura. Non a caso Baudrillard, uno dei filosofi contemporanei più decisivi, lo cita spesso. Un caro saluto Kremo.
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