Il porno chic di Isabella Santacroce

giovedì 21 settembre 2017





“Luminal” di Isabella Santacroce è un esperimento di scrittura lisergica, è uno scavo nel malessere vagamente psicotico di due adolescenti, Dave e Demon, dedite a una forma di prostituzione che non esclude il piacere. Non sono condannate da un destino funesto ma intraprendono quest’attività con la foga di un’innocenza brutale. Se incarnano il ruolo di bambole - feticcio è solo per il loro piacere. Sembra un libro trasgressivo ma lo è ancora di più nella forma che nel contenuto. Si tratta di qualcosa a metà fra il flusso di coscienza, in cui alcune frasi ritornano ossessivamente, e il poema in prosa, non privo di un certo esibizionismo sterile, ma anche di un magnetismo animale che cattura, dove il sesso, giocato come una possessione dolorosa, è immagine di una vita forse alla deriva ma ricca di una strategia di splendore quasi divistico.

Le due diciottenni dedite alla lussuria come fosse un gioco sono, o si sentono, due star del sesso vissuto con nonchalance ma oscuramente. È, infatti, un mondo oscuro in cui la disperazione dilaga negli atteggiamenti dei clienti, nei comportamenti delle giovani prostitute ma non c’è all’opera il sentore  di una punizione divina, manca il senso del peccato,  per questo l’innocenza è diabolica ma non insana o viziosa. È il potere di una vulnerabilità magica, la scrittura ipnotica di Isabella Santacroce seduce a tratti, a tratti respinge con  pose di affettazione eccessiva. Certe scene porno horror lasciano il tempo che trovano anche se contribuiscono ad alimentare questa atmosfera surreale e conturbante.

Gotica, dark, rococò, punk, trash, pop, porno chic; questa è una scrittura che cade nella carne come in un abisso. Perché sembra essere la pulsione di morte a trascinare questi corpi a fondersi. C’è il difetto di un maledettismo manierato e la sensazione che il testo non superi indenne la prova del tempo, parendo un po’ datato, legato a un’idea di trasgressione maledetta troppo rimasticata; fu pubblicato, infatti, per la prima volta nel 1998 da Feltrinelli. Le città raccontate nel testo, Zurigo, Amburgo e Berlino, sono luoghi vuoti, pretesti narrativi deboli, non vengono approfonditi gli scenari che rimangono sfondi simbolici, specie i locali dove le giovani vivono le  loro perversioni.

  L’ombra di un pensiero suicidario aleggia, il libro è dedicato ad artisti e filosofi morti suicidi, da Majakovskij ad Anne Sexton, passando per Yukio Mishima, Sylvia Plath e Gilles Deleuze fra gli altri. Nel complesso un’opera giovanile pressoché indecifrabile, forse acerba, in cui il depistaggio è costante e in cui il talento è al servizio di una visione del mondo non del tutto priva di stereotipi ma interessante. Leggendolo si vive un paradosso, se ne rimane invischiati come nelle sabbie mobili, intrappolati, e al contempo si prova un piacere, percepito come colpevole. “Luminal” attrae con la sua materia umbratile al cui fondo pulsa una luce misteriosa e un po’ malata.

Si sconta, però,  alla lunga, una certa ripetitività di situazioni e di linguaggi.  Dunque,  non so se  avrò voglia di leggere altri libri di Isabella Santacroce. Apprezziamo infine, comunque,  la quieta, fredda,  desolazione di queste parole:

“Desiderio che adoro per la sua vulnerabile esistenza che appare sconvolgendo e svanisce in un battito stanco di libellula. Desiderio che non voglio conoscere perché inquieto come me e io non sono che desiderio e con lui mi annullo.”

2 commenti:

Mia Euridice ha detto...

Non l'ho mai letta...
Vale?

Ettore Fobo ha detto...


@Euridice

Mah. Ho la sensazione che a te non interesserebbe. Io non penso di leggere altro, anche se un qualche valore ce l’ha. Per un suo libro un critico ha parlato di capolavoro ma una rondine non fa primavera.