Millennium bang

sabato 23 marzo 2019



I

La giungla metropolitana talvolta pare un deserto dove si agita qualche barbaccia profetica. Quel tipo laggiù per esempio, quel suonatore chitarrino.

 Chi mi danza dentro? Ah la luna, giovane maga svagata e senza pensiero, senza  sfondo di musica, silenzio inerpicato sulla strada  della  disillusione.   Scheggia, pietra, arco  e lira,  tu luna deliri. Mi sarai mai musica un giorno?

II
Ovunque la giungla metropolitana trasforma le proprie menzogne in merci.
 E il prezzo per ottenerle è la tua vita, lavoratore” esclama il proprietario terriero, colui che terrorizza la verginità di tutte le ragazze del contado. Non dice ”schiavo” perché è stato educato a Yale.

E qui  siamo  dentro il suo sogno di capitali e palazzi micidiali, di università dove il pensiero è subito convertito in dollari, sogno di cocktail e autostrade, di pensierose letture sotto il pergolato e frustate al cavallo non buono,  di viaggi esotici, di vini pregiati,  di  orge rituali, insomma di tutto quel cannibalismo alto borghese che domina il mondo.

Questo qui in particolare deve essere un proprietario terriero della Virginia, un industriale del tabacco, ci giurerei.
Talvolta facce assassine perseguitano i miei sogni. La sua potrebbe essere una di queste.

III
Dove trovare un nesso fra giungla, deserto e metropoli? Mettiamola così, un deserto metropolitano popolato di miraggi mi annienta. E qui è trovata l’unione, il punto x dove convergono tutte le ferite del vivere, dal primo respiro fino al rantolo finale.

Questo è dunque anche Il punto di sutura fra la parola detta e  quella immaginata, fra un testo scritto  e la sua ombra, l’eco di tutte le voci intangibili, che vanno dal silenzio al grido. L’autore, ego scriptor,  decapita ombre, deforesta intere foreste di ombre, è lui stesso un’ombra decapitata.

Dunque sì, oggi nella giungla metropolitana ho incontrato un deserto. Forse ero io, allo specchio.


IV

Ecco mi figuro una burrasca più insidiosa e  magari  un naufragio meno dolce ma ugualmente collinare:  la musica dei Pink Floyd illuminò quel paesaggio toscano, ricordi?  Boschi di un verde leggero, cielo azzurro con nuvole che parevano draghi addormentati. Rivelazione per noi che veniamo dalla terra senza cielo, da un mondo senza stelle. E non vedemmo mai la luna se non in qualche pubblicità hollywoodiana  di un profumo. O forse era di un’auto? O forse era solo una macchia bianca sul parabrezza? O forse era Dio, ma non l’abbiamo riconosciuto?

V

Il potere della giungla metropolitana è ipnotico. Essa ci manipola con i suoi motivetti ideologici, in fondo riassumibili nell’espressione  ”Produci, consuma, crepa” che neanche un mantra politico,  filosofico, religioso  nuovo di zecca potrebbe ormai spezzare e restituire frammento all’oblio.
Sono le certezze del libero mercato.

VI

Il deserto metropolitano è dentro ogni gesto, dentro ogni fiato, dentro ogni verbo e dalla tv riverbera e produce shampoo  e noia; Cultura con la C maiuscola e padelle smaltate, televisioni a  schermo piatto e indignazioni programmate, suicidi e alienazione mentale – mi raccomando - vendute sempre a prezzi stracciati. Non mancano i prodotti per dimagrire  e soprattutto, tanta cocaina per lo sballo.  E se cerchi bene in fondo  al  pattume potresti trovarci anche la tua anima, consumatore.

VII

Tutto  è bosco invece il mio essere pigro. Allora ozio, dondolandomi il niente nella testa aureolata di fantasie.  L’autore non può scrivere quello  che vuole,  dà solo voce a una miriade di volontà in boccio. L’autore è un nessuno che si finge Ulisse per stanare l’enigma e restituirlo scienza, anche se la sua non è una scienza esatta,  è proprio la scienza dell’enigma. L’autore dunque è l’Enigma.

Un lettore  invece è cosa più certa.  Un lettore  è un occhio che ti guarda. Tu,  lettore, sei il mio specchio. Infrangimi.


Ettore Fobo, 3 agosto 2015

2 commenti:

Pino ha detto...

Davvero incisivi e taglienti questi tuoi blocchi di prosa - che si avvicinano alla poesia - con cui celebri il canto funebre della giungla metropolitana. Mi ricordano i pensieri di Albert Caraco - un pensatore francese morto negli anni '70 - raggruppati in quel suo libro delirante e provocatorio che è il "Breviario del caos". Questo autore si scagliava ferocemente contro le città, diventate invivibili, e contro gli uomini che le abitano, da lui definiti "sonnambuli", manovrati e tiranneggiati quotidianamente dal potere dominante, al quale non conviene mai che questa massa esca dal sonno letargico in cui è immersa, altrimenti diventerebbe ingovernabile ed incontrollabile.

Ettore Fobo ha detto...


@Pino

Conosco Caraco di cui ho letto qualche libro, fra cui il visionario e apocalittico “Breviario del caos”. Non posso negare che le sue posizioni estreme mi abbiano influenzato. Anch’io penso che le città siano luoghi di sonnambulismo e letargia fatali e che l'umanità massificata sia, pressoché interamente, ormai votata alla perdizione. Sento che in questo senso Caraco sia stato davvero profetico.