sabato 20 aprile 2019
Film altamente spettacolari e
frementi di eroismi, colori in alta definizione, donne bellissime, storie
immaginifiche condiscono le nostre vite
sempre più incolori, insignificanti, sbiadite che se tradotte in un film rivelerebbero di essere di un
iperrealismo vacuo e angosciante. Così la fantasia dovrebbe salvarci dal tedio.
Invece questi film sono solo la giustificazione estetica del sistema produttivo
che ci imprigiona, il suo monologo apologetico, come giustamente aveva visto
Debord negli anni Sessanta del secolo scorso. Già negli anni Trenta Sartre avrebbe aggiunto una fascetta al suo romanzo
“La nausea”: “Non ci sono più avventure”. Fu dissuaso dall’editore che temeva
per le vendite. Così mentre le vite diventano sempre più banali e sciatte, il romanzo un modo un po’ contorto per
guardare ammuffire il proprio ombelico, al cinema si moltiplicano avventure
mirabolanti. La mia vita così è diventata tutta interiore, una
conversazione con i morti, nello spirito, in quel limbo dove siamo
contemporanei a Eraclito, Saffo, Giordano Bruno, Omero, Shakespeare,
Baudelaire, Leopardi, Rimbaud, etc … Ma
è tutto un sogno che rivela la pochezza degli orizzonti e il trionfo del nichilismo e della vacuità.
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