Poesia dal silenzio – Tomas Tranströmer

domenica 18 marzo 2012

Qui, in questo Poesia dal silenzio del recente premio Nobel, lo svedese Tomas Tranströmer, la semplicità cela il più grande dei misteri, la brevità il più acuto dei labirinti. Ciò che più colpisce inizialmente, per la potenza sintetica, sono gli haiku, in verità questa antologia ne ospita pochi, per lo più contenuti nelle raccolte più recenti, I vivi e morti e La gondola a lutto, testimonianze che l’approdo all’haiku è frutto della maturità estrema di questo poeta. Quando il discorso poetico si spoglia nella scarna brevità, noi sentiamo tutta la grandezza di questo mezzo espressivo:

“Rocca medievale/città e fredde sfingi/ arene vuote.” O ancora : “ Su un binario morto un vagone vuoto./ Fermo, araldico./I viaggi nei suoi artigli.

Poesia raschiata fino alla sua essenza, estremo esito di purificazione anche della propria ideazione, negli haiku di Tranströmer vibra il sentimento della grande sintesi dell’analogia.

La brevità di alcuni componimenti di questa bella raccolta, tradotta per Crocetti da Maria Cristina Lombardi, accresce vertiginosamente la densità di questo dettato, in cui echi di surrealismo viaggiano in una dimensione di pura modernità, riletti attraverso il silenzio di boschi montani, di mari freddi, di luoghi congelati dal buio, dove una lampada che si spegne sembra sciogliersi in un “bicchiere di tenebre”, e “una folla di visi inespressivi” affiora quasi dal sogno.

Dopo un amplesso - “ i gesti dell’amore si sono acquietati.” - qualcosa di misterioso scivola da una mente all’altra, in tutto simile a colori che si mescolano “ sulla carta bagnata di un disegno infantile.”

Oppure cerchiamo nella poesia Formulari di viaggio, dove Tranströmer con un realismo anche spietato raffigura prima un villaggio “odorante di stalle”, con i suoi “gracili cani”, i suoi “cavalli magri” poi con evidenti procedimenti cinematografici ci mostra, in un’ efficace alternanza di fotogrammi, che sembrano muoversi al ritmo di un treno, immagini di “prati che scorrono”, di ragazzi che giocano a palla, il cielo stellato, il quadrante di un orologio che brilla.

Perché qui anche quando ci muoviamo nella quotidianità, c’è uno sguardo che tutto muta in mistero, lo sguardo poetico che nel caso di Tranströmer indaga in quella zona in cui tutto il brusio del mondo tende all’oblio, al silenzio, o a quella “lingua senza parole” , così efficacemente descritta, in una sua poesia, simile a un’orma di capriolo sulla neve.

Nella poesia Sera – mattina affiorano fra i vapori acquei “semiasfissiate divinità estive”, in mezzo a una cornice di gabbiani e sterpaglie e oscurità ” in Storia fantastica è protagonista il paesaggio invernale, che il poeta svedese conosce bene, “dove il giorno/ vive in una caverna giorno e notte” e le onde del mare sembrano “pallide linci” che cercano appiglio sulla riva ghiaiosa”.

Punto di passaggio è una splendida poesia, giocata su un materiale minimo, la sensazione di essere spiato dalla strada, che secondo me mette in scena un tema di sottile paranoia dei ghiacci, la sensazione di essere scrutati da questi paesaggi freddi, da queste montagne altere, dalla “ strada che nulla ricorda e nulla vuole.”

La parola silenzio ricorre spesso, ed è un silenzio che sembra parlarci di immensità siderali, e dentro la cui malia noi umani percorriamo una strada simile fra “ chi crede di far girare la terra e chi crede/ di girare nella inesorabile stretta della terra.”

La consapevolezza sociale è giustamente amara, in maniera inconfutabile, in questi versi tratti dalla poesia La galleria, dalla raccolta La barriera della verità:

“ In carriera ci muoviamo rigidi passo dopo passo
come in un non – gioco
come maschere che ripetono gridando: Io, sono io!
Chi viene eliminato
è rappresentato da un tappeto arrotolato.”

Questa poesia, fra le più lunghe e articolate, mostra la fondamentale disillusione del poeta, intrappolato in una forma di disincanto, quello per cui nessuno conosce mai veramente gli altri, nella consapevolezza che solo raramente veniamo in contatto con l’altrui ombra, con il ”labirinto” che ciascuna esistenza evoca.

Nelle prose, molto belle, si coglie un’estrema delicatezza di tono e uno stile terso. Il poeta commenta estasiato, mangiando un piatto di pesce in un ristorante : “Ogni boccone dice che l’oceano ci vuole bene, una ninna nanna delle profondità”, nella prosa intitolata Funchal, dove è presente la consapevolezza che ciascuno cela un mistero, una zona segreta chiamata ora l’intimo paradosso”, ora un altoparlante che diffonde il silenzio” o ancora “il sentiero che ricresce ad ogni passo” e infine “libro che può essere letto solo al buio”.

Tranströmer scrive la sua “prefazione al silenzio”, il suo “salmo alla rovescia”, dando voce a quello sconosciuto che abita dentro di noi, sorta di daimon, che il poeta svedese riconosce più importante di se stesso. Così la sua poesia è attraversata dal sentimento di un “grande mistero”(titolo di una sua recente raccolta qui non ospitata) reso imponente dai paesaggi montani o marini che Tranströmer ricrea. C’è la certezza che conoscere gli altri sia impossibile, e probabilmente anche conoscere se stessi è impresa ardua, siamo nel “motel dei sonnambuli” nel ruolo di una “partner del lanciatore di coltelli”; le domande che ci affollano la mente sono come lame pronte a colpirci. Esiste una risposta, ed è la poesia, che però non chiede permesso e irrompe nella vita con violenza; qui ancora una volta l’autore soccombe alla propria opera. E’ una dolce sconfitta.

Stupendo sentire come la mia poesia cresce

mentre io mi ritiro.
Cresce, prende il mio posto.
Si fa largo a spinte.
Mi toglie di mezzo.
La poesia è pronta. “

5 commenti:

Massimo Caccia ha detto...

Interessante post. Analisi precisa e profonda per un poeta che ho scoperto quasi di rimando, per caso, da ormai premio Nobel.
Una poesia ricercata, ma essenziale. Grazie.

Ettore Fobo ha detto...

Io lo conosco da qualche anno, per aver letto su riviste alcuni suoi versi. Erano quindici anni che un poeta non vinceva il Nobel, è sempre bello per me quando ciò accade. Di lui ho letto anche il libro autobiografico “I ricordi mi guardano”, densissimo di temi nella sua brevità. Grazie dei complimenti, Massimo, ciao.

kipple officina libraria ha detto...

Fantastico. Un autore che non conoscevo.

Anonimo ha detto...

Scoperto anche io dopo il Nobel e letto tutto d'un fiato come si legge un grande poeta. Silenzioso e misteriosamente evocativo.
Grazie Ettore del bell'intervento.
Ciao
Logos

Ettore Fobo ha detto...

Ciao Logos, grazie del passaggio.