sabato 25 aprile 2009
Pubblicato nel 1930,questo testo di Ortega y Gasset ha fornito i primi strumenti ad altri intellettuali per analizzare uno dei fenomeni più significativi e peculiari del Novecento:il progressivo formarsi di grandi agglomerati urbani e il susseguente avvento al potere delle masse.
Si tratta, scrive Ortega y Gasset, di una violenta trasformazione della società, che vede protagonista l'uomo medio, l'uomo massa,colui che si sente come tutti gli altri, e in questo trae la sua forza,in questo mette tutta la sua volontà di potenza,generando con la sua apparizione sulla scena della storia uno dei più clamorosi trionfi del conformismo e causando perciò un declino, paragonabile solo al periodo del Basso Impero,con l'imbarbarimento e l'impoverimento dei costumi, con la lingua latina ridotta a una sua caricatura semplificata, e con il dilagare di stupidità e volgarità. Per Ortega y Gasset viviamo un periodo analogo, in cui le minoranze un tempo elitarie soccombono sotto l'urto di questo tipo di umanità irresponsabile, viziata, che non è legata ad alcuna classe sociale, ma si infiltra in tutte, determinando il corso degli eventi.
Il risultato è che l'Europa è diventata il regno di un grossolano dispotismo, di cui il fascismo è uno degli aspetti, all'insegna della volgarità e della violenza " retorica del nostro tempo ", con l'affermarsi di un'omogeneità che annulla le differenze e dunque con la progressiva scomparsa di quella "varietà di situazioni "che costituivano la ricchezza del continente. All'orizzonte il forsennato statalismo, l'improvvisa crescita demografica, hanno generato il dissolversi di una vera vita individuale, e il collettivo ha instaurato il suo regime spesso brutale, in ogni campo, dalla politica, alla cultura, alla scienza.La tesi del filosofo spagnolo nasce da un'idea della vita che egli stesso definisce aristocratica, l'umanità è, bisogna dire un po' schematicamente, divisa nelle categorie dei nobili, coloro che esigono molto da se stessi e per questo scontano una cronica ma salutare insoddisfazione, e le gran moltitudine di coloro che invece, assolutamente paghi di sé, non ambiscono in nessun modo a migliorare se stessi e sono inerti davanti all'esistenza che accettano in toto. Non riconoscono nessuna istanza superiore, sono felici di essere come tutti gli altri,in una sbornia di conformismo, e si lasciano semplicemente trascinare dalla corrente.
Quest'ultima categoria di uomini sono nella visione del filosofo spagnolo sempre sull'orlo di commettere qualche barbarie, animati da uno spirito gregario che cela una profonda distruttività ed essendo oramai arrivati al dominio, anche grazie alla tecnica che ha aumentato prodigiosamente le loro possibilità di vita,rappresentano un grave pericolo per la società occidentale. Oggi alcune delle idee del filosofo spagnolo sono forse diventate dei luoghi comuni, chiunque è in grado di rendersi conto dell'omogeneità degli stili di vita su scala planetaria, della fine delle differenze peculiari che, soprattutto in Europa, caratterizzavano positivamente la società di un passato anche recente, ma per gli anni venti questi temi se non nuovi, erano ancora lontani dal divenire consapevolezza diffusa; l'ossessione di Ortega y Gasset sta nel tramonto delle elite, travolte da quest'onda di umanità volgare e irresponsabile, convinta di poter fare a meno di loro.
Si tratta, scrive Ortega y Gasset, di una violenta trasformazione della società, che vede protagonista l'uomo medio, l'uomo massa,colui che si sente come tutti gli altri, e in questo trae la sua forza,in questo mette tutta la sua volontà di potenza,generando con la sua apparizione sulla scena della storia uno dei più clamorosi trionfi del conformismo e causando perciò un declino, paragonabile solo al periodo del Basso Impero,con l'imbarbarimento e l'impoverimento dei costumi, con la lingua latina ridotta a una sua caricatura semplificata, e con il dilagare di stupidità e volgarità. Per Ortega y Gasset viviamo un periodo analogo, in cui le minoranze un tempo elitarie soccombono sotto l'urto di questo tipo di umanità irresponsabile, viziata, che non è legata ad alcuna classe sociale, ma si infiltra in tutte, determinando il corso degli eventi.
Il risultato è che l'Europa è diventata il regno di un grossolano dispotismo, di cui il fascismo è uno degli aspetti, all'insegna della volgarità e della violenza " retorica del nostro tempo ", con l'affermarsi di un'omogeneità che annulla le differenze e dunque con la progressiva scomparsa di quella "varietà di situazioni "che costituivano la ricchezza del continente. All'orizzonte il forsennato statalismo, l'improvvisa crescita demografica, hanno generato il dissolversi di una vera vita individuale, e il collettivo ha instaurato il suo regime spesso brutale, in ogni campo, dalla politica, alla cultura, alla scienza.La tesi del filosofo spagnolo nasce da un'idea della vita che egli stesso definisce aristocratica, l'umanità è, bisogna dire un po' schematicamente, divisa nelle categorie dei nobili, coloro che esigono molto da se stessi e per questo scontano una cronica ma salutare insoddisfazione, e le gran moltitudine di coloro che invece, assolutamente paghi di sé, non ambiscono in nessun modo a migliorare se stessi e sono inerti davanti all'esistenza che accettano in toto. Non riconoscono nessuna istanza superiore, sono felici di essere come tutti gli altri,in una sbornia di conformismo, e si lasciano semplicemente trascinare dalla corrente.
Quest'ultima categoria di uomini sono nella visione del filosofo spagnolo sempre sull'orlo di commettere qualche barbarie, animati da uno spirito gregario che cela una profonda distruttività ed essendo oramai arrivati al dominio, anche grazie alla tecnica che ha aumentato prodigiosamente le loro possibilità di vita,rappresentano un grave pericolo per la società occidentale. Oggi alcune delle idee del filosofo spagnolo sono forse diventate dei luoghi comuni, chiunque è in grado di rendersi conto dell'omogeneità degli stili di vita su scala planetaria, della fine delle differenze peculiari che, soprattutto in Europa, caratterizzavano positivamente la società di un passato anche recente, ma per gli anni venti questi temi se non nuovi, erano ancora lontani dal divenire consapevolezza diffusa; l'ossessione di Ortega y Gasset sta nel tramonto delle elite, travolte da quest'onda di umanità volgare e irresponsabile, convinta di poter fare a meno di loro.
Un altro dei pericoli contro cui Ortega y Gasset mette in guardia l'Europa consiste nella perdita di memoria storica, che impedisce quella continuità fra passato, presente e futuro che costituisce l'ossatura di ogni vera civiltà. Tutte tesi oggi consolidate, ma lo stile di scrittura del filosofo, avvincente e chiaro, rende vive alla nostra attenzione, in un'epoca in cui la massificazione, con la conseguente omologazione dei comportamenti, ha raggiunto forse il punto di non ritorno.
Una particolarità dell'epoca contemporanea, anch'essa evidente, è la sicurezza di trovarsi in un periodo in cui le " magnifiche sorti progressive", denigrate con addolorato sarcasmo da Leopardi, sono una certezza indubitabile; Ortega y Gasset osserva come la nostra sia un'epoca che si considera il vertice di tutti i secoli, e per questo motivo tende a dimenticare gli altri.
Una particolarità dell'epoca contemporanea, anch'essa evidente, è la sicurezza di trovarsi in un periodo in cui le " magnifiche sorti progressive", denigrate con addolorato sarcasmo da Leopardi, sono una certezza indubitabile; Ortega y Gasset osserva come la nostra sia un'epoca che si considera il vertice di tutti i secoli, e per questo motivo tende a dimenticare gli altri.
Questa sicurezza nasce dalla banalità del fatto, scrive il filosofo, evidente a tutti, che un'automobile, allora il simbolo della modernità tecnologica, sia destinata a un continuo miglioramento negli anni, e in questo miglioramento puramente tecnico, l'uomo massa vede realizzarsi l'utopia di un mondo in costante e vertiginoso progresso. Così da una parte la tecnologia fornisce a un'umanità impreparata quella ubriacatura di volontà di potenza che la caratterizza, dall'altra lo spazio per una reale individualità si riduce sempre più, in un mondo sconvolto da una crescita demografica improvvisa, ed è con vero orrore che Ortega y Gasset nota che nel breve volgere di un secolo (1800-1900) la popolazione dell'Europa sia più che triplicata.
Un'altra delle caratteristiche che rendono odioso l'uomo massa agli occhi del filosofo è che egli non accetta nulla al di sopra di sé e, a differenza del nobile, che persegue sempre un obiettivo posto al di fuori della propria individualità, egli si abbandona all'irresponsabilità e al nichilismo.
La prospettiva è davvero inquietante: " Chi non sia "come tutto il mondo ", chi non pensi come" tutto il mondo" corre il rischio di essere eliminato" e in queste parole riecheggiano analoghi pensieri di Nietzsche. Pare che per il pensatore spagnolo nulla si salvi da questo processo di omologazione,ed anche la scienza, motore delle trasformazioni degli ultimi secoli, lungi dal rappresentare ancora l'espressione di un'elite,è in mano ad uomini che in più passi dell'opera egli definisce barbari.La specializzazione esasperata di ogni ramo del sapere, che ha fatto smarrire una visione d'insieme, è sintomo di questa discesa del mondo occidentale verso una dimensione primitiva: la massa gode dei prodigi della tecnica, senza interesse verso i principi scientifici che li hanno reso possibili, indifferente alle complessità che rendono la vita una costante sfida e un pericolo. L'apatia e l'arroganza sono le malattie storiche susseguenti alla ribellione delle masse che, non accettando più di essere dominate dall'elite, hanno invaso con la loro prepotenza ogni sfera della vita sociale, indebolendone il tessuto. Se "Ogni vita è lotta sforzo, per essere se stessa", l'uomo volgare fugge da questa lotta, non accetta le difficoltà, e ha ricevuto la civiltà come un dono che non è in grado di apprezzare, convinto com'è che tutto sia naturale, inconsapevole del fatto che invece tutte le conquiste umane siano il frutto di un duro lavoro, e che ogni progresso sia costantemente in pericolo,e ogni periodo storico minacciato da forze regressive.
In tutto questo l'Europa ha perso la sua egemonia a causa della crisi di quei punti di riferimento storici e morali, che la caratterizzavano, e nessuno, né gli Stati Uniti, né l'Unione sovietica, hanno preso realmente il suo posto e il mondo è abbandonato a una pericolosa incertezza. Per il filosofo spagnolo è ancora l'Europa, di cui egli auspica l'unificazione,il continente che deve, per compito storico, guidare il mondo, ma la crisi morale in cui versa, a causa dell'imporsi di un tipo d'uomo,che disprezza ogni dovere e si sente solo " soggetto di diritti illimitati",le impedisce di assolvere questa funzione.Lo scopo di questa umanità che si è imposta è schiacciare ogni tipo di uomo superiore, eliminare ogni rispetto per l'intelligenza, e abbandonarsi a un senso di onnipotenza imbecille. La morale di cui parla il filosofo è"sentimento di sottomissione, coscienza di osservanza e obbligo". Senza questi valori si afferma soltanto una morale negativa che è nient'altro che la forma vuota di quella originaria.
Lo sforzo di Ortega y Gasset, la sua analisi impietosa, giungono però a un punto morto, se l'elite sono scomparse dall'orizzonte della storia, si può parlare di dittatura dell'uomo medio e deplorarne gli effetti, ma la questione rimane insolubile. La scomparsa dell'elite è un effetto perverso della democrazia, la ribellione delle masse il suo corollario, l'anarchia che il pensatore
sentiva nell'aria era effettivamente il terreno su cui stava germogliando il nazismo.
Oretega y Gasset vede davvero nell'unificazione dell'Europa l'unica possibilità per evitare il collasso della democrazia, o la sua caricaturale implosione demagogica.
Nell'ultime parole del libro si annuncia in effetti l'avvento di un'era di totalitarismi che solo successivamente saranno temprati dal sorgere di un nuovo liberalismo.
L'Europa farà vivere allora le sue differenze in un contesto di unificazione dove però queste stesse differenze saranno valorizzate. Questa è l'intima certezza e la speranza dell'ultimo capitolo del libro.
E' nell'incontro con se stessi che la storia continua ad essere feconda, ed è nello smarrimento, paradossalmente, scrive Ortega y Gasset che l'uomo ritrova se stesso, abbandonando, "retorica, posa,intima farsa."e raggiungendo la consapevolezza che tutta la vita è problematica, come un naufrago aggrappandosi a questo "tragico sguardo perentorio"al di là di tutte le "idee fantastiche"
che impediscono di vedere la realtà del proprio caos e solo da questo smarrimento, da questa scoperta, può nascere un sincero anelito all'ordine.
Un'altra delle caratteristiche che rendono odioso l'uomo massa agli occhi del filosofo è che egli non accetta nulla al di sopra di sé e, a differenza del nobile, che persegue sempre un obiettivo posto al di fuori della propria individualità, egli si abbandona all'irresponsabilità e al nichilismo.
La prospettiva è davvero inquietante: " Chi non sia "come tutto il mondo ", chi non pensi come" tutto il mondo" corre il rischio di essere eliminato" e in queste parole riecheggiano analoghi pensieri di Nietzsche. Pare che per il pensatore spagnolo nulla si salvi da questo processo di omologazione,ed anche la scienza, motore delle trasformazioni degli ultimi secoli, lungi dal rappresentare ancora l'espressione di un'elite,è in mano ad uomini che in più passi dell'opera egli definisce barbari.La specializzazione esasperata di ogni ramo del sapere, che ha fatto smarrire una visione d'insieme, è sintomo di questa discesa del mondo occidentale verso una dimensione primitiva: la massa gode dei prodigi della tecnica, senza interesse verso i principi scientifici che li hanno reso possibili, indifferente alle complessità che rendono la vita una costante sfida e un pericolo. L'apatia e l'arroganza sono le malattie storiche susseguenti alla ribellione delle masse che, non accettando più di essere dominate dall'elite, hanno invaso con la loro prepotenza ogni sfera della vita sociale, indebolendone il tessuto. Se "Ogni vita è lotta sforzo, per essere se stessa", l'uomo volgare fugge da questa lotta, non accetta le difficoltà, e ha ricevuto la civiltà come un dono che non è in grado di apprezzare, convinto com'è che tutto sia naturale, inconsapevole del fatto che invece tutte le conquiste umane siano il frutto di un duro lavoro, e che ogni progresso sia costantemente in pericolo,e ogni periodo storico minacciato da forze regressive.
In tutto questo l'Europa ha perso la sua egemonia a causa della crisi di quei punti di riferimento storici e morali, che la caratterizzavano, e nessuno, né gli Stati Uniti, né l'Unione sovietica, hanno preso realmente il suo posto e il mondo è abbandonato a una pericolosa incertezza. Per il filosofo spagnolo è ancora l'Europa, di cui egli auspica l'unificazione,il continente che deve, per compito storico, guidare il mondo, ma la crisi morale in cui versa, a causa dell'imporsi di un tipo d'uomo,che disprezza ogni dovere e si sente solo " soggetto di diritti illimitati",le impedisce di assolvere questa funzione.Lo scopo di questa umanità che si è imposta è schiacciare ogni tipo di uomo superiore, eliminare ogni rispetto per l'intelligenza, e abbandonarsi a un senso di onnipotenza imbecille. La morale di cui parla il filosofo è"sentimento di sottomissione, coscienza di osservanza e obbligo". Senza questi valori si afferma soltanto una morale negativa che è nient'altro che la forma vuota di quella originaria.
Lo sforzo di Ortega y Gasset, la sua analisi impietosa, giungono però a un punto morto, se l'elite sono scomparse dall'orizzonte della storia, si può parlare di dittatura dell'uomo medio e deplorarne gli effetti, ma la questione rimane insolubile. La scomparsa dell'elite è un effetto perverso della democrazia, la ribellione delle masse il suo corollario, l'anarchia che il pensatore
sentiva nell'aria era effettivamente il terreno su cui stava germogliando il nazismo.
Oretega y Gasset vede davvero nell'unificazione dell'Europa l'unica possibilità per evitare il collasso della democrazia, o la sua caricaturale implosione demagogica.
Nell'ultime parole del libro si annuncia in effetti l'avvento di un'era di totalitarismi che solo successivamente saranno temprati dal sorgere di un nuovo liberalismo.
L'Europa farà vivere allora le sue differenze in un contesto di unificazione dove però queste stesse differenze saranno valorizzate. Questa è l'intima certezza e la speranza dell'ultimo capitolo del libro.
E' nell'incontro con se stessi che la storia continua ad essere feconda, ed è nello smarrimento, paradossalmente, scrive Ortega y Gasset che l'uomo ritrova se stesso, abbandonando, "retorica, posa,intima farsa."e raggiungendo la consapevolezza che tutta la vita è problematica, come un naufrago aggrappandosi a questo "tragico sguardo perentorio"al di là di tutte le "idee fantastiche"
che impediscono di vedere la realtà del proprio caos e solo da questo smarrimento, da questa scoperta, può nascere un sincero anelito all'ordine.
11 commenti:
Ho letto il libro in versione originale, e lo raccomando a tutti: la preveggenza di questo pensatore spagnolo, che nel 1930 aveva anticipato vari eventi futuri, è formidabile; la sua cultura, il brillante ricorso alla metafora, lo stile giornalistico (questo libro è una raccolta di articoli pubblicati nel giormale El Sol), chiaro ed effervescente, mi ricorda un po' Montanelli. Da riscoprire.
Hai ragione, Ortega y Gasset è stato un precursore formidabile, con il suo stile chiaro ha mostrato la complessità della vita contemporanea.Grazie del commento.
Molto bello, grazie di aver condiviso questa recensione.
Grazie a te, un saluto.
Beh ; anche"Fascismo e Gran Capitale " di Daniel Guerin non scherza ...
libro grandioso .
Purtroppo ha profetizzato la nostra realtà. Sto facendo una tesina su questo argomento e Gasset è sicuramente un punto di partenza importante.
Le 'masse' sono state quasi sempre escluse dalla storia, quindi, perch'e dovrebbero possedere un senso della storia. Per esempio, alla maggioranza dei viventi vissuti prima del XVIII secolo non era, di fatto, garantito il diritto di essere riconosciuti all'anagrafe.
Le masse emergono nella relata' storica, e si presentato come un'anomalia. Ma rispetto a chi, e che cosa? Esiste una narrazione storica, forse, che e' meglio di un'altra. E chi lo dice? E come si fa a stabilire che la narrazione dominante precedentemente l'emergere delle masse fosse quella piu' attendibile.
@ Yeah 2000
Probabilmente hai ragione a dubitare ma ci sono alcuni aspetti incontrovertibili. Oggi tutti, masse ed élite, stanno procedendo compatti verso la catastrofe ecologica che, quasi sicuramente, non potrà essere evitata. Ortega y Gasset fu tra i primi filosofi a mettere il dito nella piaga: la forsennata moltiplicazione di uomini sta distruggendo l'umanità.
Ortega, al pari di Weber e Gramsci, sì pone -lui sincero liberal-socialista fin dal 1908- il problema della direzione politica nella speranza di poter contribuire a formare una nuova "aristocrazia di massa"
Lo strumento cui questi giganti si rivolgevano è , ieri come oggi, l'egemonia (Ortega parlava di "nuova credenza "), la capacità di mettere in campo un prodigioso processo di "riforma intellettuale e morale " autenticamente democratico.
Grazie del contributo, Giuliano.
Il risultato.
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