sabato 2 maggio 2009
Il discorso di Bataille parte da una definizione di bene e male, che non è così automatica e per comprenderlo bisogna faticosamente entrare in un labirinto in cui lo scrittore francese ci guida fra riflessioni sulla letteratura ed a volte oscuri excursus filosofici.
Scrivendo di Baudelaire Bataille definisce il bene come ciò che la volontà persegue per l'avvenire, la difesa di una morale dell'utile e del vantaggioso, mentre il male sarebbe la dispersione dell'istantaneo, frutto di una volontà ambigua che arriva a non volere ciò che vuole e a volere ciò che non vuole. Questa impasse è chiaramente leggibile proprio in Baudelaire, che è uno degli otto scrittori di cui Bataille si propone di scandagliare il rapporto con la colpa originaria che sta nella letteratura.Questa è la tesi che Bataille cerca di dimostrare: l'impulso letterario, affondando nell'infanzia e traendo da essa il suo nutrimento, si contrappone all'ordine stabilito da ciò che la società umana ha deciso essere il bene, cioè appunto quella morale che pone nell'avvenire il suo senso e nella conservazione della vita il suo fondamento. Ma la letteratura è essenzialmente lotta contro quest'ordine, per affermare la dispersione dell'istante e il rifiuto infantile del mondo degli adulti, con la loro progettualità volta a garantire senso e durata, cui i bambini e gli artisti come Baudelaire contrappongono un eterno presente senza avvenire e in questo modo affermano le potenzialità della loro libertà, posto che questa libertà è inquietante, presuppone il deserto, in quanto aldilà delle convenzioni sociali che conferiscono alla vita il suo aspetto c'è una zona pericolosa, dove la ribellione allo status quo si realizza a volte nella distruttività, come in Sade, altrove nel "silenzio della volontà" come in Baudelaire, o nel desiderio di abiezione, come in Genet.
"L'uomo non può amarsi fino in fondo se non si condanna" e questa è una delle convinzioni che lo scrittore francese cerca di dimostrare e che cozzano contro il senso comune, contro il bene stesso, che sarebbe anche l'insieme di tutte quelle convenzioni e interdizioni, che rendono possibile la convivenza fra gli uomini, ma che la letteratura ha il compito di mettere in crisi, in questo senso realizzandosi come trasgressione di quelle realtà solide che gli uomini tendono a chiamare bene.
Così la figura di Baudelaire è tratteggiata attraverso questa fondamentale idea del poeta come colui che preferisce rimanere nell'attimo presente, alla ricerca di un piacere che gli sfugge, piuttosto che trovare nel lavoro, nell'utile, nel fluire del tempo, la soddisfazione e la pace che è priorità delle nature più prosaiche, che non perseguono la conoscenza, cioè quella fusione di soggetto e oggetto che sarebbe il fine della filosofia, ma solo il proprio vantaggio, il proprio bene. Il poeta sarebbe allora il demiurgo che cerca di sottrarsi alla dimensione in cui la coscienza non è nient'altro che il riflesso delle cose, per ricercare piuttosto l'impossibile, cioè la fusione con esse.
Bataille insiste molto sulla necessità per il letterato di volere l'impossibile, e proprio per questo sia Baudelaire che Sade si scontrano con un violento senso di impotenza, che però è all'origine del loro sforzo conoscitivo, invece la soddisfazione non produce quella particolare coscienza necessaria per indagare la realtà.
Il romanticismo è quel fenomeno che rifuggendo la consacrazione dell'utile, propugnata dalla mentalità borghese, in seno alla stessa borghesia, persegue obiettivi più naturali, laddove però la natura è il luogo di una grandiosa dissipazione, che raggiunge nella morte la sua forma più eclatante. Nell' indagare il rapporto fra sessualità e morte Bataille scrive di un racconto di Kafka, che si conclude con un suicidio; le ultime parole "In quel momento la circolazione sul ponte era addirittura senza limiti " vengono associate da Kafka in una lettera a Max Brod ad una" violenta eiaculazione".
In cosa consista questo rapporto Bataille lo vede nel superamento dell'interdizione, che realizza pienamente l'aspirazione fondamentale dell'uomo a raggiungere la vertigine del suo "scatenamento". L'uomo differisce dall'animale proprio per l'esistenza di divieti e dunque della possibilità e talvolta della necessità della loro trasgressione, mantenendo sempre la consapevolezza che questa infrazione della norma è comunque colpevole, in questo ritrovando però un surplus di godimento, fermo restando che "L'infrazione spaventa, come la morte; tuttavia essa attrae , come se l'essere ci tenesse alla durata solo per debolezza, e come se l'esuberanza comportasse, al contrario, un disprezzo per la morte, che è necessario non appena la regola viene infranta."
In Sade Bataille scorge la ricerca di uno stato paradossale di "esasperazione", uno sconvolgimento prolungato causato da una eccitazione sessuale sproporzionata e senza limiti, in un contesto in cui la depravazione diventa un atto di devozione al male assoluto. E' davvero l'estasi dell'annientamento anche del proprio; l'opera di Sade è un deserto che agghiaccia per la sua monotonia infernale, che stupisce per il fervore con cui il male, ciò che è esecrabile, viene esaltato, in un parossismo che distrugge tutti i valori e gode di questo, ma il desiderio di distruzione è il segno della reclusione. Sade crea un universo concentrazionario che è il riflesso della sua stessa prigionia, restituendoci" la solitudine dell'universo" e affermando così una verità clamorosa: lo " scatenamento", e la perdita di coscienza che esso permette, sono il segreto perturbante dell'uomo.
Scrivendo di Kafka Bataille sottolinea nuovamente un aspetto dell'isolamento dell'artista, e la sua conseguente insofferenza verso la società: la puerilità.
Così Kafka sconta la sua esclusione già nella figura paterna, che considera infantile ciò che per Kafka è una preoccupazione profonda: la letteratura. La letteratura è quella colpa, quella trasgressione delle leggi dell'utile, che il mondo della "attività efficiente" non vuole e non può riconoscere. Kafka non reagisce allora con la rivolta, ma con la sottomissione- "Nella lotta fra te e il mondo stai dalla parte del mondo -creando con le sue storie un disordine che mina le certezze logiche su cui si fonda la razionalità, alla ricerca di quello smarrimento che solo può dare il senso della propria presenza, seppure schiacciata da una fatalità oscura.
Nel rifiuto di diventare padre, Kafka rivendica il suo diritto all'irresponsabilità e al sogno- "Non sposerò Frida, non entrerò in comunità "- e ancora questo è un atteggiamento colpevole.
La letteratura è quel crogiolo di forze esorbitanti, di tristezza da esiliato, di gioie che in definitiva solo la morte può suscitare e contenere ;ma la sottomissione di Kafka verso la società è per Bataille più violenta di qualsiasi rivolta, affermando la propria nullità l'artista spezza ogni legame, trasfigurato, egli non è più il Prometeo che ruba il fuoco agli dei, ma un bambino che cerca nel sogno la propria verità di escluso: "Restai seduto e mi chinai come prima su quel foglio che dunque non serviva a nulla..., ma in realtà ero stato espulso di un colpo dalla società".
Questa umiliante condizione è il prezzo che Kafka paga per mantenere intatta la propria vocazione e la propria libertà, nel rifiuto della "attività efficiente" e della schiacciante fatalità del mondo.
Diversamente William Blake nella visione di Bataille oscilla fra paganesimo e un cristianesimo paradossale, elaborando una personale mitologia, in cui la materia è in perenne trasformazione e l'energia è"eterno piacere". Rivendica la sessualità contro ogni forma di imposizione religiosa o sociale, e nel tentativo di fondere cielo e inferno cerca di superare la dualità del pensiero occidentale.Per Blake la verità sta nell'immaginazione, e le religioni, nate da un impulso poetico, sono colpevoli di aver tradito la loro origine, rifugiandosi in un dogmatismo infecondo, non riconoscendo più la propria affinità con l'attività creatrice, sempre in qualche modo perturbatrice dell'ordine stabilito dalla ragione, sempre tesa a un godimento impossibile, ad una affermazione potente della vita.
Certo per Blake la poesia è dalla parte del male, cioè dell'attivo, dell'esuberanza,della stessa energia creativa e sessuale mentre il bene è "il passivo che obbedisce alla ragione". La condanna della legge morale fatta dal poeta inglese , scrive Bataille, è tutta nell'affermazione della necessità della gioia erotica, del piacere sensuale, per riappropriarsi del corpo, sequestrato dalla morale ebraico-cristiana e sottoposto alla tortura di una vita dichiarata colpevole, nella consapevolezza che, come si legge in Matrimonio fra cielo e inferno " Senza contrari non v'è alcun progredire.Attrazione e repulsione, Ragione ed Energia, Amore ed Odio sono necessari all'esistenza umana."
Scrivendo di Genet Bataille affronta il tema della sovranità che è "il potere di innalzarsi, nell'indifferenza alla morte al di sopra delle leggi che assicurano il mantenimento della vita"
e scrive dell' operazione compiuta dall'autore di Diario del ladro:infrangere il limite imposto dalle interdizioni, per generare un 'estetica del male, che è il rovescio inquietante della santità e presuppone la stessa tensione e lo stesso rigore. Così Genet delinquente e ladro, raggiunge nell'abiezione più profonda quella zona dove il male è la cifra di un'affermazione di sé paradossale ed inquietante.Il superamento della morale tradizionale, l'annullamento di ogni interdizione è strettamente legato alla coscienza di stare compiendo una violazione, e in un crescendo di crimini il rischio è quello che non ci sia più nulla da infrangere e dunque il vuoto. Scrivendo anche di Bronte, Michelet , Proust, Bataille compie così il suo percorso circolare, mostrando come i suoi assunti iniziali siano validi: la letteratura è dunque il luogo in cui l'esistenza raggiunge l'acme della sua dissipazione,e poiché essa non è nient'altro che il "sospirato ritrovamento dell'infanzia"non le resta che dichiararsi colpevole .
4 commenti:
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