sabato 11 marzo 2023
Lankenauta ha appena pubblicato un mio articolo sulla silloge postuma "Avatar" della poetessa Cristina Annino. Qui il link. Buona lettura.
Ettore Fobo
La trama nascosta è più forte di quella manifesta (Eraclito)
Ettore Fobo
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Solchi cupi
Benché lo neghino nessuno
salvo chi ne muore avverte
dall’abisso gli effetti sul cuoio
dermico migrare dal follicolo
al filamento esponendo lamine
fibroreticolari a esaurimenti ossidativi:
la senescenza precoce del cefalalgico
è prima un contegno di uno stile
un vizio di forma sopraccigliare
l’osservazione acuta di due rètine
appannata dal dolore,
il requiem di una faccia
disciolta col contagocce.
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Primo vagito di questo popolo di
ombre e sonnambuli: l’antologia Fiori del
Caos, uscita oggi 20 febbraio 2023 per Kipple Officina Libraria. Partecipano con le loro visioni e umane - non
umane incandescenze: Ksenja Laginja, Paolo Spaziani, Sandro Battisti, Carlo
Gregorio Bellinvia. Mattia Canovaro, Massimo Fantuzzi, Lukha B. Kremo, Alex
Tonelli, Maria Cardamone, Matteo Gennari, Silvio Straneo, e l’estensore di
questo Manifesto, Ettore Fobo.
Se interessati, la mail del Movimento è
questa: mitorealismo@gmail.com
Il sito in allestimento è www.mitorealismo.it
***
“L’arte ci è stata
donata per non morire di verità.“
Friedrich Nietzsche
“Quando la poesia faceva la
Storia. “Leggo questo su Fb come commento a una vicenda cialtronesca che vide protagonista
il poeta Dario Bellezza in veste di sparring
partner per una lite con un attore improvvisatosi boxeur per insondabili ragioni artistiche. Finalmente il poeta
preso a calci in culo. Così si fa la storia. Ma fra Storia e poesia non corre
buon sangue benché di sangue poetico la storia sia impregnata. Non faccio nomi,
rinforzo l’anonimato, non cedo al fascino del feticcio e del brand. Studiare la storia per far contenta la
madre o uccidere la madre per far contenta la Storia? Perciò non vi darò le fonti,
morirete di sete…
La frase ”Quando la poesia faceva
storia” è un poco fuorviante. Forse perché poesia e storia non sono parole che
possono stare impunemente insieme. La storia -e l’attualità sua caricatura- fa
la voce grossa per azzittire i poeti. Non si tratta solo di bombe e fucili ma
delle sue chiacchiere potenti e pericolose come una valanga: la storia umana
somiglia sempre più un treno senza conducente né destinazione. Poi finisce in
tunnel e s’intravvede la luce e si fa festa, festa, olè si brinda ma dura poco:
la luce è del convoglio che viene dalla direzione opposta per il definitivo
schianto frontale.
Ma la nostalgia emerge dall’imperfetto (faceva)
come residuo di una malinconia che presto sarà perduta anch’essa. Quando la
poesia faceva malinconia ma la poesia non fa la Storia né la malinconia. La
poesia continua a mostrare i buchi neri e i vortici del linguaggio storico (attenti
è come mostrare i denti malvagi dell’alba) e mettere così il caos davanti alle
proprie responsabilità.
Oppure troviamo la poesia nei
drugstore, nelle pompe di benzina, nelle cattedrali purché sconsacrate, nei Mac
Donald’s , nelle piccole chiese invase dalle erbacce e dalle bisce, nelle
rovine in cui crescono i Fiori del Caos, fiori fluttuanti, fluttuazioni
floreali, tutto ciò che ha perso il nome ha perso anche il peso della propria
eco, esige un destino più profondamente sonoro, sinestesica eco di un colore
tangibile. La poesia è nella strada dove
il linguaggio è una pulsazione vivente ed errante ma soprattutto nei gesti e nelle cose del
quotidiano, trasfigurato pensiero ora in
danza ora in naufragio. Ciò nonostante ricordate e non c’è contraddizione: La bellezza sarà cosmica o non sarà.
Il poeta che recita una poesia vede
nello specchio un fuoco prismatico in cui si riconosce. Un prisma di fuoco che
è Bigger than History… Quando i
nemici della poesia si ostinano a pensare che essa consista nel pettinare le
bambole e non nella conquista di uno stile (ah la pietra senza pietà dello
stile). Allora tu immerso come in un acido nelle gozzaniana vergogna d’esser
poeta, scorticato dai tuoi dubbi e dalle tue incertezze, sii aggressivo nel
rispondere: L’arte è sicuramente inutile ma se più inutili fossero coloro che
se ne fanno un vanto come se l’inutilità dell’arte fosse opera loro, dei loro
luoghi comuni, degli stereotipi che gli serrano la bocca, di un’economia arcaica fondata sul risparmio
e sull’accumulo e non come la poesia sulla dissoluzione, sullo spreco, sulla dépense.
C'è un’economia non umana
realmente naturale, fondata sulla dissipazione entropica come quella di Madre (qui
ci vuole il ghigno leopardiano) Natura. La chiamiamo morte. Supremo spreco che
permette il suo stesso infinito rinnovarsi come spreco. L’arte è scuramente
inutile benché i libri di poesia possano essere moliti utili per incartare il
pesce, possono essere un favoloso arredo e
se ardono donano calore come
tutto ciò che arde. È risaputo: i libri di poesia sono i migliori regali di riciclo.
Non conoscono un solo destinatario ma diverse mani che li rigirano ad altri che
a loro volta li rimetteranno in circolo. Perciò il suo movimento inesauribile è
contento, comunque nessuna mano può afferrarla come la sabbia di Morfeo, e però
ne rimane drogata ugualmente e cambia il suolo sotto i piedi e il cielo
comincia a picchiarci in testa come il Corvo che ripete Nevermore e non ha altra voce. Finché il tempo esplode altre voci
sorgono per ritrovare antiche alchimie in cui il verbo è una disseminazione
astrale, magnifica perché peritura ma lo scintillio è eterno solo se si cessa
di venerarne il riverbero ed è così,
quando si cessa di comunicare, che
emergono le terre inesplorate sotto i nomi che le
imprigionano.
L’arte è inutile, in questo simile
alla vita. Quindi attenti a tutto ciò che non produce reddito, vi rende solo
vivi, una poesia lo può fare talvolta di notte se cessate di pensare al domani,
al passato e fate dell’attualità una solenne pira di vecchie menzogne, vivrete
così trafitti dall’attimo di una più intima spossessione, spoliazione di sé. Non può essere che la
catastrofe, più in là, di valori un rovesciamento fatale. È questa la nostra redenzione? Accettare di
essere mummificati, dare del tu agli angeli oppure puntare sugli alieni. Loro
ci ameranno, non capendoci, qui anche gli scribi ci rinchiudono nelle gabbie delle
loro ottusità. Un’arte per artisti e vaffanculo alla Verità, alla Democrazia,
alla Libertà; a tutto questo malvagio mondo di Maiuscole; si fottano la Volontà, la Storia e la Scelta
e infine l’Arte stessa perché si nasce capolavori e qualcuno ci rimane. L’opera,
più d’uno l’ha insegnato, è solo residuo
escrementizio.
Tornino le chimere, le ninfe,
tornino i boschi a essere non umani cioè sacri, brilli nelle nostre menti la
magnifica idea di Fato. Natale mongolo e maniaco sulla terra. Natale pagano. Sì, felicità, felicità maniaca…- La
storia non è nel passato né nel futuro, la storia è nell’attimo che squarciando
il tempo ne mostra il ridicolo camouflage.
La bellezza sarà comica o non sarà.
Mitorealismo del Sottosuolo: Mito
perché dispostivi mitologici legiferano nel nostro inconscio. Vanno disattivati
lentamente con rigore scientifico se no esplodono e pazzia sommerge ogni cosa. Condito sine qua non per avvicinare questi
dispositivi: bisogna sapere a quale daimon
è consacrata la nostra vita, foss’anche il Grande Puffo, o Ken Shiro.
Realismo è il serpente dionisiaco
che cambia pelle per non farsi riconoscere cioè sottomettersi a un codice di
segni. Sottosuolo, perché bisogna, il più possibile, vivere nascosti e in
pubblica piazza cantare al proprio orecchio.
Siamo oltre ciò che comunica e
informa, che esse siano ostie, ontologie,
informazioni e prepariamo il funerale della dualità che ci ha spaccati. Attenti, amici, romba la Ronda
dell’Avanguardia.
E.F
***
Pubblicato da Ettore Fobo alle 16:30 0 commenti
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Paolo Spaziani e Letizia Corsini
sono da anni impegnati in una ricerca teatrale difficile da definire perché profondamente
disallineata ai modelli teatrali contemporanei. In una società in cui l’evento
teatrale è una sorta di refugium peccatorum per divi televisivi in
declino o un confessionale autocompiaciuto di problematiche sociali, Spaziani
parte da Bataille, inevitabilmente, per circuire “i segni del caos” e proporceli
nell’immediatezza di un teatro di grande rigore estetico, in cui l’originale
francese si alterna alla traduzione italiana in un formidabile controcanto.
Così lo spazio fra le due lingue, gli interstizi fra musica e silenzio, diventano
luogo incandescente di evocazione degli spiriti. Ciò che proviene dalla notte
dei tempi dilaga sulla scena e la polverizza. Rimane il canto a sfolgorare nel
buio. La nostra stessa esistenza è gioco. Lo
spettacolo s’intitola “La morte ride” e si terrà a Milano al teatro Argomm
(zona Niguarda) via Graziano Imperatore 40, il 23 febbraio 2023 alle ore 21.
Andate a vederlo, cambierà il modo con cui vedete e sentite il teatro.
Ettore Fobo
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Per il terzo anno consecutivo
ricevo il Gran Premio della Giuria al concorso letterario Ossi di Seppia, anno
in cui esso ha registrato il record di adesioni: oltre 2100 partecipanti. Ringrazio
la Giuria formata da Alessia Bronico, Alessandra Corbetta, Claudio Damiani e il
coordinatore del Premio, Lamberto Garzia. Sarò alla Premiazione che si terrà
sabato 18 febbraio dalle 17, a Villa Boselli, che si trova ad Arma di Taggia, in provincia di Imperia.
Ettore Fobo
Pubblicato da Ettore Fobo alle 18:27 0 commenti
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***
da” È luce che non sa”- Silvio Straneo – puntoacapo editrice- maggio
2021
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Ettore Fobo
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da “Un arpeggio sulle corde” – Kae Tempest- traduzione
Riccardo Duranti- edizoni e/o- giugno 2021
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Ettore Fobo
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La prima data è romana: lunedì 23
gennaio 2023. Ore 21. Teatro Hamlet, via Alberto da Giussano 13, Roma.
Andateci, se potete.
Ettore Fobo
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Etichette: Letizia Corsini, Paolo Spaziani, teatro
Un ragazzino cieco
con un cartello fissato al petto.
Troppo piccolo per stare fuori
da solo a mendicare,
ma tant'è.
Questo secolo strano
con la sua strage degli innocenti,
e il volo sulla luna-
ora mi sta aspettando
in una città strana,
nella via in cui mi sono perso.
Mi sentì avvicinare
e si tolse un giocattolo
di gomma dalla bocca
come per dire qualcosa
ma non fu così.
Era la testa, la testa di una bambola,
tutta masticata,
la tenne alta per farmela vedere.
Il duplice sogghigno era per me.
(traduzione Andrea Molesini)
***
ll 9 gennaio ci ha lasciato Charles Simic. In questo blog
potete trovare diversi articoli a lui dedicati.
Ettore Fobo
Pubblicato da Ettore Fobo alle 08:00 0 commenti
Etichette: Charles Simic, poesie
È
con grande orgoglio che vi comunico che “Canti d’Amnios” è risultato finalista
alla decima edizione del "Premio Letterario Internazionale Città di Sarzana". Ringrazio
la giuria tutta. Riporto di seguito l’intervista che mi ha fatto la gentilissima
professoressa Marisa Vigo, in occasione del Festival degli Autori di qualche settimana
fa. Esiste anche un video a questo link. Vi ringrazio dell’ascolto.
Ettore Fobo
Marisa Vigo: Il
taglio filosofico esistenzialista Le è connaturato o trova anche
influenze e solleciti da parte di Autori letti e condivisi?
Ettore
Fobo: Penso che molti autori abbiano segnato la mia vita in maniera profonda,
in qualche caso forgiandola. Mi considero soprattutto, più che uno scrittore, più che un lavoratore, più che un consumatore, forse persino più che un poeta, un lettore.
Fra gli autori che mi hanno segnato sin dall’adolescenza
e che hanno avuto un’influenza sulla mia vita, non seconda a quella che hanno
avuto i miei genitori e il contesto sociale in cui siamo immersi, cito due nomi
su tutti: Charles Baudelaire e Friedrich Nietzsche.
Perché
esiste in me questa rottura radicale,
originaria, fondante, con gli enunciati discorsivi dominanti, direi nella nostra intera civiltà occidentale,
non solo di questa società particolare
che ne è un’espressione.
La
poesia è questa rivolta linguistica, silenziosa, non appariscente, invisibile,
ma non vana perché rinnova il
linguaggio, lo mette davanti ai suoi buchi neri, ne ritrova la musica segreta. Come ha
mostrato Rimbaud, è una rivolta contro il Tempo, contro la Morte, contro Dio.
Rivolta per ciò stesso destinata a un terribile scacco. Forse l’intero
Novecento ne è testimonianza.
2)
M.V: Vuole leggerne una, aggiungendo le Sue
considerazioni?
Si
tratta infatti di esplorare quella che io chiamo in questo testo ”musica del
principio”; ovvero ciò che precede la razionalità mercantile, come insieme di
codici normalizzanti e produce le
concettualizzazioni che ci appesantiscono e che
impediscono al linguaggio di fluire nel suo moto ondoso originario,
amniotico, e il dualismo della logica disgiuntiva sia restituito al gioco
albale e ambiguo delle ambivalenze e corrispondenze simboliche.
3
Ci parla del Suo stile colloquiale, scegliendo una lirica che lo esemplifichi?
(Lapsus a matita)
La
poesia, almeno per come la vivo io, è la manifestazione di un’
intersoggettività enigmatica, un colloquio tra le voci che ci abitano nel senso
di una moltelicità di maschere che alludono, non possono fare altro, a ciò che profondamente
siamo, aldilà di cio che ci raccontiamo coscientemente.
La
poesia quindi come insieme di voci che colloquiano, anche attraverso il tempo e
lo spazio, anzi mettendo in crisi, come ha fatto la fisica contemporanea,
queste stesse categorie.
Leggo
Lapsus a matita
4
A Suo
avviso dall'intelligere deriva la consapevolezza della superiorità
umana, il dramma della croce non cercata e non voluta, la ricerca
mai raggiunta del varco, o anche una luce consolatoria?
Dopo la Sua risposta, ascoltiamo anche una poesia che evidenzi il
tema.
Per
Sofocle “Sapere è patire”. Tutta la nostra consapevolezza sembra fermarsi qui.
Io vedo questo ma vedo anche altro, il sapere lo considero un risveglio, preferibile al sonno dell’ignorare. Non c’è
però superiorità ontologica dell’uomo sugli altri animali perché ciascun essere
vivente realizza la propria essenza secondo necessità.
Leggo I know the world
5
Completiamo con la Sua percezione dell’esistenza che non quaglia e che
l'affianca alla posizione della poetessa Piera Oppezzo, vissuta nel
secolo scorso, da Lei citata nella Sua Opera. Era convinta che “nella vita o si
vive o si scrive". Leggendo la Silloge la funzione da Lei assegnata alla
Poesia appare poliedrica, mutevole, ondivaga, tra il fluire spontaneo e
motivato di pensieri e di emozioni, il dubbio che non abbia né vigore, né
scopo, l’atteggiamento maudit di chi contesta e dissacra. Oggi, giunto
all'età di 46 anni, pensa che la Sua poesia sia approdata ad un punto fermo? A
Lei e ai Suoi versi la risposta.
Negli
anni sono stato attraversato da numerosi flussi poetici e ho fatto esperienza
di visioni differenti della poesia stessa.
Quello
che è rimasto costante è la consapevolezza di un incessante divenire che ci
plasma indipendentemente dalla nostra volontà cosciente. La poesia è proprio
quella sonda utile per captare queste metamorfosi.
Per
quanto riguarda la distinzione anche pirandelliana fra vivere e scrivere c’è
sicuramente della verità. Non fosse che scrivere ci pone nel nucleo stesso delle
nostre umane contraddizioni e quindi è un’esperienza profondamente e spesso
terribilmente vitale.
Leggo
Amnios
Pubblicato da Ettore Fobo alle 20:00 0 commenti
Etichette: Canti d'Amnios, Marisa Vigo, Premi, Premio Internazionale Città di Sarzana”
Suggerisco agli amici
romani di non perdersi l’evento teatrale di Paolo Spaziani, con Letizia Corsini
alla regia, che si terrà al Teatro
Stanze Segrete in via della Penitenza a Roma,
lunedi’ 12 dicembre alle 21. Si tratta di una versione di un poemetto di
Georges Bataille. Vi rimando al link del teatro.
Di questo straordinario duo di teatranti ho scritto a
proposito di un altro evento, che si tenne
a Milano nel febbraio 2018 Lor ga
na crur, da testi di Antonin Artaud.
Lo riporto integralmente:
“ Lor Ga Na Crur: Paolo Spaziani
incarna Antonin Artaud”
Si inizia con il silenzio,
inevitabilmente. L’attore, Paolo Spaziani, è seduto su un cubo e sembra
attendere l’ispirazione con un aspetto fra il meditabondo, lo stranito,
l’indifferente. Il pubblico lo scruta,
in attesa. Il palco è piccolo, angusto, claustrofobico. Spetterà all’attore
rivelare le sue potenzialità nascoste,
dove la parola si riscopre canto.
Ed ecco dunque, come un’improvvisa eruzione, che comincia il dire. Ed è un fiume in piena che
utilizza un testo ispirato ad Artaud, accostando le due lingue, francese e italiano, per ispezionare il limite stesso di ciò che
chiamiamo realtà e infrangerlo con l’irruzione nel linguaggio dei segni del
caos, prelinguistico e primordiale, qui annunciato anche dalle glossolalie che sono già nel titolo dello spettacolo, Lor Ga Na Crur.
Tutto ciò per restituirci le
fascinazioni dell’immediato, facendo saltare le sovrastrutture linguistiche,
per ridarci il senso di un altrove tanto più potente quanto più la parola è
spinta nel precipizio di una dizione puramente musicale. Il testo è un furente attacco ai concetti di realtà,
identità, essere, Dio, mondo; tutto
l’armamentario delle menzogne metafisiche che fanno dell’uomo un recluso sul
fondo dell’abisso.
Nell’interpretazione magistrale
di Paolo Spaziani la poesia cessa di essere un morto significato letterario per
divenire flusso melodico, rituale magico che si contrappone, anche con
violenza, alla magia nera sociale, quell’insieme di codici e convenzioni che
rendono la nostra esperienza del mondo “tristemente
carceraria” come si legge nella presentazione dello spettacolo.
La letteratura viene
disintegrata, non è più scrittura ma ritrova l’oralità come suo fondamento.
Così Paolo Spaziani riscopre Artaud come fatto musicale, lo reinventa,
mescolando con leggerezza i linguaggi, il francese, l’italiano e quello strano
grammelot glossolalico che rappresenta la cifra dell’ultimo Artaud.
L’estraneità del poeta francese al mondo, alla letteratura, all’essere, al
senso, a quello che Auden chiamava ”il
dialetto della tribù” e Artaud stesso “la
fogna del pensiero di tutti” è assoluta e con rigore assoluto la voce di
Spaziani ce la mostra in tutta la sua radicalità. E la crudeltà di questo
teatro si rivela soprattutto nella demolizione dei concetti che puntellano le
nostre prigioni mentali.
Così, in questo che è il più piccolo teatro
milanese, il Teatro Studio Frigia
Cinque, con una scenografia spartana, una luce fissa e quasi dolente, con la
regia di Letizia Corsini, il 16 e il 17 febbraio di questo 2018, Paolo Spaziani ha regalato due serate
indimenticabili di poesia allucinata,
ispirata a questo grande visionario che è stato Antonin Artaud. La voce
di Paolo Spaziani, moltiplicando i moduli sonori, ha spaziato dal soffio al
grido, dalla dolcezza all’orrore, senza mai perdere in consapevolezza musicale.
Lo spettacolo si riscopre evento
e l’attore un negromante che contrappone il rigore scandaloso della propria
musica interiore alla volgarità della rappresentazione. Così
l’irrappresentabile della poesia demolisce la scena, la disincarna, la dissipa. Essa non è più il luogo dove si
replicano i rapporti di potere in seno alla società ma la crisi stessa di
questi in un linguaggio che desidera ardentemente frantumarli. “Arte
Anarchica”, si legge nel volantino di presentazione. Tutto si dissolve tranne
la voce, tranne il corpo, questo grande
incatenato nel regno della Metafisica e dei concetti.
Paolo Spaziani diventa Antonin Artaud, se questo nome può designare
qualcosa di più di flussi, punti di forza, singolarità e ci restituisce così
un’antica idea di teatro; è colui che esce dalla folla e comincia la cadenza di
un canto tragico, al ritmo del ditirambo dionisiaco, un’idea antica certo ma paradossalmente colma di un futuro
che oggi pare impossibile, quando,
come ha scritto Foucault: “ Le parole di Artaud apparterranno al suolo stesso del nostro linguaggio
e non alla sua rottura. “
***
Andate a vedere Paolo Spaziani, in questa sua reinvenzione
batailliana se credete che l’atto e l’attimo teatrale, spezzando i codici normativi, ci possa restituire alla visione di un tempo
più profondo di quello che sperimentiamo
vivendo o illudendoci di farlo. Grazie dell’ascolto.
Ettore Fobo
Pubblicato da Ettore Fobo alle 10:30 0 commenti
Etichette: Antonin Artaud, Georges Bataille, Letizia Corsini, Paolo Spaziani, teatro
"Voi siete soltanto poeti. Io sto dalla parte della morte."
J.R
***
Sono sempre stato affascinato dal dadaismo e dalle sue figure quasi fantasmatiche come Jacques Rigaut. Scrivere e vivere rimanendo all’altezza della morte. Duro destino del poeta esule per condizione originaria e naturale.
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Etichette: aforismi, Jacques Rigaut
È di qualche tempo fa la notizia del Premio ricevuto (Riconoscimento al Merito della Giuria) al Premio Apollo dionisiaco di Roma, per l'edizione 2022.
È per la seconda volta che ricevo questo riconoscimento, importante soprattutto perché legato alle pregevoli letture critiche della professoressa Fulvia Minetti. Ci tengo particolarmente a farvele leggere perché sono fra gli interventi critici più esatti sulla mia poesia, perché in essa vi è un costante ed eternoritornante riferimento ai temi espressi dalla professoressa che li ha colti così bene. Naturalmente, non uso a caso la parola eternoritornante. Potete consultare queste critiche e leggere le relative poesie online qui.
Apollo dionisaco è un Premio in cui il binomio poesia arte si riscopre inscindibile, perché oltre a poeti premia pittori, scultori e altri artisti; esistono dei video che non commentano ma fanno da sfondo pittorico musicale alla parola della poesia. Sono molto emozionanti. Vi rimando in questo caso a YouTube.
Ettore Fobo
Pubblicato da Ettore Fobo alle 09:30 6 commenti
Etichette: critiche su Ettore Fobo, Premi, premio Apollo Dionisiaco
Ettore Fobo
Pubblicato da Ettore Fobo alle 10:30 0 commenti
Etichette: Canti d'Amnios, Premio Internazionale Città di Sarzana”, reading
Nudi e senza pudore
i poeti lasciano in eredità
solo la vergogna che non hanno.
La mia poesia è un ridicolo reato:
un atto impuro in luogo privato.
Avido il mio cuore
cede al dolce inganno
anche stasera
e scrivo versi maldestri
ché dei poeti io non ho la purezza.
Io nasco bastarda.
***
da "Nuda"- Doris Bellomusto - Giuliano Ladolfi Editore- giugno 2022
Pubblicato da Ettore Fobo alle 10:30 2 commenti
Etichette: Doris Bellomusto, poesie
***
da “Lo
scambio simbolico e la morte”- Jean Baudrillard- traduzione Girolamo Mancuso-
Feltrinelli- marzo 2022
Pubblicato da Ettore Fobo alle 17:47 4 commenti
Etichette: aforismi, Jean Baudrillard
Quello che state per leggere è il Secondo Manifesto del Mitorealismo del Sottosuolo e prima manifestazione del Movimento onlin...