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Paolo Spaziani recita Bataille

giovedì 10 aprile 2025

 


Nuova data milanese per lo spettacolo di Paolo Spaziani, con regia di Letizia Corsini, “La morte ride”, monologo tratto da “L’arcangelico” di Georges Bataille. Lo spettacolo è sempre diverso, non esiste una scaletta fissa, tutto è affidato al momento, è il gioco dell’immediato che scompagina il testo e inventa i suoi ritmi. Lo spettacolo si terrà a Milano, mercoledì 16 aprile al teatro Argomm, in via Graziano Imperatore 40, alle 21. Paolo Spaziani è un autore mitorealista presente nell’antologia “Fiori del Caos” (Kipple Officina Libraria, 2023), curata da Ettore Fobo.

Paolo Spaziani in scena a Milano

mercoledì 24 gennaio 2024



Nuova data milanese per lo spettacolo di Paolo Spaziani, con regia di Letizia Corsini, “La morte ride”, monologo tratto da “L’arcangelico” di Georges Bataille. Lo spettacolo è sempre diverso, non esiste una scaletta fissa, tutto è affidato al momento, è il gioco dell’immediato che scompagina il testo e inventa i suoi ritmi. In questo articolo su Bibbia d'Asfalto  parlo diffusamente del teatro di Paolo Spaziani, unicum nel panorama teatrale italiano. Lo spettacolo si terrà a Milano, venerdì 2 febbraio, al teatro Argomm, in via Graziano Imperatore 40,  alle 21.

Il teatro di Paolo Spaziani

lunedì 27 febbraio 2023

 


Qualche giorno fa ho vissuto un’esperienza teatrale molto significativa, lo spettacolo di Paolo Spaziani, “La morte ride- Omaggio a Georges Bataille”,  al teatro Argomm di Milano.  Ho pensato di scrivere un articolo che testimoniasse di quest’epifania. Così riprendo la mia collaborazione con Bibbia d’Asfalto, interrotta da troppo tempo. Buona lettura.

Paolo Spaziani in scena a Milano con un poemetto di Bataille

lunedì 20 febbraio 2023

 

 


Agli amici di Milano e dintorni consiglio di non perdersi lo spettacolo di Paolo Spaziani, con regia di Letizia Corsini.

Paolo Spaziani e Letizia Corsini sono da anni impegnati in una ricerca teatrale difficile da definire perché profondamente disallineata ai modelli teatrali contemporanei. In una società in cui l’evento teatrale è una sorta di refugium peccatorum per divi televisivi in declino o un confessionale autocompiaciuto di problematiche sociali, Spaziani parte da Bataille, inevitabilmente, per circuire “i segni del caos” e proporceli nell’immediatezza di un teatro di grande rigore estetico, in cui l’originale francese si alterna alla traduzione italiana in un formidabile controcanto. Così lo spazio fra le due lingue, gli interstizi fra musica e silenzio, diventano luogo incandescente di evocazione degli spiriti. Ciò che proviene dalla notte dei tempi dilaga sulla scena e la polverizza. Rimane il canto a sfolgorare nel buio.   La nostra stessa esistenza è gioco. Lo spettacolo s’intitola “La morte ride” e si terrà a Milano al teatro Argomm (zona Niguarda) via Graziano Imperatore 40, il 23 febbraio 2023 alle ore 21. Andate a vederlo, cambierà il modo con cui vedete e sentite il teatro.

Ettore Fobo

Il teatro di Paolo Spaziani e Letizia Corsini a Roma

venerdì 13 gennaio 2023

 

 



Un gesto sottratto all’oscurità e restituito al palco nella sua innocenza, materia pulsante di una temporalità aliena appena intravista, negromanzia del corpo vivente, pirateria dell’anima, immediatezza fuor dell’attuale, canto di una natura che inesprime se stessa: con queste parole potrei iniziare ad abbozzare un discorso sul teatro di  Paolo Spaziani, in scena con testi di Bataille e regia di Letizia Corsini,  con il suo spettacolo “La morte ride".

La prima data è romana: lunedì 23 gennaio 2023. Ore 21. Teatro Hamlet, via Alberto da Giussano 13, Roma.

Andateci, se potete.

Ettore Fobo

Agli amici romani (spettacolo annullato)

domenica 4 dicembre 2022



Quando l’attimo inventa il suo tempo- il teatro di Paolo Spaziani

Suggerisco agli  amici romani di non perdersi l’evento teatrale di Paolo Spaziani, con Letizia Corsini alla regia, che si terrà  al Teatro Stanze Segrete in via della Penitenza a Roma,  lunedi’ 12 dicembre alle 21. Si tratta di una versione di un poemetto di Georges Bataille. Vi rimando al link del teatro.

Di questo straordinario duo di teatranti ho scritto a proposito di un altro evento, che si tenne  a Milano nel febbraio 2018  Lor ga na crur, da testi di Antonin Artaud.

Lo riporto integralmente:

“ Lor Ga Na Crur: Paolo Spaziani incarna Antonin Artaud”

Si inizia con il silenzio, inevitabilmente. L’attore, Paolo Spaziani, è seduto su un cubo e sembra attendere l’ispirazione con un aspetto fra il meditabondo, lo stranito, l’indifferente. Il pubblico lo scruta,  in attesa. Il palco è piccolo, angusto, claustrofobico. Spetterà all’attore rivelare le sue potenzialità nascoste,  dove la parola si riscopre canto. 

Ed ecco dunque,  come un’improvvisa eruzione, che  comincia il dire. Ed è un fiume in piena che utilizza un testo ispirato ad Artaud, accostando le due lingue, francese e italiano,  per ispezionare il limite stesso di ciò che chiamiamo realtà e infrangerlo con l’irruzione nel linguaggio dei segni del caos,  prelinguistico e primordiale,  qui annunciato anche  dalle glossolalie che sono  già nel titolo dello spettacolo, Lor Ga Na Crur. 

Tutto ciò per restituirci le fascinazioni dell’immediato, facendo saltare le sovrastrutture linguistiche, per ridarci il senso di un altrove tanto più potente quanto più la parola è spinta nel precipizio di una dizione puramente musicale. Il testo  è un furente attacco ai concetti di realtà, identità,  essere, Dio, mondo; tutto l’armamentario delle menzogne metafisiche che fanno dell’uomo un recluso sul fondo dell’abisso.

Nell’interpretazione magistrale di Paolo Spaziani la poesia cessa di essere un morto significato letterario per divenire flusso melodico, rituale magico che si contrappone, anche con violenza, alla magia nera sociale, quell’insieme di codici e convenzioni che rendono la nostra esperienza del mondo “tristemente carceraria” come si legge nella presentazione dello spettacolo.

La letteratura viene disintegrata, non è più scrittura ma ritrova l’oralità come suo fondamento. Così Paolo Spaziani riscopre Artaud come fatto musicale, lo reinventa, mescolando con leggerezza i linguaggi, il francese, l’italiano e quello strano grammelot glossolalico che rappresenta la cifra dell’ultimo Artaud. L’estraneità del poeta francese al mondo, alla letteratura, all’essere, al senso, a quello che Auden chiamava ”il dialetto della tribù” e Artaud stesso “la fogna del pensiero di tutti” è assoluta e con rigore assoluto la voce di Spaziani ce la mostra in tutta la sua radicalità. E la crudeltà di questo teatro si rivela soprattutto nella demolizione dei concetti che puntellano le nostre prigioni mentali.

Così,  in questo che è il più piccolo teatro milanese,  il Teatro Studio Frigia Cinque, con una scenografia spartana, una luce fissa e quasi dolente, con la regia di Letizia Corsini, il 16 e il 17 febbraio di questo 2018,  Paolo Spaziani ha regalato due serate indimenticabili di poesia allucinata,  ispirata a questo grande visionario che è stato Antonin Artaud. La voce di Paolo Spaziani, moltiplicando i moduli sonori, ha spaziato dal soffio al grido, dalla dolcezza all’orrore, senza mai perdere in consapevolezza musicale.

Lo spettacolo si riscopre evento e l’attore un negromante che contrappone il rigore scandaloso della propria musica interiore alla volgarità della rappresentazione. Così l’irrappresentabile della poesia demolisce la scena, la disincarna,  la dissipa. Essa non è più il luogo dove si replicano i rapporti di potere in seno alla società ma la crisi stessa di questi in un linguaggio che desidera ardentemente frantumarli. “Arte Anarchica”, si legge nel volantino di presentazione. Tutto si dissolve tranne la voce,  tranne il corpo, questo grande incatenato nel regno della Metafisica e dei concetti.

  Paolo Spaziani diventa Antonin Artaud, se questo nome può designare qualcosa di più di flussi, punti di forza, singolarità e ci restituisce così un’antica idea di teatro; è colui che esce dalla folla e comincia la cadenza di un canto tragico, al ritmo del ditirambo dionisiaco, un’idea antica  certo ma paradossalmente colma di un futuro che oggi pare  impossibile,  quando,  come  ha scritto  Foucault: “ Le parole di Artaud apparterranno al suolo stesso del nostro linguaggio e non alla  sua rottura. “

***

Andate a vedere Paolo Spaziani, in questa sua reinvenzione batailliana se credete che l’atto e l’attimo teatrale, spezzando i codici normativi,  ci possa restituire alla visione di un tempo più  profondo di quello che sperimentiamo vivendo o illudendoci di farlo. Grazie dell’ascolto.

 

Ettore Fobo


Lor Ga Na Crur: Paolo Spaziani incarna Antonin Artaud

lunedì 19 febbraio 2018





Si inizia con il silenzio, inevitabilmente. L’attore, Paolo Spaziani, è seduto su un cubo e sembra attendere l’ispirazione con un aspetto fra il meditabondo, lo stranito, l’indifferente. Il pubblico lo scruta,  in attesa. Il palco è piccolo, angusto, claustrofobico. Spetterà all’attore rivelare le sue potenzialità nascoste,  dove la parola si riscopre canto.  

Ed ecco dunque,  come un’improvvisa eruzione, che  comincia il dire. Ed è un fiume in piena che utilizza un testo ispirato ad Artaud, accostando le due lingue, francese e italiano,  per ispezionare il limite stesso di ciò che chiamiamo realtà e infrangerlo con l’irruzione nel linguaggio dei segni del caos,  prelinguistico e primordiale,  qui annunciato anche  dalle glossolalie che sono  già nel titolo dello spettacolo, Lor Ga Na Crur. 

Tutto ciò per restituirci le fascinazioni dell’immediato, facendo saltare le sovrastrutture linguistiche, per ridarci il senso di un altrove tanto più potente quanto più la parola è spinta nel precipizio di una dizione puramente musicale. Il testo  è un furente attacco ai concetti di realtà, identità,  essere, Dio, mondo; tutto l’armamentario delle menzogne metafisiche che fanno dell’uomo un recluso sul fondo dell’abisso.

Nell’interpretazione magistrale di Paolo Spaziani la poesia cessa di essere un morto significato letterario per divenire flusso melodico, rituale magico che si contrappone, anche con violenza, alla magia nera sociale, quell’insieme di codici e convenzioni che rendono la nostra esperienza del mondo “tristemente carceraria” come si legge nella presentazione dello spettacolo.

La letteratura viene disintegrata, non è più scrittura ma ritrova l’oralità come suo fondamento. Così Paolo Spaziani riscopre Artaud come fatto musicale, lo reinventa, mescolando con leggerezza i linguaggi, il francese, l’italiano e quello strano grammelot glossolalico che rappresenta la cifra dell’ultimo Artaud. L’estraneità del poeta francese al mondo, alla letteratura, all’essere, al senso, a quello che Auden chiamava ”il dialetto della tribù” e Artaud stesso “la fogna del pensiero di tutti” è assoluta e con rigore assoluto la voce di Spaziani ce la mostra in tutta la sua radicalità. E la crudeltà di questo teatro si rivela soprattutto nella demolizione dei concetti che puntellano le nostre prigioni mentali.

Così,  in questo che è il più piccolo teatro milanese,  il Teatro Studio Frigia Cinque, con una scenografia spartana, una luce fissa e quasi dolente, con la regia di Letizia Corsini, il 16 e il 17 febbraio di questo 2018,  Paolo Spaziani ha regalato due serate indimenticabili di poesia allucinata,  ispirata a questo grande visionario che è stato Antonin Artaud. La voce di Paolo Spaziani, moltiplicando i moduli sonori, ha spaziato dal soffio al grido, dalla dolcezza all’orrore, senza mai perdere in consapevolezza musicale.

Lo spettacolo si riscopre evento e l’attore un negromante che contrappone il rigore scandaloso della propria musica interiore alla volgarità della rappresentazione. Così l’irrappresentabile della poesia demolisce la scena, la disincarna,  la dissipa. Essa non è più il luogo dove si replicano i rapporti di potere in seno alla società ma la crisi stessa di questi in un linguaggio che desidera ardentemente frantumarli. “Arte Anarchica”, si legge nel volantino di presentazione. Tutto si dissolve tranne la voce,  tranne il corpo, questo grande incatenato nel regno della Metafisica e dei concetti.
   
Paolo Spaziani diventa Antonin Artaud, se questo nome può designare qualcosa di più di flussi, punti di forza, singolarità e ci restituisce così un’antica idea di teatro; è colui che esce dalla folla e comincia la cadenza di un canto tragico, al ritmo del ditirambo dionisiaco, un’idea antica  certo ma paradossalmente colma di un futuro che oggi pare  impossibile,  quando,  come  ha scritto  Foucault: “ Le parole di Artaud apparterranno al suolo stesso del nostro linguaggio e non alla  sua rottura. “