Sfumature

martedì 9 giugno 2020





Leggo, penso, scrivo. Credo che questo sia l’ordine giusto per me. Perché innanzi tutto si legge. Per alimentare il pensiero, fare di esso eco di ogni gesto quotidiano. Infine scrivere, per riformulare quello che si è offerto al pensiero.
  
Leggo un po’,  penso molto, scrivo pochissimo in questo periodo così straniante per tutti, dopo aver scritto intensamente durante la quarantena, come non mi capitava da anni. Ora galleggio in quelle zone liquide, fra il pensiero e la sua  ombra che qualche volta, ma solo in sogno, ho chiamato: la Realtà.
  
Leggo, penso, scrivo e scrivendo offro al silenzio, densa di echi di primordiali aurore, una costellazione di voci che, sempre in sogno, talvolta, ho osato chiamare io.

Così di questo processo elaborato rimane una traccia, questa, che scivola ora in altri sguardi come sintesi di un interiore arrovellarsi la cui sorgente rima con la sua foce: il solito, fragile ma in qualche modo maestoso e incorruttibile, silenzio, dove si erompe e si condensa il tragico, e forse tragicamente vano, grido congelato dell’essere.

Leggo, penso, scrivo. Perché leggere elegge l’universo a luogo di una ricognizione senza tregua. Scruto i segni umani e cerco il senso laddove tutto è flebile  mormorio di un mare ignoto, la cui eco fra le stelle è il gemito profondo delle galassie e che quaggiù, fra i mortali, è anche  il tenero bisbiglio che cresce fra le foglie di una lucida eclisse.