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Una poesia di Aleksandr Blok

domenica 15 settembre 2024

 


GUARDI NEGLI OCCHI I LIMPIDI CREPUSCOLI

Guardi negli occhi i limpidi crepuscoli,

e la città dispone le fiammelle,
ed i vicoli odorano di mare,
cantano le sirene delle fabbriche.

E nell’indomabile trambusto
l’anima alle nebbie è abbandonata…
Ecco un rosso mantello svolazzante,
una voce di donna come corda.

E le tue intenzioni sono timide,
come le pieghe delle vesti d’oggi…
E le donne così spesso abbassano
e loro ciglia-frecce.

Chi hai scorto nella lubrica foschia?
Quali finestre nella nebbia brillano?
Qui il ristorante è chiaro come i templi
e il tempio è aperto come un ristorante…

Inutilmente l’anima è volata
verso questi inganni irrimediabili:
gli sguardi delle donne e i ristoranti
si spegneranno all’ora destinata.

dicembre 1906

***
da “Poesie” – Aleksandr Blok – traduzione di Angelo Maria Ripellino – SE – settembre 2016

Una poesia di Vladimír Holan

sabato 6 aprile 2019




La voce umana

La pietra e la stella non ci impongono la loro musica,
i fiori sono sommessi,  e le cose sin troppo reticenti,
la bestia rinnega in se stessa per causa nostra
l’armonia di innocenza e di mistero,
il vento ha sempre il pudore di un semplice segno
e che cosa sia il canto, lo sanno soltanto gli uccelli ammutiti,
a cui gettasti alla vigilia di Natale un covone non trebbiato.

Si contentano d’essere, e ciò è inesprimibile. Ma noi,
noi abbiamo paura, e non solo nelle tenebre,
ma anche nella prolifera luce
non ci accorgiamo del prossimo
e inorriditi, tanto da prorompere in furiosi esorcismi,
urliamo: “ Sei qui? Parla”.
***

da ”Una notte con Amleto e altre poesie”- Vladimír Holan-traduzione Angelo Maria Ripellino- agosto 2018- SE

Una poesia di Angelo Maria Ripellino

sabato 21 dicembre 2013



“Astres! Je ne veux pas mourir! J’ai du génie!”
Jules Laforgue, Éclair de gouffre



Sonare su un violino in fiamme
una mia seguidilla,
prima che cada il sipario come una ghigliottina.
Mi piace il fragore, il bailamme,
ma la mia vita arlecchina,
veliero viluppo di stracci,
con la sua gracile chiglia
si impiglia in un groppo di ghiacci.
Avanzare con grandi falcate di goffa pavana,
gonfiarsi come una rana.
Riempire di propri scartafacci la stiva,
sognare che il nome
fra tanto oblio sopravviva.
Quanta enfasi, quanta arroganza cetrulla.
O vita, o Hanna Schygulla,
sciantosa di varietà, sulla riva
del Nulla.


Angelo Maria Ripellino

*
da  “Dopo la lirica. Poeti italiani 1960- 2000”  – a cura di Enrico Testa - Einaudi - 2005.