Sulla saggezza mondana, sull'amore e sulla rinuncia- Bhartrhari

domenica 25 ottobre 2009


La potenza del desiderio, della “brama”, è davvero invincibile nelle parole di questo poeta indiano, la cui vita è avvolta nel mistero più fitto; vissuto presumibilmente fra il I e il V secolo dopo Cristo, in questo poema egli lascia brillare soprattutto la fascinazione per l’elemento femminile. Pare una vera e propria ossessione, amara, poiché la donna sfugge, dolcissima, perché la bellezza è pur sempre il fondamento del mondo. Ma “l’impermanenza” delle cose è dolorosamente avvertita come il limite contro cui s’infrange il desiderio e se talvolta la donna è “la porta dell’inferno” e un desiderio di ascesi filtra fra le maglie della brama, questo sogno di liberazione non vale più del desiderio di abbracciare le ragazze dagli “occhi di cerbiatta”. La pace interiore, frutto dell’ascesi, è talvolta vagheggiata, insieme alla ricchezza, e in questa strana duplicità si consuma l’esperienza di questo poeta che all’amore carnale restituisce la centralità e la sostanza di un sogno. Sul tema della vecchiaia spende parole definitive: il terrore della morte, l’avvizzire delle carni, la perdita degli amici”cari come la vita”, non impediscono però alla brama di rimanere viva e sostanzialmente inappagata. E’ davvero il desiderio erotico il fulcro torno cui ruota tutto un universo di fanciulle inattingibili, la caducità è sigillata in questi versi come la traiettoria di un disincanto impossibile, perché la bellezza femminile trionfa anche su coloro che la spregiano, e il turbamento della giovinezza è destinato a rimanere nella mente, nonostante tutto. In alcune strofe la saggezza è desiderata sopra ogni cosa, ed è la pace di una contemplazione non soggetta al desiderio, ma sostanzialmente è considerata anch’essa impossibile. Il poeta è dunque un essere sospeso fra la ricerca della conoscenza, e la gioia dei sensi, ma entrambe le realtà gli sono negate. E poiché “froda se stesso e gli altri/ chi, da finto saggio, disprezza le ragazze/”, Bhartrhari lascia intendere che il frutto della più ostinata ascesi è una bel calcolata menzogna, sebbene in alcune strofe affiori il desiderio di essa, sostanzialmente egli preferisce però il frutto, a volte amaro, dell’amore. “La vita umana è pochi battiti di ciglia” e viene trascorsa nell’insoddisfazione erotica e nell’ignoranza, vagheggiando tesori di voluttà e ricchezze che immancabilmente sfuggono, non c’è pace alcuna e tutto si consuma, tranne la brama perennemente “fresca”, causa di sconvolgimenti e turbamenti anche nella vecchiaia, che oltretutto ha ancora la sfrontatezza di tremare davanti alla morte. Se i piaceri si allontanano per via della vecchiaia lasciano l’uomo in una “incomparabile angoscia” se sono abbandonati per un atto di volontà donano la tanto agognata “quiete interiore”, ma questa grande pace è il risultato di sforzi immani, ed è attributo comunque di pochissimi, poiché grande è “ la potenza d’illusione “. Al povero poeta non resta che lagnarsi di un’esistenza misera, celebrando una bellezza femminile a cui non può avere accesso. Così in queste strofe emergono idee contrastanti e chi si aspettasse una preminenza della rinuncia rispetto all’amore, della religiosità rispetto alla saggezza mondana , rimarrebbe sorpreso, nel vedere come il poeta mescoli le carte, facendo emergere ora una prospettiva, ora un’altra ad essa contraria. In questa dicotomia fra ascesi e voluttà Bhartrhari lascia comunque che il suo canto si componga di tutti i profumi e le dolcezze dell’antica civiltà indiana, e se il ciclo del Samsara è invincibile, e la beatitudine non può essere nemmeno sfiorata, l’unica possibile elevazione consiste forse nel possedere la conoscenza, senza la quale, ammonisce il poeta, “si è bestie”, ma la conoscenza stessa, tanto mitizzata, pare altresì essere solo un baluginare incerto sul vasto mare dell’ignoranza.

Sulla saggezza mondana, sull’amore, sulla rinuncia- Bhartrhari - Adelphi

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