Paesaggio con serpente – Franco Fortini

giovedì 6 novembre 2014






La voce di Franco Fortini ha l’inconfondibile timbro di una poesia sofferta, pensata, lavorata da un silenzio interiore che sfuma in canto sommesso, come fra sé e sé; poesia che è anche  frammento di un colloquio segreto fra il poeta e i suoi interlocutori immaginari, le sue maschere, i suoi fantasmi, i suoi eroi (Shakespeare, Poussin, Tasso, Che Guevara, Brecht…) i suoi amici (Mengaldo cui il libro è dedicato, Sereni, Zanzotto…).

Così questo Paesaggio con serpente, edito da Einaudi nel 1984, a distanza di vent’anni dalla morte del suo autore, conferma l’inossidabile modernità della grande poesia, posta sempre avanti rispetto a qualsiasi attualità di oggi e di ieri, sostanza bruciante di una Storia che sembra sempre più un’accozzaglia di brutalità sconnesse.

Fortini parla da una zona d’ombra, posta fra il proprio personale male di vivere e la speranza perennemente delusa  di una palingenesi più storica che individuale, perché il  poeta come individuo sente di aver già perso la propria battaglia con il dolore.

L’epoca è comunque infida, poiché in essa, come recita un verso che è anche il titolo della prima sezione, noi non vediamo ”il vero che è passato”.  Viviamo dunque in un’epoca menzognera, insidiosa di trabocchetti, in cui la speranza di ricavare un senso si fa via via più flebile. 

Ciò che più conta, però, è che il poeta è riuscito a elaborare, a inventare, una lingua nuova per dire che probabilmente non c’è mai nulla di nuovo nella Storia umana e tutto, ottusamente, si ripete. Così Fortini dà voce a personaggi del passato come Torquato Tasso, descrive scene di vita quotidiana che hanno come protagonista Cartesio, rielabora versi di Shakespeare e di Gongora, fa rifluire il passato nel presente alla ricerca della formula che sintetizzi il caos invincibile della Storia

Crea perciò una lingua nuova in cui gli echi dell’antichità si moltiplicano e si connettono con l’attualità di allora, creando il poeta un tempo alternativo, sintetizzando come in un alambicco una sostanza temporale altra, creando un luogo in cui la Storia è osservata dalla prospettiva della poesia e giudicata un vano affannarsi spesso privo di scopo, dimensione  in cui trionfano caos e disordine.

Quella di Fortini è una poesia spesso colloquiale, che si proietta aldilà della lirica comunemente intesa, colloquio però stregato da dentro, alterato da una forza d’inconoscibile, da un languore d’ignoto, e in cui non manca una forza epigrammatica, quasi oracolare, densa però di scetticismo verso ogni forma di magia stregonesca, di artificio, d’illusionismo retorico.

La sua pare una lingua densa di pause interne che talvolta imita la labilità del frammento ma raggiunge una propria solidità pietrificata, lingua che sembra nascere per moto proprio e al tempo stesso si avverte profondamente scolpita dall’artefice umano.

Straordinaria la poesia Editto contro i cantastorie, dove Fortini si esprime narrativamente, dopo aver descritto una situazione di guerra, che si perde nei millenni, scrive:

“Nel circondario di Liling non è più consentito
di girare per le case per esaltare la primavera e gli spiriti
e di cantare canzoni con accompagnamento di nacchere
chiedendo l’elemosina. La lega contadina
ha arrestato tre mendicanti. Li ha obbligati
a trasportare argilla e a cuocere mattoni.

Ma è bello esaltare la primavera, cantare i poveri morti.
Che male fanno i cantastorie alla comunità?

 I cantastorie sono i poeti di oggi e sempre, il cui canto è ritenuto pericoloso, portatore di disordine in seno alla società,  come vuole anche  la filosofia dell’ultimo Platone.

Paesaggio con serpente è dunque un libro in cui la quotidianità racconta, o prova a raccontare,  la Storia,  e la Storia è caos informe che nessuna legge umana può domare o dominare. Il male di vivere, la disperazione, il disordine, trionfano.

Rimangono, fragili segni di speranza, questi versi che concludono la poesia Un’altra giornata:

Il mancato piacere definitivo
si mutasse in  acquisita intelligenza.
E l’acquisita intelligenza si mutasse
in lode alla creazione.”                                                  



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