Una poesia di Ioan Es. Pop

martedì 14 agosto 2018




pantelimon 113 bis

gli autobus circolano pieni di morti.
al mattino, alla fermata di fronte al palazzo
esausti morti aspettano l’autobus 101.

alle cinque del pomeriggio
gli stessi morti tornano dal lavoro.
sospirano alleggeriti e salgono in ascensore
ciascuno fino alla propria bara, dove quest’estate
non c’è stato  un po’ di fresco.

ho avuto fortuna a  capitare in un palazzo
dove sono tutti morti. ho anch’io
la mia bara, al quinto piano. arrivo
più tardi degli altri. questo però non significa
che sono più vivo. lavoro solo di più
e fuori bisogna che appaia vivo e occupato.
solo che lavoro in modo negligente, dormo troppo,
sono assente, non parlo, bevo in fretta.

ho in mente di andarmene. mi affretto a tornare a casa
almeno prima di mezzanotte, quando
le casse da morto si fanno più fresche, la morte si fa quieta
e non c’è più niente da vedere sulla terra.

allora inizio a pregare. e più prego e più
la paura diventa densa, il male straziante.
ma da qui dall’inferno il cielo sembra risplendere così tanto
anche nelle notti di nuvole.

***

Da “Un giorno ci svegliamo vivi”- Ioan Es. Pop- traduzione di  Clara Mitola – Valigie Rosse- 2016

2 commenti:

Mia Euridice ha detto...

Mi ha messo un po' d'angoscia.

Ettore Fobo ha detto...


Mi spiace, Euridice. In effetti a questa poesia e a questo poeta mancano l’effetto catartico e un po’ di luce. Ma questa cupezza oggi mi attrae.