Venere privata - Giorgio Scerbanenco

giovedì 5 dicembre 2013






Ultimamente il Corriere della Sera ha un’intensa, ricca, a tratti stupefacente,  congerie di attività collaterali al giornale. C’è stata la splendida collana di poesia,  curata da  Nicola Crocetti, la bella iniziativa di graphic journalism, l’interessante collana di autrici femminili, curata da   Dacia Maraini,  e ora approda nelle edicole una riedizione di trenta romanzi di uno scrittore che a suo modo ha segnato un’ epoca, soprattutto come autore  di gialli e di noir: Giorgio Scerbanenco. E’ un autore che desidero leggere da tempo e che non ho affrontato ancora, perché non ho trovato mai suoi libri in giro, pur cercandoli,  l’iniziativa del  Corriere colma così un vuoto.

Il primo romanzo pubblicato  è “Venere privata”  che risale al 1966. E’  anche il primo in cui compare il personaggio simbolo di  Duca Lamberti, medico radiato dall’albo per aver compiuto un’eutanasia con un’ iniezione su una paziente terminale.

Duca Lamberti è  per quei tempi un personaggio innovativo in ambito della letteratura noir ma a suo modo  è il classico antieroe,  in questo romanzo si trova a indagare, suo malgrado, nell’oscuro mondo della prostituzione milanese.

E’ un romanzo interessante  con una scrittura limpida, con la sua durezza di testimonianza della Milano anni ‘60. Non vorrei svilirlo definendolo solo  interessante, si tratta di un bel romanzo, che funziona abbastanza bene ma che denuncia alcuni limiti. Se i personaggi sono credibili e affascinanti, alcuni aspetti della trama mi hanno lasciato perplesso. Trovo che le motivazioni con cui alcuni personaggi (oltre a Duca Lamberti, penso a Livia Ussaro) si gettano sulle tracce degli assassini  e degli sfruttatori sessuali, siano  un po’ vaghe, sembra che non valgano il rischio.  E’ che,  in fondo,  Venere privata, anche se lo dissimula,   è un romanzo di eroi ed eroine, di atti di sacrificio, di dedizione alla causa della giustizia, in cui viene iniziato un ciclo e si ha la sensazione che in sé sia  come una prova generale, un preludio. I romanzi dedicati a Duca Lamberti sono,  infatti, quattro. La fama internazionale arrivò per Scerbanenco proprio grazie a questi romanzi.

Quella che emerge prepotentemente è Milano, la  Milano degli anni ‘60,  nella topografia delle sue strade, nella crudeltà del suo anonimato, nella durezza ferita dello stesso personaggio principale, Duca Lamberti, che viene coinvolto nella vicenda perché deve,  da medico, sebbene radiato dall’Ordine,  aiutare un ragazzo a smettere di bere. Lamberti ci metterà poco a capire che questo ragazzo,  Davide Auseri,  nasconde dentro di sé l’ombra di un segreto.

La sensazione,  però,  è che la trama scorra via in un lampo, dietro “Venere privata”  si intuisce la necessità  di un romanzo più corposo,  che sviluppasse più in profondità i personaggi. E’ il capitolo primo di una quadrilogia e in quanto tale è fisiologicamente monco.

I luoghi sono emblematici, dalla periferia di Rogoredo a piazza Piola, da via Verdi a piazza della Scala, Milano è fotografata con una minuzia quasi ossessiva e pare in fondo un luogo spettrale, notturno, gelido, perché Scerbanenco indaga dentro l’oscurità della prostituzione, dove si muovono personaggi che fondono la più mostruosa crudeltà alla perversione sadica, mettendo la propria psicopatologia  al servizio della Mafia, che organizza lo sfruttamento della prostitute con precisione scientifica.  

La Venere privata del titolo in fondo non può esistere: cioè la figura di una prostituta occasionale, che agisce da sola, senza essere cooptata da un struttura organizzativa delinquenziale.

Il romanzo si esalta nella  ricostruzione di una Milano di notte che ha una  notevole profondità onirica. Oltretutto“ Venere privata”  viene letto con avidità perché la storia funziona, lascia gioco forza nella mente come l’impressione di qualcosa di incompiuto ma anche la sensazione che Giorgio Scerbanenco sia un autore da leggere e che la sua idea di realismo sia una visione della letteratura che può essere ancora attuale e,  per quel che più conta,  raccontarci l’umanità nelle sue lacerazioni.  A suo modo, egli è sicuramente un classico e  questa collana del Corriere, ben curata  anche graficamente,  con una bella copertina a firma di Iacopo Bruno, può essere vista come la sua consacrazione postuma a più di quarant’anni dalla morte avvenuta nel 1969. Unica nota negativa, almeno per il momento: la mancanza di un apparato critico, che contestualizzi l’opera di Scerbanenco, e ne cristallizzi  le linee guida. C’è in questa prima uscita, però,  oltre al romanzo, un scritto autobiografico molto interessante dello scrittore e in fondo  è più giusto iniziare così.

4 commenti:

Mia Euridice ha detto...

Ecco, questo è un autore che mi intimorisce parecchio.

Ettore Fobo ha detto...


Credo di capire cosa intendi, Euridice. In alcuni momenti è scrittura del tremendo. Un romanzo ambientato nel mondo della malavita milanese… ti lascio immaginare. A me interessa, leggerò altro.

Silvia Pareschi ha detto...

Mi attira soprattutto la descrizione della vecchia Milano, a mio parere più affascinante di quella nuova.

Ettore Fobo ha detto...


In questo romanzo Scerbanenco racconta soprattutto una Milano notturna, affascinante e inquietante al tempo stesso. Dopo quasi cinquant’anni essa è radicalmente mutata, tanto che, da quello che ho sentito in giro, chi l’ha conosciuta allora, stenta a riconoscerla. E’ peggiorata? Negli anni diverse persone me lo hanno confermato.