sabato 3 ottobre 2015
Nutrivo grandi aspettative verso
questo romanzo di Philip Dick, Un oscuro
scrutare, ma sono andate deluse. Si tratta di un romanzo contorto,
ingarbugliato, costruito in maniera caotica. Il mondo
descritto è quello dei tossicodipendenti; in un’America del futuro viene
immessa una nuova droga e un poliziotto, Bob Arctor, è incaricato di
infiltrarsi fra i drogati, diventando uno di loro, per stanare i grandi spacciatori. Come sempre
in Dick c’è un’ulteriore complicazione, il poliziotto in incognito viene
incaricato praticamente di sorvegliare se stesso dai suoi superiori che ne ignorano l’identità, grazie all’utilizzo di
una misteriosa tuta disindividuante che confonde i lineamenti di chi l’indossa.
Il poliziotto e il tossicodipendente così si scindono in lui, dove il primo
controlla il secondo. Già questo è sufficientemente intricato e da far
mollare il libro ma io ho insistito nella lettura e mi sono imbattuto in
dialoghi assurdi che forse in alcuni casi vorrebbero essere comici ma riescono solo a disorientare, personaggi
insulsi che delirano platealmente in preda alle droghe e il loro delirio è
futile, riflessioni filosofeggianti in realtà altisonanti e vacue, inutili descrizioni tecniche piuttosto
pesanti, stanchi cliché fantascientifici usati come modernariato kitsch, spiegazioni pseudoscientifiche davvero poco credibili, maschilismo retrogrado (le
donne vengono chiamate tutte “pollastrelle”;
se è una critica implicita al maschilismo dominante meglio lasciar perdere).
Dopo almeno duecento pagine di queste cose il
romanzo migliora un po’ e il meccanismo narrativo funziona meglio. Alla fine la
vicenda di Bob Arctor riesce a essere un
minimo interessante; Dick descrive la sua discesa agli inferi e gli inferi dal di fuori sono sempre attraenti. Un altro
aspetto positivo del romanzo è la sua ambiguità: il protagonista perde
progressivamente le coordinate della sua identità.
L’impressione globale, però, è che Un
oscuro scrutare sia privo d’ispirazione, troppo pieno di cose, un romanzo datato (fu pubblicato negli Stati
Uniti nel 1977) e questo è ancor più grave per un romanzo di fantascienza (è
ambientato nel 1994). È datato perché si capisce pesantemente influenzato dal
decennio in cui è stato scritto. Qui Dick non è il geniale prefiguratore di
mondi futuri, si trascina stancamente per centinaia di noiose pagine e quando
cerca di far ridere, cascano le braccia dallo sconforto. Unico brano che
potrebbe essere definito divertente è il primo arrivo del poliziotto infiltrato,
che si finge un semplice “tossico”, nella comunità di recupero ma
in questo caso la comicità toglie respiro al pathos della narrazione, è un elemento estraneo
che fa apparire semplificata e poco credibile anche la narrazione. Un
oscuro scrutare è un romanzo sull’ambiguità del concetto stesso d’identità,
sull’onnipresenza della paranoia, ma in cui questi temi pure interessanti sono
sviluppati in maniera approssimativa o quantomeno incerta. I personaggi poi non
sono credibili, non hanno profondità, sono interscambiabili. Troppo a lungo la
pagina è abitata da dialoghi al limite di un involontario teatro dell’assurdo.
Ci si chiede come sia possibile che uno scrittore, che in
fondo ha dimostrato il proprio talento come
Dick, possa inseguire per almeno 200 pagine(cioè circa la metà del
romanzo) le farneticazioni di una banda di cretini strafatti. Stavolta le giustificazioni filosofiche
dell’operazione non convincono e questa indagine nella paranoia appare
inconsistente. Non si arriva all’illeggibilità farneticante e pretenziosa del Pasto nudo di Burroughs - che pure
scrisse sul modo della tossicodipendenza quel romanzo fondamentale che è La scimmia sulla schiena - però il libro
si fonda su una narrazione troppo spesso farfugliante e confusa. La scrittura
francamente non funziona, se poi anche la narrazione, la trama, non sono
all’altezza, si rimane perplessi. Quello
che è interessante è il gioco delle mistificazioni di cui Dick è sempre maestro,
solo che in questo libro tale gioco non
produce vertigine o stupore ma noia. Teatro dell’assurdo, dicevo, ma senza lo
spessore un po’ equivoco di Ionesco o Beckett.
Qui oltretutto Dick rincorre un
gergo da strada che la traduzione di Gabriele Frasca, nell’edizione Fanucci del
2006, ci restituisce anche bene ma è una stonatura. La parolaccia è usata
stilisticamente in maniera artefatta ed è spesso fastidiosamente falsa. Tuttavia
Un oscuro scrutare è un romanzo di
culto. Credo che in questo caso la fama di un Dick dannato dalle droghe, il suo
maledettismo, sia l’ingrediente
principale di questo successo del romanzo. O forse mettere la paranoia al
centro di un romanzo costituisce la modernità di Dick, anche se in questo
romanzo ho l’impressione che egli sia
sconfitto sul suo stesso terreno ideale, davvero in Un
oscuro scrutare i consueti ingredienti della sua scrittura paiono
mescolati a caso.
Fra i romanzi che ho letto di Dick questo è probabilmente
il peggiore. Duole dirlo davanti a uno scrittore che ha segnato la sua epoca,
ma si tratta davvero di un romanzo velleitario. Dopo
averlo letto, ai miei occhi Dick, che mi sorprese con la complessa architettura
di Ubik, esce ridimensionato. Un oscuro
scrutare mi sembra davvero un passo falso nella sua carriera di scrittore.
6 commenti:
Che dire? Finalmente!! Ottima recensione , coraggiosa. Quando si parla di Dick troppo spesso l'icona viene prima del libro!
Un oscuro scrutare è orrendo, un guazzabuglio di roba, pure pretenziosa. Certamente riflette uno dei periodi piu devastanti della vita di dick, libro tossico di un, ahimè,tossico.
Grazie Gigi. Aggiungo che è insopportabile anche la nota finale, il commento che lo stesso Dick dedica al suo romanzo.
Ho amato tutto di Dick, anche i suoi difetti. Capisco perfettamente le ragioni del tuo disappunto e da un certo punto di vista, hai perfettamente ragione. I difetti che ravvisi in questo romanzo sono presenti in buona parte dei suoi libri.
In fondo lui era una persona con il cervello devastato da droghe e problemi esistenziali, in più costretto a scrivere a cottimo per campare. Ha prodotto decine e decine di romanzi e centinaia di racconti, molti dei quali non certo di valore. Eppure ... in lui c'è sempre qualcosa che ti cattura, anche solo per una pagina.
Un oscuro scrutare lo lessi la prima volta che avevo 15 anni e mi rimasero impressi proprio quei personaggi così ... disperati e cazzoni nello stesso tempo.
Le discussioni interminabili su cazzate che finivano in risate a crepapancia erano qualcosa che vivevo quotidianamente. Si passava la vita così.
Dick ha voluto scrivere un romanzo "americano" di letteratura "mainstream" con i soi mezzi. I risultati non sono all'altezza, è vero, ma qualcosa della disperazione, dell'allegria, della malinconia e dell'assurdo umorismo dickiano mi sono entrati dentro e sotto la pelle da allora e a distanza di quasi quarant'anni non mi ha ancora lasciato. Fa parte di me.
In altre parole Dick è uno scrittore che non sa scrivere, ma che aiuta a vivere, qualcosa di rarissimo. Per me.
@Massimo
Questo romanzo mi ha deluso anche perché dopo aver letto Ubik (che secondo me è un capolavoro) avevo aspettative altissime. Tra l’altro mi era stato caldamente consigliato da due miei amici assolutamente attendibili. Di Dick ho letto altri romanzi che mi sono parsi molto migliori. Capisco dunque bene la passione per i suoi libri. Lo considero uno scrittore medio e un grande narratore. “Un oscuro scrutare” mi ha deluso ma leggerò ancora altro di lui. M'interessa.
Che coraggio. Libro orrendo? Mi sembra di sognare . Non è il miglior libro di Dick ma le ultime 30 pagine sono semplicemente straordinarie.
@Roberto Rivi
Mah. Non me lo ricordo più. Francamente l’ho rimosso. Continuo a leggere Dick, comunque.
“Ubik,” L’occhio del cielo”, “Follia per sette clan”, solo per citarne alcuni, sono tutt’un’altra musica.
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