sabato 30 marzo 2019
Sveglia
alle sette e trenta, come al solito, e andato, come al solito, tardissimo a
letto.
La
iena delle notti brade non sorride al risveglio. Scopato tre volte, con grassa
pellerossa dal purpureo
viso , come si dice, abbordata tra gli avanzi della notte, con imperiose
tecniche audiovisive: “ La dea Kali del
mio prossimo film”. Imbroglio nottambulo.
A transumanza spermatica conclusa, fu rivelata a lei la verità, neanche
tanto temuta: “Smisteremo insieme la posta” . Ho annusato per un po’ la
sua scomparsa al risveglio; se n’era andata, naturalmente, coi suoi stracci di
squaw alcolizzata e dollari 27 e televisore Mitsubishi seminuovo, dopo avermi
svuotato anche il frigo, ovviamente,
ma chissenefrega, chissenefrega, l’importante
è la salute.
Me
stesso: una morale da yankee ubriaco,
turbamenti da faraone in sarcofago vivo,
faccia messicana atrocemente vizza, fegato di scozzese al bicchiere della
scuffia e queste flaccide natiche da
negro, nell’iperspazio del su e giù pronte per il balzo incandescente: questi lombi da vero
poeta.
Vedo:
la Baghavad Gita, Newsweek, Dostoevskij, Penthouse ai piedi del letto;
ho
dimenticato il verso sospirato nell’amplesso; ma leggo lo stesso su un foglio di carta, abbandonato
fra il dentifricio e lo specchio:
“ Chi non crede nel divenire immortale dell’anima,
non
credo sappia realmente cosa sia
un amplesso fortemente terrestre”.
A
voce alta, per moltiplicare il silenzio.
Lungo
il corridoio infine evapora Bukowski,
arrivando
all’impatto con la porta,
con
già indosso il ghigno necessario
per affrontare il mondo e i suoi sgherri
agenti
di lurida oscurità metropolitana.
Ettore Fobo, Maggio
2005
***
4 commenti:
Eccellente!
Grazie Humachina.
Applauso.
Grazie Euridice.
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