Poesia e vergogna

sabato 27 luglio 2024


 


Che vergogna la poesia! Forse è solo una variante nobile dell’alienazione, una parente stretta dell’angoscia umana, come pensano i più.  Musil sosteneva che il poeta fosse soltanto qualcuno a cui un difetto congenito aveva impedito  di fare il giornalista. Sono anni che m’interrogo su questa vergogna della poesia e cerco di capirne la cause.

Forse perché la poesia è spudorata, mistificazione su mistificazione  i poeti creano la verità della propria carne, per cui un poeta è nudo davanti a tutti, nella sua menzogna e nella sua verità.

Forse perché ci sono troppi  velleitari, troppi aspiranti, troppi wannabe, e nessun lettore. Allora essere poeta diventa la corona del deficiente.

Forse perché il poeta è un isolato, rinchiuso nel carcere dell’arte, come un delinquente comune, clandestino dentro il linguaggio, essere fondamentalmente equivoco che si dedica al delitto della fantasticheria.

Forse perché la poesia è uno sguardo sul deserto in cui il deserto non ha voglia di rispecchiarsi.

Tanti forse non fanno nessuna verità, tuttavia rimane la vergogna gozzaniana, la pacca ignorante sulla spalla che significa “Povero poeta” oppure fra gli intellettuali ”Puah, un poeta. “

La più grande verità la scrisse Guido Gozzano, appunto.

Io mi vergogno,/  , mi vergogno d'essere un poeta!”

Tuttavia talvolta un poeta è acclamato come buffone di corte, in genere da morto. Colui a cui capita da vivo mi comincia a sembrare una foca ammaestrata che scrive versi che nessuno legge ma di cui tutti tessono lodi imbarazzanti,  soggiogati da Fama e Cultura di suddetta foca. 

Il poeta è quasi sempre personaggio alquanto ridicolo, uno  che non pensa solo di far quattrini,  che fantastica invece di rimboccarsi le maniche e dedicarsi a qualche attività lucrativa, quindi in questa società  follemente borghese  è un essere assurdo.

C’è poi un’ ulteriore colpa che peggiora la sua posizione, se questo poeta ha talento è spacciato. Lo percepirà soltanto come un peso e un fastidio, come una condanna all’isolamento. Nessuno lo capirà mai  il suo inutile talento, nessuno darà mai importanza alla sua immaginazione, e quanto più il suo talento di veggente sarà affinato  tanto più il nostro poeta  capirà la società indifferente. Ecco cosa scrive William Carlos Williams:

“E’ un’ossessione di chi ha talento che mediante un attacco diretto o qualche via traversa dell’intento conquisteranno il plauso del mondo. Cezanne. E  poiché alcuni nella vita un minimo di plauso l’hanno avuto, la finzione si è perpetuata. Ma la verità è che l’immaginazione non  essendo nulla, nulla ne sortirà.”

                                                                                                                                     13 luglio 2012

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da "Aforismi di un bevitore di tè"- Ettore Fobo (inedito)

 

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