Due poesie di Gabriele Galloni

sabato 28 ottobre 2017






Le case bianche a perdita
d’occhio, le cancellate
arrugginite. A sfondo
di cartone, sfrondate
chiome di nubi simulano
l’estate del mondo.



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Guardammo a lungo in mezzo al crepitare
del falò i tuoi quaderni che bruciavano,
la carta farsi fumo, farsi aria
irrespirabile: più della storia
tra quelle pagine. Sentimmo urlare
il tuo nome, poi il mio. Ci richiamavano
al silenzio da un oltretomba a caso.

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da “Slittamenti”- Gabriele Galloni - Augh-Alter Ego edizioni– luglio 2017

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Segnalo questa interessante raccolta,  “Slittamenti”, di Gabriele Galloni,  poeta di soli 22 anni ma già dotato di una precisa visione poetica e di una tecnica di buon  livello. Le due poesie  sopra riportate  sono un esempio di questa poesia minimale e cristallina dove una parola centellinata si misura con i grandi temi dell’esistenza,  approfondisce una passione fresca per il paesaggio, soprattutto interiore, sviluppa con molto pudore una dimensione gnomica appena accennata e di per sé incantata: ” quasi ogni Messico/cerca una nuvola”.  

É una poesia  moderna,  in linea con ciò che si scrive oggi ma che mantiene una sua originalità di colloquio che avviene come fra intersoggettività segrete, a guisa  di controcanto che dà della vita una visione realistica ma non disincantata. Pare, infatti,  che Galloni opti per un reincanto del mondo, ma lo fa con leggerezza e senza  solennità, quasi senza crederci.  Non ci sono orpelli in questa poesia essenziale, dove,  però,  alla parola è restituita la sua centralità. Poesia che si ritrae nel suo darsi e si congela in attimi di perplessità quasi divinatoria: “Chiudi la porta; luglio/ è un corridoio in ombra; / i Suoi deserti a ognuno.”


Sono poesie che si leggono volentieri, in cui la periferia con le sue facciate scrostate è il luogo in cui si celebra il mistero del vivere; in cui gli specchi fanno paura perché, come in Borges citato, “moltiplicano il numero degli umani” e nulla trattengono e in cui la semplicità è al servizio di una dizione senza fronzoli, diretta e sicura eppure quasi reticente.

Ricorre spesso la parola deserto, come limite della città, come sua nemesi, non luogo dove essa termina e forse rivela la sua essenza; esso può trovarsi, infatti, oltre un muretto scalcinato che segna il confine senza saperlo. Anche la Storia umana è solo un sibilo che si srotola via sempre più distante. Tutto pare scritto in un soffio, come il fuoco di un fiammifero che illumina per un istante poi subito si spegne. Il libro è edito da Augh – Alter Ego edizioni e ha un’introduzione del poeta Antonio Veneziani.

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