Il poeta Rafael Alberti canta Roma

domenica 19 aprile 2020



Campo de’ Fiori



Patate, bulli, pertiche, pignatte,
uccelli, gufi, plastica, tegami,
camicie, pantaloni, ciarlatani,
vere occasioni che non sono tali.

Prezzemolo, Frascati, agli, ciabatte,
cravatte, funghi, stoffe, gamberetti,
lire scorrenti con cui metti l’ali,
mille volte tu sciogli  e mille leghi.

Campo de’ Fiori, Campo de las Flores,
prodigo dispensiere di colori,
luce, grazia, clamore, complimenti…

Sopra i tuoi vivi fuochi, ormai smorzati,
tristissimo monarca dei mercati,
arde Giordano Bruno eternamente.
***
da “Roma, pericolo per i viandanti" - Rafael Alberti - traduzione di Vittorio Bodini - Mondadori - marzo 1972

***
La poesia non è una merce e dunque non può essere mercificata,  ha mostrato Pasolini,  in maniera indubitabile, scientificamente,  nella scienza propria dei poeti,  quella del canto, della parola purificata, risvegliata dal sonno antiestetico della mera comunicazione. Non è una merce perché non può essere consumata, non si logora con l’uso ma anzi più viene letta e meditata più risplende. È il caso di questi versi scritti dal poeta spagnolo Rafael Alberti, nella splendida versione in endecasillabi fluenti di Vittorio Bodini, poeta anch’egli.

La poesia non sa che farsene dell’io del poeta che come vedete in questi versi,  per esempio,  è completamente assente;  io,  questo  pronome che certifica solo la nostra nullità di spettri nel panorama mobile del mondo,  mondo qui splendidamente reso nel suo dinamismo pittorico, melodico;  il mercato di Campo de’ Fiori è oggettivato nello spettacolo di merci che lo contraddistingue. Enumerazione caotica che mostra la cifra della modernità in cui già Marx vedeva proprio un frenetico accumularsi di merci. Più recentemente il poeta italiano Guido Oldani,  con il suo Realismo terminale,   ha visto nella merce la forza che ha mutato alla radice il modo stesso di fare poesia nel mondo.

È  qui raffigurato un tumulto di suoni, materie, colori, contrattazioni, con il  denaro che passa di mano in mano; qualcuno viene truffato, qualcuno truffa, su tutto svetta  questa luce clamorosa, in cui i colori si mescolano. Al di sopra di tutti questi colori vorticanti sembra trionfare il rosso del rogo di Giordano Bruno, la cui statua domina  la piazza, eternamente nel suo ardore riecheggiando la Storia, che non è lo sfondo ma l’ambiente stesso in cui questa città, Roma, è immersa.

Ed eccola nei versi di questa raccolta del poeta spagnolo, Rafael Alberti: Roma, pericolo per i viandanti, che uscì per Mondadori,  nella prestigiosa collana Lo Specchio, nel marzo 1972, pochi mesi dopo che il poeta fosse  insignito del Premio Nobel  per la  letteratura.  

Qui,  comunque, più che la Roma storica, museo a  cielo aperto,  è quella dei vicoli a essere protagonista,  con il suo tumulto, sospeso fra festa e lutto, città cui l’apparenza di gaudente dolce vita è violata da una profonda inclinazione alla decadenza, quella decadenza propria di quelle città che molto hanno vissuto e fagocitato: anime, corpi, secoli,  ere, popoli, tumulti…

2 commenti:

sinforosa c ha detto...

Una poesia molto suggestiva e figurativa. Bella la lettura che ne fai. Buona domenica.
sinforosa

Ettore Fobo ha detto...


Grazie Sinforosa. Buona domenica a te.