Libro dell’anno 2021

sabato 1 gennaio 2022



Il 2021 mi ha lasciato al solito numerose letture preziose. Prima di parlarvi del libro che considero il più bello che ho letto nell’anno appena trascorso, di cui potete vedere la copertina qui in alto, un breve accenno a quanto di meglio ho letto in questi difficili 12 mesi.

Fra i romanzi “Babilonia” della francese di origini iraniane Yasmine Reza,  di cui negli anni ho letto altri libri ma questo romanzo li surclassa tutti. Innanzitutto per la scrittura, ottimamente tradotta da Maurizia Balmelli,  in questa edizione Adelphi del 2017. Storia polifonica, folle di una psicopatologia del quotidiano perfettamente plausibile, sgangherata, commovente in un modo molto moderno.

Mi piace ricordare poi un romanzo autoprodotto che meriterebbe un editore, “La pistola” di Roberto Parravicini, un’ incursione alla Bret Eston Ellis nel milieu dell’arte milanese, romanzo molto strutturato con un finale sorprendente. Ci sarebbe da trarne un film ma è chiedere troppo al cinema italiano di oggi, forse all’estero.

Sorprendente come  il romanzo  di Stephen King sulla questione dell’omicidio di Kennedy, “22.11.63”, che leggo con un ritardo di dieci anni, in cui lo scrittore americano dimostra, una volta di più, se ce ne fosse bisogno - e purtroppo ce n’è - di essere un maestro di letteratura tout court e un narratore di razza.

King riesce nella difficile impresa di fondere il romanzo fantastico con quello realistico o addirittura storico, sebbene di storia contemporanea. Il viaggio nel tempo è un escamotage che permette a King di elaborare una visione complessa della realtà americana degli anni cinquanta e inizio sessanta.

Un’ultima annotazione: penso che la storia d’amore fra Sadie Dunhill e George Amberson sia incredibilmente struggente, la metto al pari delle più belle che ho letto nella letteratura americana. Faccio qualche esempio: l’amore come lo racconta Hemingway in “Per chi suona la campana”,  John Fante in “Chiedi alla polvere, o Henry Miller in  “Giorni di Clichy”  ed è davvero porre King molto in alto. È ora di spazzare via il pregiudizio che vuole King autore commerciale (anche Dickens o per certi versi anche Fitzgerald lo furono) e soprattutto la letteratura fantastica un sottoprodotto dell’immaginazione. Cosa vera soprattutto in Italia, dove è molto forte la convinzione  - mutuata penso soprattutto da Benedetto Croce - che il realismo sia la vera letteratura.

Fra i saggi ho ammirato la prosa di Benjamin Fondane nel suo “Rimbaud la canaglia”, che pone attenzione a quel  tremendo dissidio metafisico che nessuna logica poté addomesticare che si incarnò potentemente in questo straordinario adolescente che dalle sue ferite fece sgorgare niente poco di meno che la poesia contemporanea (con buona pace del solito Benedetto Croce).

Poi ho letto  le labirintiche riflessioni contenute in “Etica della scrittura” del filosofo Carlo Sini, saggio che mi imporrà ruminazioni molto lunghe e un’elaborazione almeno decennale. Non ne dirò oltre per questo motivo. Mi limito a suggerirlo a coloro fra voi che hanno fiuto per le cose inafferrabili del pensiero più contemporaneo.

Ma è un libro di poesia il mio preferito.  Si tratta di “Egrette bianche” di Derek Walcott. Vi rimando al mio articolo su Lankenauta.

Derek Walcott è stato uno dei primi poeti contemporanei che ho letto. Era il 1992, avevo sedici anni, Walcott aveva appena vinto il Nobel e io lessi “Mappa del Nuovo Mondo”, rimanendone entusiasta. Ricordo che girovagavo nelle fredde giornate decembrine con questo libro nella mia sacca e lo leggevo e rileggevo.

Qualche anno dopo, conobbi il poeta a una presentazione milanese di un suo libro. Mi feci autografare la mia copia di “Mappa del Nuovo Mondo” e poi, finito il giro di autografi, mi avvicinai a lui e nel mio incerto e scolastico inglese lo ringraziai per tutto. Era primavera inoltrata. Avevo i capelli lunghi e indossavo una maglietta con l’immagine di  un gatto. La scritta diceva “I’m the boss”, Walcott strinse la mano che gli porsi e notai nei suoi occhi un certo scetticismo, forse per la maglietta che  osservò perplesso, o forse perché il mio entusiasmo gli sarà sembrato un po’ ingenuo, chissà. Comunque, è andato così il nostro incontro.

Buon anno a tutti.

Ettore Fobo


4 commenti:

Andrea Sacchini ha detto...

22.11.63 l'ho letto due volte e lo considero uno dei capolavori di King. Il pregiudizio che vuole King un autore commerciale io l'ho spazzato via da tempo, così come ho spazzato via il luogo comune che lo inquadra esclusivamente come autore di letteratura gotica dell'orrore. King è molto altro e molto di più, e ridurlo ad autore horror non rende giustizia a uno dei più grandi narratori contemporanei. Quando uscì It, ricordo che molti critici lo paragonarono a Dickens proprio per la sua capacità di narrare l'infanzia e l'adolescenza.
Per quanto riguarda la distinzione tra classici e best sellers, ricordo una bellissima lezione del grande Umberto Eco in cui parlava appunto di questo, in particolare il passaggio in cui diceva che non è la distinzione tra classico e best sellers che fa la differenza tra un buon libro e un cattivo libro, anche perché pure i classici, ai loro tempi, sono stati dei best sellers. Se hai tempo e voglia, questa bellissima lezione di Eco è qui.
Ciao Ettore, e buon anno.

Ettore Fobo ha detto...


Su King, siamo d'accordo. E pure sul resto. I bestsellers non sono sempre sinonimo di spazzatura,gli sn
ob ne vorrebbero fare una regola assoluta ma è un errore. Grazie del link. Umberto Eco conosceva bene la cultura di massa e non la disprezzava in nome di chissachè. Buona anno, Andrea. Speriamo bene, per tutti noi.

zoon ha detto...

buon anno, caro... :)

Ettore Fobo ha detto...


Buon anno a te, Zoon.