Secondo appuntamento con brani selezionati dalla raccolta
mitorealista “Fiori del Caos”: è il turno di una poesia di Silvio Straneo, accompagnata dalla mia nota critica presente nella prefazione.
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Mio viaggiatore illimitato e cinico
come l’orizzonte del Pacifico ove
spacci le tue poesie, i Re Magi girano
al largo, come farebbe un capitano
attorniato da scogliere, secche
e da mine vaganti.
Mio viaggiatore le tue nubi
travestite da ippogrifo vanno al gran lasco
con l’aria di casa che incontra il mondo.
Gabbiani, gabbiani intorno!
In un moto di bianche ali
in un suono che poi grida
un giro di chiglia attendeva
di entrare, la gente. lavorare.
Vola in un paesino ciottolato
bottega di ricordi su terra ferma.
Il mezzomarinaio, che accostava
ora già larga da foulard e canottiera e
su quel mare va, su quel mare va.
Ammainati i piedi al paiolo
scalzi su lapilli solari
sgocciolava il berbero sale
il blu che insiste infinire
verde nel verde cavalcava
la sera covava il fienile
sopiva le pire e beveva
con occhi cipressi: nei viali,
i poeti, sanno pescare.
Il mare è strapotente
e porta sempre via la sabbia
denudando la spiaggia.
Scarroccia il pensier silente
nella lena di caviglie
nell’enigma di un’altra sponda
mare e baia non si fanno male
mare e boia non si fanno male
fiducioso migrato amore.
Trapungere i semi di sesamo
avvolgere al mòdano la rete diafana
della poesia, in simbiosi
come uomo e lama e calarla ogni dì,
reticolando sipario al crepuscolo.
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Originariamente pubblicata in “Filo di spezie”- Silvio Straneo- Aletti Editore, 2018
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Silvio Straneo invece
tratta le parole come un antico vasaio greco, impasta sonorità, tesse metafore
giocose, solca il mare sconfinato che bagna la sua amata Liguria con l’aria
di casa che incontra il mondo.
Se il mare è
strapotente / e porta sempre via la sabbia denudando la spiaggia, l’umano
deve arrendersi alla sua potenza, potremmo risolvere così una questione
che in realtà è molto sottilmente filosofica: il
mare è il
linguaggio. E noi siamo presi in questo vortice di significati disseminati come
una pioggia che feconda terre inesplorate. Siamo dentro un gioco che ci
trascende e trascendendoci disseta i mari che profondamente sono assopiti in
noi, dove il daimon da sempre scalpita per far sentire la propria voce,
anzi la propria
tumultuosa
polifonia. Colla parola vana che ci assiste /acqua viva di tutte le
cose /vibra sonante per donde dell’onde. Con questi versi
Silvio Straneo sigilla insieme in una teca di bellezza la vanità landolfiana
della parola con l’incantesimo di una versificazione pulsante come “acqua
viva”, citando così Clarice Lispector. In aggiunta un suo racconto che esplora
il tema della disabilità in maniera profonda.
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Da “Fiori del Caos”- a cura di Ettore Fobo- raccolta di letteratura mitorealista-Kipple Officina Libraria _ febbraio 2023