domenica 28 settembre 2025
Per dirla in modo semplice penso
che la poesia sia il modo più efficace per raccontare le cose del mondo. Così
anche per raccontare il grido di dolore che sta divampando a Gaza, non c’è modo
migliore che ascoltare i poeti, gli unici che possono, nella loro marginalità di spettri vaganti per una landa buia e terribile, testimoniare la
mostruosità che ha colpito la loro terra e più in generale questo pianeta. La
parola al poeta palestinese Yousef Elqedra (in foto). La poesia è senza titolo:
Posso scrivere una poesia
con il sangue che sgorga
con le lacrime, con la polvere nel mio petto
con i denti della ruspa, con le membra smembrate,
con le macerie dell’edificio, con il sudore della protezione
civile,
con le urla delle donne e dei bambini,
con il suono delle ambulanze, con i resti di un albero che amo,
con tutti questi volti che cercano i loro dispersi,
con la voce del bambino Anas sotto le macerie che dice:
“ Sono ancora vivo”,
con i corpi senza lineamenti
con l’attesa, l’attesa, e ancora l’attesa!
Posso scrivere una poesia con il fragore del tradimento,
con il silenzio nudo,
con la neutralità viscosa, con l’impotenza svelata,
con il servilismo verso l’America.
Cosa può una poesia?
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Yousef Elqedra
da “Il loro grido è la mia voce- poesie da Gaza”- autori vari - Fazi Editore - 2025
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