Le parole dentro il magma - la poesia di Mario Luzi

sabato 5 maggio 2012



Con le prime raccolte La barca (1935) e Avvento notturno (1940) un giovane Luzi ci racconta della sua fascinazione per le giovinette fiorentine, le fanciulle che “non sanno finire d’aspettare l’avvenire”, e che rappresentano  il cuore pulsante di questi versi giovanili, così  spontanei e freschi.  Il poeta fiorentino però non dimentica ”il dolore della giovinezza” e chiedendo perdono per i suoi “ dolci peccati”, tocca il vertice di una prosodia leopardiana, innestata sulla stessa modulazione pessimistica del poeta recanatese- si veda, per esempio, la poesia Il cimitero delle fanciulle, nella raccolta Avvento notturno, dove l’esistenza si mostra “solenne” ma “irta”. 

Lo sforzo di Luzi nel prosieguo della sua poesia è ribaltare questa nozione del negativo in una superiore accettazione;  la consapevolezza del dolore e della vanità trovano una requie nelle serenità apollinea con cui il poeta procede nella versificazione,  che assorbe le tensioni contemporanee e le restituisce purificate dalla stessa classicità del poetare, fondamentalmente  sereno,  anche se aggredito  da un’interiore  ansia, assennato, anche se arso dalla febbre del divenire, quieto, anche se roso dall’inquietudine dell’incomunicabilità,  e mai sopra le righe. E’ forse il limite della poesia di Luzi questa pacatezza, che non viene mai meno, e rende i suoi versi classicamente belli ma un po’ asettici, poco sanguigni ma questa pare un po’ la cifra stessa della poesia italiana del Novecento. Luzi non grida, non strepita, è sempre così attento a contenersi che la sua poesia, pur bella, non riporta mai nessun eccesso, non registra il grido dei viventi piuttosto il loro opaco balbettio.

 Ansia, uggia, dilemma, sono le parole che ricorrono spesso a sottolineare l’inquietudine  del poeta e di un’intera epoca, anche se il dettato di Luzi sembra estraniarsi dalla Storia e inseguire una propria purezza atemporale. Inizialmente   è  presente una forte componente cristiana che poi via via sfuma per ricomparire nello scritto La passione, interessante riscrittura dei Vangeli, testo  che fu commissionato al poeta nel 1999 dalla Santa Sede stessa, in occasione dell’allora imminente Giubileo.

La critica riconosce ormai nella raccolta Nel magma(1963)  il vertice di questo percorso poetico, di stampo chiaramente eliotiano, con frequenti echi danteschi: in questa silloge Luzi utilizza la conversazione borghese in termini stranianti, creando una dimensione che lo avvicina ai film di Antonioni, nella similare denuncia dell’incomunicabilità e dell’alienazione, di “questa malattia di non amore che/ dilaga. – “, come si legge nel poemetto  Nel corpo oscuro della metamorfosi, tratto dalla successiva raccolta Su fondamenti invisibili(1971).

Nel magma è una raccolta stratificata, dove il dialogo sembra farsi impossibile, e dove Luzi aduna “ le potenze della mente/ in un punto solo fra desiderio e ricordo”.
C’è un’oscura colpa che affossa il poeta, colpevole di essersi sottratto alla lotta, di essere precipitato nel mutismo, è la colpa sempiterna del poeta che, se si sottrae alle contraddizioni del sociale, lo fa per accordare “ le sfere d’orologio della mente/ sul moto dei pianeti per un presente eterno.” Quindi diventa un isolato e il suo linguaggio diventa incomprensibile ai contemporanei, “moltitudine/ morsa dalla tarantola della vita.”  Sospeso fra il “timore del mutamento” e la sua necessità, Luzi riconosce nell’epoca lo svuotamento, l’apatia, l’afasia, l’inerzia che la condannano. L’anima, in questa dimensione puramente negativa, si trova così a non desiderare più nulla, a rifiutare la vita, divenuta impossibile e opaca:

“ E l’anima malata al punto che non solo/ non ha pace/ ma non vuole pace, non desidera niente/ rifiuta il nutrimento, rifiuta la vita”.

Così come Montale ricercava” il punto morto del mondo”, “l’anello che non tiene”, Luzi cerca “ il punto pullulante dell’origine continua”, scoprendo alla fine della sua angosciosa ricerca “ il mutevole e il durevole/ strettamente mischiati alla sorgente”. “Una tortura di dilemma” s’insidia spesso nella mente del poeta, che con dolore e fatica traversa le lande del dubbio, un luogo “ non posseduto dal senso”, e la sua poesia è attraversata sempre da “oscura una domanda” che trova risposta solo nel “vibrare delle immagini” che al massimo può raccontarci qualcosa del “ fulgore dell’effimero”. Progressivamente la poesia di Luzi sembra frantumarsi, perdere di unità - una sua raccolta s’intitola genialmente Per il battesimo dei nostri frammenti (1985) - sebbene sia sempre presente una tensione che conduce il poeta aldilà delle apparenze, nella speranza di ricongiungersi con il tutto, per “ tutto definitivamente essere”.

L’opera di Luzi così sforza la tenebra, apre a dei bagliori di conoscenza ottenuta“ a sprazzi nel buio”, sfida l’afasia contemporanea, tenta il fuoco della divina “ compresenza/ del tutto nella vita e nella morte”, e nel suo libro forse più luminoso, Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini(1994),  troviamo questa straordinaria poesia, sintesi e traccia di una forse inappagata e inappagabile tensione al positivo dell’essere, alla “scienza dell’universo, il canto”:

“E’, l’essere. E’.
Intero,
inconsumato,
pari a sé.
                Come è
diviene.
             Senza fine,
infinitamente è
e diviene,
            diviene
se stesso
altro da sé.
           Come è
appare.
                               Niente
di ciò che è nascosto
lo nasconde.
                        Nessuna
cattività di simbolo
lo tiene
              o oltre la guaina lo presidia.
O vampa!
Tutto senza ombra flagra.

E’ essenza, avvento, apparenza,
tutto trasparentissima sostanza.
E’ forse il paradiso
questo? oppure, luminosa insidia,
un nostro oscuro
ab origine, mai vinto sorriso?”

Così Luzi appare un poeta parmenideo, reso inquieto dal divenire che tutto spazza e interessato alla sostanza immutabile, a quel motore immobile che può donarci come in sogno “l’eterno presente” cui aspira la sua poesia, anche in questo classica, anche in questo misurata;  una poesia dell’essere, consapevole però del vuoto sotteso a questo sforzo di recupero di una dimensione sapienziale,  in cui la parola possa volare alta sopra i frantumi del tempo e del divenire, fuoriuscendo dal magma contemporaneo della sua mancanza di significazione.

2 commenti:

paola lovisolo (nevedicarne di cara polvere) ha detto...

ribadisco il mio interesse per la cura e gli approfondimenti di questo tuo spazio molto interessanti come questa analisi nella poetica luziana. di Luzi amo 'Nel magma'proprio per la sua ispirazione ed allineamento a Dante e a Eliot alla sua capienza e capacità amorosa nel riconoscersi e sentirsi in questi due immensi poeti e cercare/creare in sé una poetica altra altamente vibrante senza mai cadute liriche di avvitata retorica. aggiungo autoreferenzialmente che nei versi di Luzi dopo avere letto questa silloge non mi sono più trovata compresa come (mi) avesse già donato tutto.
un saluto a te.
paola

Ettore Fobo ha detto...

Il mio rapporto con Luzi comincia intorno ai vent’anni quando lessi per la prima volta le opere complete nell’edizione Garzanti. Poi negli anni si è approfondito con la lettura di altre antologie, ognuna delle quali mostrava un frammento di questa poetica così vasta. Capisco quando scrivi dell’assenza di “avvitata retorica”, il suo stile è sempre alto e pulito, persino troppo per me che generalmente amo una poesia che sappia anche sporcarsi con il fango della strada. Ti ringrazio dell’apprezzamento, Paola, un saluto.