Oltremuro – Alex Tonelli

sabato 21 febbraio 2015







Ci sono poeti che scavano nella parola, nel silenzio e Alex Tonelli è uno di questi. Ritmi cesellati, emorragie di parole musicali sono accanto a costruiti labirinti melodici, le parole scarnificano il bianco della pagina, così come il marmo imprigiona la figura da plasmare nelle teorizzazioni dell’ultimo Michelangelo, così la pagina bianca è per Tonelli una miniera di ritmi, immagini, visioni.  Si scava dunque, oltre la realtà perché la realtà è la prima delle illusioni, dentro visioni vaste e ingannevoli come la Storia. 

Poesia scavata è la prima impressione di questo Oltremuro, edito da Kipple Officina Libraria, poesia come metodo per accedere alla conoscenza, di sé,  del mondo e soprattutto, come vuole l’estetica connettivista, di cui Tonelli è uno dei principali interpreti,  specie in ambito poetico, di ciò che oltrepassa, trascende:  le convenzioni, il sé, il mondo. E si finisce per raccontare il niente fuggevole di una visione, nella poesia Misericordia e il nome, dove la parola si sottrae alla benedizione divenendo blasfema, oppure altrove  si rivela essere, per una contorsione del senso,  Cabala del silenzio”, e il poeta è uno che compie ”l’ evocazione”, attorniato dal buio che è come  il  nero inchiostro della sua anima;  tanto sono intense queste poesie, tendendo alla rarefazione estrema del segno. Tonelli opera per condensazione: scatti improvvisi dei nervi, grida soffocate, emozioni impetuose, incubi neri, slanci lirici, vengono fusi nello stesso alambicco dal poeta alchimista.

Perché Alex Tonelli ha il dono di sintetizzare in pochissimo spazio fisico le grandi praterie dell’immaginazione, un’immaginazione che si vuole, ci sembra,  soprattutto gotica, spettrale, dimensione in cui il tempo si dissolve e tutto si rivela polvere, vuoto, assenza. Non c’è dubbio che in diverse poesie si senta l’eco di poeti contemporanei, Mark Strand su tutti, nella sua denuncia della vacuità dell’esperienza umana, nell’inganno del tempo. Affiora talvolta anche Charles Simic, per esempio nella poesia La morte mi ha attraversato la strada, dove  Tonelli attinge al quotidiano, narrando di ”precedenze mai rispettate”, sotto un sole definito ”inutile”. Altrove si sente l’eco di Bonnefoy, della sua ricerca sospesa fra l’onnipotenza e la fragilità della parola, fulcro del mondo.

Quella di Tonelli è una poesia che amoreggia con le tenebre, flirta con il buio, non ama la luce ma si alimenta di penombra. Talvolta il buio è un incubo ”nero/ vorace” che ci soffoca e ci inghiotte. Siamo alle radici di un idioma originario che svanisce, una lingua primordiale di cui ogni poesia è solo la traccia, il calco, se vogliamo. Il linguaggio di Tonelli racconta sempre di una frantumazione, di una distruzione, e si configura come cumulo di schegge, dove “cataste di brusii” incontrano “frattali di sillabe” e misteriosamente una qualche unità è raggiunta dalla polverizzazione, dall’apocalisse del linguaggio stesso, dove apocalisse è sia l’evento catastrofico che una rivelazione,  come vuole l’etimologia. Così in questi versi rivelazioni filosofiche sulla natura del tempo sembrano affiorare dal brontolio del mare:

Vi sono giorni in cui la pioggia è sottile
Il Mare del Nord brontola lontano
E il tempo non è altro che assenza.”

Il reale è attraversato da crepe, squarci, traverso cui si vede ciò che sta oltre, ciò che non è irreggimentato nel senso ma balugina melodicamente, spesso traverso un ritmo sincopato, ricordandoci che  la poesia contemporanea è proprio  una congerie di ritmi, che scolpiscono figure di suono: “Parola, parola. Corre. / Clivo. Infranto in niente. / Voci. Mormorio. Altrove. / Giaccio. Immoto pianto./ Funebre canto.” La Storia diventa un luogo mitico, e soprattutto Tonelli racconta la prima guerra mondiale, nella quotidianità del chiacchiericcio delle governanti slave, nell’attesa che inizi una messa, nell’odore delle verdure stufate, nel profumo del mare, nell’”infausta Sarajevo”, dove un “serbo ribelle” uccide l’Arciduca, mettendo in moto il meccanismo di una guerra che avrebbe insanguinato l’Europa. In queste poesie la guerra stessa è solo annunciata, prefigurata, Tonelli si situa sempre sulla soglia dell’evento, perché ciò che lo emoziona non è il compimento ma l’attesa.

Il poeta è un essere mitologico: metà hidalgo, metà folle predicatore, metà cenobita, metà eresiarca, metà santo,  metà spettro di cui una misteriosa risata si fa beffe. Nella poesia Walk in Hell una potente ironia demistificante ricorda ancora una volta alcune poesie dello Strand maturo:

“Passeggiare all’Inferno può esser divertente /Un paio di assassini, uno stuolo di pretini/ Poeti in vacanza/ Qualche cannibale onesto/E se si è fortunati un papa funesto/ Non mancano le risse e le feste all’aperto/Balere sempre aperte e spettri danzanti/L’ingresso non è affatto costoso/Serve in fondo essere solo un po’ morti”.

Così la poesia di Alex Tonelli oscilla fra l’incubo gotico, la riflessione filosofica, il quadro storico, l’ironia dissacrante, l’atmosfera zen di alcune prose, egli gioca con i miti della nostra cultura, non perdendo mai la sua vicinanza con il cuore pulsante del ritmo.

5 commenti:

kipple officina libraria ha detto...

Magistrale. Io ho già letto le poesie, ma ora le riesco a cogliere molto meglio. Grazie.

Mia Euridice ha detto...

Bella.
Spero arrivi anche su Lanke!

Ettore Fobo ha detto...

@ Kipple, Euridice

Vi ringrazio. Lo invierò a Lankelot ma non subito.

Logos ha detto...

Grazie Ettore... come trovare parole per ringraziarti della tua lettura, della profondità con cui hai scavato le mie poesie e la riflessione che ne giace?
Grazie...
Alex

Ettore Fobo ha detto...

@Logos

Ho voluto semplicemente dare il mio piccolo contributo alla conoscenza e diffusione della silloge, perché merita. Un caro saluto, Logos.