Lo sguardo della matrioska

domenica 24 gennaio 2021


Ci sono infinite rappresentazioni della realtà, non c’è la Realtà. Un’immagine della totalità del reale è il prisma più che il monolite. Idem per la Verità, questo enorme totem concettuale, che perennemente si disfa,  si sbriciola, si sfalda, sotto i nostri occhi,  che sempre lo ricodificano, lo riuniscono, come accade con i frame televisivi. Ogni sguardo coglie se stesso nello spasimo della propria evanescenza, ogni voce si scopre un soffio del non dicibile, ogni pensiero un  frammento dell’inclassificabile, ogni verità un’orma dell’inconoscibile.

 La Verità…

Per un attimo la sogniamo scolpita nei cieli  con la stessa brillantezza di un assoluto.

Così ci seduce, prestando questo fiato di voce  a un’ infrangibile consistenza. Così nel momento che una verità ci balena nel cranio, quando qualcosa nel nostro cranio si confessa come verità,  essa sembra dare una consistenza, una solidità, addirittura una sostanza,  a tutta quella fluttuazione di pensieri casuali che chiamiamo la nostra personalità o addirittura, se inclini a una visione religiosa dell’esistenza, la nostra anima. Che trucco. Che burla. Per noi così fatalmente fragili, così nulli, così legati alla corda del Senso, perché fatalmente,  profondamente … insensati: come la vita che,  non avendo una grammatica, non può rientrare in nessuna categoria di Senso. La vita dunque, se reale, non significa nulla. Il suo significato è solo il nostro sogno verbale. La nostra, direbbe Rimbaud, “allucinazione di parole”. Gli antichi chiamavano questa dimensione il Mistero,  i moderni l’hanno chiamata l’Assurdo. Da perfetti post moderni  attendiamo nuove parole.

 

 

4 commenti:

Andrea Sacchini ha detto...

Magari troveremo anche nuove parole ma il concetto non cambierà: la vita non ha senso. Siamo noi, se abbiamo voglia e se riteniamo ne valga la pena, a dargliene uno.

Ettore Fobo ha detto...


È così Andrea. Nessun ordine morale del mondo e nessun Senso che non sia una mera proiezione soggettiva.

Massimo Fantuzzi ha detto...

Preciso come sempre. Mi viene in mente Montale col suo componimento, Forse un mattino andando in un'aria di vetro. Anche in quello come in questo, inganni ed ingannati recidivi, miracoli e miracolati inappellabili, scoperte invenzioni dal nulla del vuoto che non si è ancora stancato di pedinarci. E come per quello come per questo e come per sempre il rimedio sarà sempre lo stesso. Silenzio e continuare a non guardare mantenendo il più stretto segreto (pena il collasso sistemico).

Ettore Fobo ha detto...


Sì Massimo, grazie. Conosco bene i versi che citi di Montale, è una delle sue poesie che so a memoria, azzardo di dire che fra le sue è la mia preferita. “S’ accamperanno di gitto alberi case e colli/ per l’inganno consueto”. Stanco del mondo, della volontà e delle sue rappresentazioni, mi accingo a vedere nel caos l’unico motore immobile di queste mistificazioni. Sono soprattutto stanco di coloro che credono di detenere una qualche verità, la loro saccenza spesso mi esaspera. Io coltivo il più radicale dei dubbi. La mia fede? Veniamo dal nulla, al nulla torniamo. E fra nulla e nulla qualcosa di diverso? Affondiamo tutti nel più velenoso dei nichilismi. Sto riflettendo sulla filosofia di Emanuele Severino, spero non invano. Un caro saluto.