Una poesia di Benjamin Fondane

domenica 12 settembre 2021



La noia

Nella casa del silenzio con edere e ortiche

piena del sonno di gufi torvi dagli occhi piccini,

nessuno sa quando l’autunno sia entrato in casa,

e da quando gli anni abbiano abbattuto le pareti per uscire.

Una campana sorda chiamava a pranzo e all’ora di dormire:

e il suo rame era logoro e arrugginito,

io l’ascoltavo gemere  con la bocca incollata sulla pietra

trattenendo l’intonaco e lo scorrere del tempo.

Con occhi verdi, i gatti di porcellana hanno fatto le fusa per

la partenza  nel mondo di coloro che non hanno fatto più ritorno:

ma si udivano, di sera, come gemiti di puerpere, tocchi al pianoforte

che si attardavano sulle mani, quasi fossero delle labbra.

Forse è la mamma che sonnecchia sul divano, qui –

sferruzza calze di soffice lana per i nonni.

Se all’improvviso cadessero le piogge rossicce,

esse fluirebbero di nuovo attraverso le membra, come nelle grondaie,

e sarai a casa solo, nella più monotona desolazione –

 

come un selvaggio Robinson nella sua isola.

 

[1920]

***

Da “Vedute-Poesie 1917-1923” di Benjamin Fondane – traduzione di Irma Carannante, cura Giovanni Rotiroti – Edizioni Joker  - aprile 2014

2 commenti:

Andrea Sacchini ha detto...

Bellissima. Mi piacerebbe saper scrivere poesie, ma probabilmente non ho il necessario grado di follia per farlo.
Ciao, Ettore.

Ettore Fobo ha detto...


Follia sì. Ne parla molto bene Umberto Galimberti, in maniera non banale, da par suo. So che anche tu lo leggi. Ciao, Andrea.