martedì 23 agosto 2011
Negli anni Settanta le Edizioni Accademia uscirono con una magnifica collana di poesia, Il Maestrale, che annoverava fra gli altri Laforgue, Majakovskij, Blaise Cendrars, Saint John Perse, Pierre Jean Jouve, Fernando Pessoa, Jorge Carrera Andrade.
Oggi solo nei remainders è possibile trovare qualche libro, io ho recentemente scovato un’antologia di Ernesto Cardenal, poeta vivente del Nicaragua, simbolo della lotta contro ogni forma di dittatura. Il titolo, La vita è sovversiva, è un’idea dell’editore, che sintetizza così il percorso di questo poeta straordinario dalla fine degli anni Cinquanta fino a meta degli anni Settanta.
Cardenal è un poeta che si muove fra impegno politico e misticismo, fra cronaca e storia del suo paese, dove un sanguinario dittatore, Somoza, sequestra, tortura e uccide gli oppositori del regime. Nel poemetto Ora 0, in particolare, Cardenal indaga i motivi economici dietro questa dittatura, che trova la sua origine e la sua giustificazione nello sfruttamento delle risorse del paese da parte di multinazionali statunitensi, le quali hanno imposto al Nicaragua la monoproduzione di banane, snaturandone il tessuto. Gli Stati Uniti d’America hanno perciò sostenuto e imposto questo dittatore, cui si oppone Sandino, che Cardenal descrive come un eroe, sebbene per Somoza e i suoi alleati stranieri egli non sia nient’altro che un volgare bandito. L’esercito di Sandino è retto da un principio di uguaglianza e di fratellanza che commuove il poeta: “ e avevano una gerarchia militare ma tutti erano uguali / senza distinzione nella divisione del cibo/ dei vestiti, con la stessa razione per tutti”. La loro sorte è però segnata: saranno tutti uccisi.
Attraverso l’enumerazione caotica, la ripetizione dei nomi delle compagnie, il poeta raggiunge effetti stranianti e grotteschi, sulla scia di Pound analizza minuziosamente le ragioni economiche che stanno dietro la politica. Somoza è la figura oscura del nemico del popolo, si esprime in inglese, a rimarcare il servilismo verso gli americani, ed erige una statua di se stesso, non tanto per garantirsi una posterità, ma perché, come Cardenal gli fa dire, ” so che la odiate”. L’odio verso il dittatore, l’amore per la giustizia, il nesso tragico fra amore e rivoluzione, sono le principali caratteristiche delle poesie iniziali, che precedono la conversione al cattolicesimo, Cardenal infatti diventa frate negli anni sessanta e da allora poesie che hanno Dio al centro si moltiplicano, con esiti interessanti, con riscritture bibliche dei salmi e dell’Apocalisse in chiave moderna.
Una delle poesie più intense è dedicata a Marilyn Monroe, “piccola commessa” che voleva diventare una star del cinema e ci è riuscita, risultando però stritolata dal meccanismo della fama. Cardenal è anche capace di descrivere le difficoltà di chi si oppone al regime, le sue angosce, la sua giustificata paranoia.
Egli è un poeta che costantemente denuncia le storture del capitalismo, vagheggiando un’età dell’oro, quella degli Incas, in cui non esisteva denaro, proprietà privata, e si viveva dentro una sorta di proto socialismo, che permetteva ai nativi di vivere serenamente. Con l’avvento dei colonizzatori, prima europei e poi statunitensi, tutto questo finisce e questi paesi conoscono l’oppressione di regimi imposti dalle logiche del capitalismo.
Cardenal agisce linguisticamente giustapponendo immagini naturali a considerazioni di economia politica, mescolando cronaca ed epica, mistica ed epopea. Gli eroi positivi sono Sandino, Che Guevara, o gli oscuri combattenti senza nome, morti per liberare il Nicaragua, lo sfondo mitico è rappresentato dalla civiltà degli Incas, terra promessa, libera e solenne, utopia positiva che si contrappone a quella negativa del capitalismo, vero nemico della libertà e della vita stessa.
In tale contesto la poesia è testimonianza storica e politica, abbandonate le liriche giovanili d’amore (sempre sulla scorta di Pound, c’è un’ Imitazione di Properzio, per esempio), Cardenal esplora una dimensione di poesia narrativa; qui la parola rivoluzione non è vuota come dalle nostre parti, i dittatori del Centro America sono descritti come dei mostri che affamano la popolazione, servi del potere economico degli stranieri, asserviti come sono alle logiche di multinazionali, nominate una per una, le quali causano con le loro speculazioni la povertà di questi paesi.
Cardenal denuncia anche l’ambiguità della sua stessa Chiesa, la quale spesso sostiene, almeno nelle alte gerarchie, questi oppressori del popolo. Fu perciò redarguito da Wojtyla quando negli anni Ottanta aderì a un governo d’ispirazione sandinista.
Ernesto Cardenal è una di quelle figure, molto sudamericane, di religiosi legati alla teologia della liberazione, il suo grido di libertà vuole scuotere la stessa divinità, per farla partecipare alle sofferenze della gente comune, la sua poesia s’immerge in tutte le contraddizioni, facendo risplendere, oltre che l’amore per la libertà, l’orrore verso una società in cui i forti schiacciano i deboli, e l’amore, “ comunione con la specie” diventa quasi un’ ambizione da eroi.
Nonostante la precisione cronachistica di questi versi, essi raggiungono una dimensione universale: il poeta nicaraguense esprime il suo desiderio, forse utopico, forse ingenuo, di un mondo in cui, sulla scia dello studio di Marx, non esiste più sfruttamento e il popolo, tornato libero, può riflettersi nei cicli naturali, come ai tempi degli Incas, quando la terra apparteneva a chi la coltivava, e il compito dello Stato era unicamente quello di sfamare il popolo, e non di prostrarlo, avvilirlo, renderlo schiavo.