sabato 23 aprile 2022
Un mio nuovo articolo su Lankenauta. Parlo di “Chthulupunk” di Lukha B.Kremo. Buona lettura.
Ettore Fobo
avamposto mitorealista di lotta poetica
Ettore Fobo
Pubblicato da Ettore Fobo alle 12:47 0 commenti
Etichette: Ettore comunica, Lankenauta, Lukha B. Kremo
La madre è il leone nero
che infrange a unghiate
la cupola dell’infanzia.
Sapere è bucare la luce
aprire varchi d’ombra.
Questi pezzi disseminati
sono l’ultima misura del danno.
***
Da “La disponibilità della nostra carne”- Laura Liberale- Oèdipus - Febbraio 2017
Pubblicato da Ettore Fobo alle 12:20 0 commenti
Etichette: Laura Liberale, poesie
Io canto il Lambro dalle labbra fetide
che oltre l’orizzonte degli aceri è regno
di nutrie topi orribili rospi e chimere.
Pozze di liquame industriale,
copertoni d’auto, taniche di benzina
lo infestano che limpido
ancora il suo nome risuona.
Intossicato dalla Storia, come noi tutti,
fiume dell’umana lordura io ti canto.
Lungo i tuoi argini vive negletta
una popolazione oscura,
oscena forse, nell’ombra che vive
una vita molesta.
Io canto il Lambro dalle labbra fetide,
dalle acque infette e onoro
la smorfia sfigurata degli aceri
che giunge fino al cielo.
Nostalgia di un fiume tu sei,
ricordano i vecchi la tua limpidezza;
Milano, mostro acefalo,
ti ha reso ciò che sei diventato:
a cielo aperto fogna di tutto e di tutti.
Ho pietà di te, fratello fiume.
Ettore Fobo (marzo-aprile 2022), inedito
Pubblicato da Ettore Fobo alle 19:11 2 commenti
Etichette: Lukha B. Kremo, poesie di Ettore Fobo
Verso la parte dove nasce il sole
È raccolta gente di ogni tipo
E grandi animali di ogni tipo
Proprio raccolti tutti insieme, come gente.
Anche gli insetti di ogni genere,
Proprio raccolti là, tutti insieme
Da quali mezzi o modi non sappiamo
Veramente, uno solo di tutti questi
Era il più grande,
ispirante tutti i pensieri,
La grande roccia bianca,
che si erge tanto alta come i cieli.
Avvolta nella nebbia,
Proprio alta come i cieli.
Così i miei piccoli parleranno di me,
Tanto a lungo quanto viaggeranno sul sentiero della vita,
Così essi parleranno di me
Tali erano le parole, è stato detto.
Poi prossimo della fila
Tu, maschio della gru, stavi
Col tuo lungo becco
E il tuo collo, lungo più di tutti,
Là, col tuo becco tu colpisti la terra.
Questa sarà la leggenda
Del popolo antico, del popolo rosso
Così ai miei piccoli parleranno di me.
Poi nella fila stava il maschio
Del lupo grigio, il cui urlo
Sebbene emesso senza sforzo, faceva veramente
Tremare la terra,
tremare anche la stalla di terra.
Tale sarà la leggenda del popolo.
Poi nella fila stava Hega, la poiana,
Con il suo collo rosso.
Stava con calma, le grandi al spiegate,
lasciando che il calore del sole raddrizzasse le sue penne.
Lentamente mosse le ali,
poi si lanciò in avanti, benché con sforzo,
Dispiegando così una potenza (dono di Wakonda)
Che spesso raccontano i vecchi nei loro discorsi.
***
Da “ Canti degli indiani d’America” – a cura di Silvio Zavatti – Newton Compton Editori - 1977
Pubblicato da Ettore Fobo alle 12:05 2 commenti
Etichette: poesie
Quello che state per leggere è il Secondo Manifesto del Mitorealismo del Sottosuolo e prima manifestazione del Movimento onlin...