Mattina, pensando
all’impero
Premiamo le labbra sull'orlo smaltato delle tazze
e sappiamo che un giorno questi grassi
sprigionati dal caffè fermeranno i nostri cuori.
Gli occhi e le dita si abbassano su argenteria
che non è argenteria. Fuori dalla finestra, le onde
si abbattono sulle mura sbrecciate della città vecchia.
La tua mano si leva dalla tovaglia ruvida
come per una profezia. Tremano le tue labbra...
Vorrei dire al diavolo il futuro.
Il nostro futuro è ben nascosto nel pomeriggio.
E' una strada stretta con un carretto:
il conducente ci guarda, esita,
poi scuote il capo. E intanto
rompo tranquillo l'uovo di una bella gallina livornese.
I tuoi occhi s'annebbiano. Ti volti e guardi
sopra i tetti, verso il mare. Perfino le mosche riposano.
Rompo l'altro uovo.
Di certo ci siamo sviliti l'un l'altro.
Raymond Carver
***
da “Orientarsi con le stelle” – Raymond Carver – traduzione
di Riccardo Duranti e Francesco Durante-
minimum fax – aprile 2013
***
La poesia di Raymond Carver è
un’avventura incredibile, un viaggio in cui si rischia di acquisire nuovi occhi
sul mondo e partecipare di una visione che è tanto vasta da rendere
l’appartenenza al minimalismo del suo autore una questione perlomeno
complessa.
Dal mio osservatorio i suoi
stessi racconti, alla luce di questo straordinario libro, Orientarsi con le stelle, tradotto per minimum fax da Riccardo
Duranti e Francesco Durante, paiono solo un riflesso della potenza creativa qui
espressa. Si tratta della proposta dell’intera opera poetica di Carver, in un’edizione corposa di circa 500
pagine, priva, per ovvie ragioni, del
testo a fronte.
Sono versi in cui il quotidiano
si specchia nella storia o meglio la storia stessa si rivela intessuta di
piccoli gesti, atti insignificanti, momenti non eroici ma ricchi di quella
umanità che è la cifra stilistica del suo autore, il quale si sentiva poeta
prima ancora che narratore, cosa non inusuale per chi viene visitato da quella
energia impersonale che chiamiamo poesia ma difficile da spiegare ai più che
prediligono la narrativa forse per avere qualcosa di più stabile da stringere
fra le mani: una storia.
Nella poesia di Carver le storie
si moltiplicano e ci disorientano, i tempi e gli spazi s’intersecano, mostrano
connessioni segrete; la moschea di Jaffa, Rodi, i luoghi della provincia
americana, la Spagna, materia di luce, di Machado, la Parigi di Balzac,
l’antica Macedonia di Alessandro Magno, l’Ellesponto di 2500 anni fa, la Persia
di Serse, la Zurigo di Joyce… si scoprono fluttuanti nello stesso
caleidoscopio di impressioni, momenti di una stessa ricerca espressiva.
Prendiamo la poesia qui riportata,
per esempio, questa Mattina, pensando
all’impero, dove sin dai primi versi aleggia la consapevolezza della morte,
consapevolezza che coglie il poeta appena sorseggia il caffè mattutino da tazze
smaltate. Poi un gesto come toccare le posate si trasforma in un atto che
sembra profetico, una mano che dalla “tovaglia ruvida” si alza misteriosa come
per ammonire. Un tremore come d’inspiegabile
vibra sulle labbra della donna, il poeta comincia a fantasticare sulla propria
vita e le vede allegoricamente come un carretto guidato da un conducente che
scuote la testa, presagio di un destino di rassegnazione all’ineluttabile.
Gesti ritmici che si
riecheggiano, gesti come rompere un uovo, voltare la testa, guardare il mare,
gesti che rintoccano in un dialogo muto per una coppia che si rivela negli
splendidi versi finali, che forse richiamano
i primi, nel pieno di una crisi che prelude alla fine della loro relazione.
“Di certo ci siamo sviliti l’un l’altro”… Congedo limpido, agghiacciante e
forse sublime nel modo di una semplicità antiretorica. Con tocchi lievi Carver
fa gocciolare parole sulla pagina come rivelazioni della sostanziale
misteriosità del quotidiano.
Tutto questo straordinario libro
è un viaggio, nella realtà, nella letteratura: vaghiamo dentro la mente di
Bukowski, per esempio, di cui Carver realizza un monologo, perfetta sintesi del
Bukowski – pensiero, che sembra scritta da Bukowski stesso, in una mimesi
perfettamente riuscita oppure pensiamo all’abbozzo cinematografico di un
momento della vita di Balzac, o la rievocazione di Baudelaire fatta in
compagnia di un becchino sulla tomba parigina del poeta francese, oppure ancora
alla straordinaria epopea di Machado raccontata nei versi di Onde radio.
Di questa poesia in particolare mi risuonano questi
versi, neanche fra i più potenti :
E così mi guardavo attorno e prendevo nota di ogni
dettaglio.
Poi mi son seduto al sole con il libro, nel mio
posto preferito.
vicino al fiume, da dove si vedono le montagne.
E ho chiuso gli occhi e ho ascoltato il rumore
dell’acqua. Poi gli ho riaperti e ho cominciato a
leggere[…]
“
Ecco come Carver descrive la lettura dei versi di
Machado all’aperto. Chi scrive condivide un’esperienza del genere, leggere
Machado fra un boschetto e un fiume, qualche primavera fa laddove la luminosità
del poeta spagnolo s’impose come nudo e potentissimo dato sensoriale.
In questo corposo, intenso libro, Carver illumina
su cosa sia la sintesi poetica - poesia ha detto qualcuno è “arte della
sintesi”- realizzando una fusione di elementi eterogenei nell’alambicco di una
palingenesi psichica del segno, restituito al dinamismo della fantasia
elaborante e distolto dell’impasse
della mera comunicazione di un senso univoco. Tentativo di esprimere il sé
profondo aldilà della sua caricatura sociale.
Prendiamo per esempio la poesia Caucaso, un romanzo: dove pochi dati
sono sufficienti per tratteggiare un’epopea che avrebbe impegnato un romanziere
in un romanzo- fiume. Tutto questo per rivelarci negli stupendi versi finali la
natura “breve ed effimera” di ciò che noi chiamiamo la realtà.
Una poesia
come Il portafoglio, con i suoi
sottintesi alla Borges, gli oggetti che sopravvivono alla nostra morte,
continuano a esistere anche quando i proprietari sono scomparsi, ha una sua
peculiarità biografica (è il portafoglio del padre appena morto del poeta) ma al tempo stesso una universalità
sconcertante, scava nelle illusioni di un padre, che sono poi quelle di tutti: “Sudiamo e risparmiamo tutta una vita /solo per
scavarci una fossa poco profonda”, come nei versi di Jim Morrison. Oppure
prendiamo una poesia come I vicini dove
l’orrore è all’ordine del giorno, è una banalità e la follia una campagna
costante anche nelle vite apparentemente più normali.
Nella poesia Il
Giardino la poesia rivela la sua essenza: luogo principe di una
moltiplicazione degli spazi e dei tempi; così vaghiamo, dalla Spagna di Cervantes alla Russia di Tolstoj, dalla
battaglia di Lepanto alla Lipsia di Goethe e Beethoven. Divagazioni spaziali,
temporali, deterritorializzazioni che aprono orizzonti, eterotopie che fondano
una diversa identità, ibrida e multiforme.
Dal mio punto di vista, se c’è un limite, è nell’autobiografismo a
volte (rare volte in verità) troppo accentuato, ma riconosco che questo è
l’humus culturale della letteratura americana, soprattutto dalla confessional poetry in poi. Perché i
poeti non esprimono se stessi anche quando credono di farlo ma alludono
enigmaticamente all’essere preso nella sua interezza, a dispetto di un se
stessi che è solo una vacua parvenza, un’evanescente porzione del tutto, una
pericolosa illusione. “Ho perso memoria dell’inutile io” chiosa genialmente
Mandel’štam.
Qualche altra volta il narratore
prende il sopravvento sul poeta e indulge in dettagli pleonastici. Questo
accade stranamente con le poesie dell’ultimo periodo dalla raccolta Blu oltremare a Nuovo sentiero per la cascata, soprattutto, nell’ultima.
Grande poeta comunque Carver dimostra di esserlo a
più riprese in queste circa 500 pagine in cui è raccolta la sua opera completa
in versi; un poeta capace come pochi di sintetizzare la materia eterogenea del
quotidiano con limpidezza visiva e con
capacità di cogliere aforisticamente la vividezza del reale, fra lirici scorci
paesaggistici e oracolare saggezza da
membro ispirato della Middle Class
americana.
Forse il linguaggio colloquiale è per qualcuno
un’ombra su queste poesie, per me ne è la forza, manifestazione della sincerità
del loro autore, oltretutto, autore lontano dallo spontaneismo dello sfogo
lirico in virtù di una visione realmente complessa, cosmopolita,
internazionale, universale, del
momento poetico.