Caro mio, lascia per una volta che io
ti dica quello che penso: tu cerchi di
salvare Dio a tutti i costi perché in realtà vuoi salvare te stesso. Dio è
solamente il garante del tuo io, che tu sogni eterno, indissolubile, immortale.
Dio è il tuo desiderio, il tuo sogno di essere immortale. Salvando Lui, quindi,
non fai altro che salvare te stesso e scusa se mi ripeto. Ti faccio un esempio.
Quando qualcuno muore si dice che “è andato in cielo”. Ora in genere pare si
finisca sottoterra mangiati dai vermi, o in cenere se si viene cremati. Ora ti
chiedo tra le due cose: qual è la realtà
e quale il sogno? Se pensi che la realtà, o per usare un termine caro a voi cattolici,
la Verità, sia la prima, cioè che da morti si vada in cielo, tu evidentemente
stai sognando un sogno così profondo che non sai nemmeno di stare sognando. E
non lo saprai mai perché morirai con questa convinzione. Quindi la tua scommessa
pascaliana è paradossalmente vinta. Grama vittoria in realtà. Da morti si va in
cielo, poeticamente, non sottoterra come vuole l’orrida prosa della realtà.
Hai ribaltato tutto, in base al
tuo desiderio umano troppo umano di essere eterno. Una volta ti dissi che i
cattolici pensano che la vera vita si viva solo da morti e tu mi hai dato
ragione ed è così: ”La Vera vita” di cui la vita reale, che noi realmente
viviamo è, platonicamente se vuoi, solo
un’immagine. Un’immagine illusoria di questa fantomatica vera vita che si vive
solo da morti. La Vera vita si vive solo
da morti. Rifletti su questa evidente assurdità, poi ci sono secoli di sofismi
pseudofilosofici, arzigogoli grammaticali, teologia, a suffragare l’assurdo, lo
so. A partire dal “Credo quia absurdum” di Tertulliano o dal maestro di tutti i
deliri preteschi: Paolo di Tarso.
Dio è un concetto spuntato fuori
dai deserti mediorientali, dove il sole picchia forte e dà dei miraggi; il
deserto con il suo monotematico orizzonte tutto uguale si sposa bene con la
nozione di Dio Unico. Dio nasce in Persia con Zarathustra e il suo Avesta, come
ha mostrato Nietzsche, e con questo Dio anche tutta la mistificante e semplificatoria
idea del Bene e del Male, questo stanco dualismo concettuale ma te ne parlerò in
un secondo momento… Andiamo aldilà. Dove si situa colui che vive aldilà del
bene e del male in quale frattura, fluttuazione del Senso logico della nostra
Storia umana? Non c’è nulla che sia stato più frainteso di Nietzsche
che la questione dell’aldilà del bene e del male. Io stesso, che ne parlo così
tanto, costruisco il suo senso su
macerie di stereotipi; riconoscendo però
la necessità di una morale post cristiana e postumana, postdualistica
potrei dire(intendiamoci bene su questi termini).
Rispetto al Dio dell’ Avesta, il Dio biblico, il
Dio Unico degli ebrei, introduce un’idea nuova, un’idea folle e rivoluzionaria
al tempo stesso: la creazione dal nulla. Idea del tutto estranea al mondo
antico e alla fisica contemporanea, come del resto a quella di Epicuro, come ci
ha mostrato Lucrezio, per cui da nulla non nasce nulla.
Epicuro, di cui i cristiani hanno
distrutto quasi interamente le opere e successivamente travisato, falsificato,
stigmatizzato il pensiero, che ci è giunto per vie traverse.
Potrei continuare ma il tempo
incalza e ci travolge. Per semplificare ti faccio qualche citazione.
“La teologia è un ramo della
letteratura fantastica“ scrive Borges
nel Novecento, “Dio è l’ottativo del cuore umano” ha scritto nell’Ottocento invece
Feuerbach.
Ti sintetizzo ciò che penso con
ciò che ha scritto un poeta, tra l’altro cristiano ma molto sui generis, profondamente individuale
perciò naturalmente eretico, che è William Blake: “L’immaginazione non è uno
stato mentale, è l’esistenza stessa.”
Dio è solo un concetto, dicevo,
tutt’altro che innocuo. Serve al prete, per dominare il gregge di pecore umane.
È solo una strategia di potere.
Diffidare di Dio, di qualsiasi dio, è conditio
sine qua non per definirsi realmente contemporanei, non dico razionali,
perché la ragione, il mito della ragione, è uno dei tanti falsi idoli che affondano nella melma del
narcisismo tutto umano, come del resto Dio.
Si ricade sempre nel triste
dualismo follia-ragione, dove la ragione polarizza tutto il positivo e la
follia tutto il negativo. Si rimane cioè quei tristi figuri che vivacchiano o
vegetano nella loro estasi automatica,
saldamente al di qua del bene e del male, cioè tutti. Fuori tra l’altro
da ogni dimensione realmente sacra perché il sacro, duplice anche
etimologicamente, come ha mostrato Umberto Galimberti, è in quella fluttuazione dell’indistinzione
aporetica per cui una cosa non è più solo se stessa ma anche il suo contrario
logico cioè non c’è più ciò che diabolicamente (dal greco dia-ballo) separa l’unità del molteplice in una
dimensione binaria ma qualcosa che
simbolicamente (suv-ballo) unisce realtà
solo apparentemente distanti. È il misterioso e meraviglioso fil rouge dell’ispirazione poetica, tra
l’altro, così fraintesa, vituperata, declassata troppo spesso a bizzarria,
pazzia, menzogna. Ma divago, torniamo a noi.
A dominare il mondo non è la ragione umana o la
volontà umana, ipostatizzate in un
essere onnipotente ma qualcosa che per
semplificare chiamerò il caos. Dio è solo una parentesi nel processo di
autocoscienza dell’Umanità, che come si è liberata delle religioni totemiche,
poi delle dee del matriarcato, poi degli dei omerici, si libererà anche di Dio.
Certo ci vorranno ancora millenni e sarà dura, soprattutto per coloro che
narcisisticamente credono di essere al centro dei pensieri e delle
preoccupazioni di un essere onnipotente, che li ama infinitamente e obbedisce alle loro
preghiere realizzando i loro desideri. La chiamano Provvidenza questa
megalomania tutta umana di ego troppo spesso smisurati. Tra l’altro cosa è un essere che sta in cielo e ti osserva, ti
giudica, se non il principio stesso della paranoia? “Paranoici da deserto”
chiama Deleuze i fondatori delle religioni del Libro.
Con questo voglio dire … eccetera
eccetera… Questo è il mio pensiero, il
mio pensiero attuale, lo dico con ironia
perché il pensiero non ha copyright e
non è mai attuale, perché l’attualità è
sempre, da sempre, per sempre, solo un querulo
chiacchiericcio che rimbomba atrocemente nelle platoniche caverne. Ti saluto con affetto, consapevole, come tutti
coloro che Severino chiama “abitatori dei sotterranei della filosofia”, di aver
solo parlato al mio orecchio, mentre fuori,
nel mondo e nella mente altrui trionfa quasi sempre soltanto il trambusto
del mercato e così sia.
Ettore Fobo