La memoria… Non serve avere solo
quarant’anni, ne sperimento ogni giorno la disfatta. Il mondo, le informazioni,
le parole, la musica, i film, anche i libri, vanno troppo veloci. Non possono imprimersi.
Scivolano sul ghiaccio. Non resta niente o talmente poco da sembrare niente. Perdiamo
pezzi. Tutti noi, i viventi di questo tempo ipercinetico. Pezzi del nostro
passato e quindi del nostro avvenire. Perché tutto si ripete e capita di
leggere un libro che non si ricordava di avere già letto. Poi una frase ti
illumina. È il ricordo.
Per non dimenticare la memoria è un titolo azzeccato ma insieme chi
non ci ha mai pensato? La memoria è ciò che va preservato. Impara a contare gli
anni, si legge, credo, in Isaia. Ah, la memoria… Decido deliberatamente di non
avvalermi di Internet per verificare l’esattezza della citazione. Si capirà in
seguito perché.
Anche questo libro di Guido
Ceronetti, pubblicato da Adelphi nell’ottobre del 2016, Per non dimenticare la memoria, è il libro di un maestro. Cosa si può dire di fronte a un maestro?
Che ne ha scritti di più belli? È
possibile ma ciò non importa. Un maestro è colui che prova a guarirci dal
nostro male di vivere, anche se non sempre si è d’accordo con lui, egli ci
mostra la via di fuga e di salvezza da questo labirinto di assurdità e
malessere che è la vita contemporanea, specie in una città, soprattutto in una
città, più grande è peggio è.
Ora Ceronetti ha un’ età per cui
forse o si è diventati maestri o non si è vissuto. Tragicamente vissuto nel
caso del “filosofo ignoto”, che
conosce soprattutto come sguardo lo sguardo tragico, e come misura umana la compassione e la cui memoria
vacilla per l’età e sotto l’urto di una certa cacofonia contemporanea, come per
un’intera civiltà, un intero mondo,
assorbito dalla memoria digitale, quella che Ceronetti chiama “E - memoria.”
Essere un maestro è assai dura
fatica, essere vecchio, come ci fa capire con questo libro in modo particolare,
raddoppia la pena. La vecchiaia è orrenda, ci dice onestamente il “filosofo ignoto”, anche perché essa
comporta una perdita di memoria. Sintomo individuale e collettivo perché
l’oblio sembra trascinare con sé ogni cosa, città, guerre, volti, musiche,
Storia, tutto con sé trascina, fiume dell’inconsapevolezza, dismisura di caos.
È questo un libricino (sono poco
più di sessanta pagine) palesemente minore nel corpus ormai sterminato dell’autore, adatto, però, a
essere livre de chevet di un monaco zen, di un’anima in pena, di
un’umanità solitaria e dolente. Stilisticamente la scrittura di Ceronetti è fra le più incisive espresse in
Italia da diversi decenni. Una scrittura
materica e spirituale, corrosiva e sarcastica, con momenti di dolcissimo
abbandono, con altezze di compassione per il vivente che noi siamo, uomini,
animali, piante…
Figura di una moralità antica
quella di Ceronetti, fragile albero in
mezzo ai venti dell’oblio, egli c’ invita e c’ insegna a ricordare, eventi,
parole, cronache, eventi teneramente
sublimi o ignobili barbarie.
Versi di poesia, brani di
giornale, ricordi di una vita e di un secolo, Il Novecento, già dimenticato, in
una società che tanto più è digitalizzata tanto più manifesta la sua feroce
passione per l’oblio.
Queste pagine sono preziose e ci mostrano cosa
sia oggi una sapienza appartata, a volte scontrosa ma sempre nel cuore ferito
del nostro tempo visto da un’angolazione rara, quella dello sguardo tragico che
si posa sul mondo come per cavarne i gemiti. E illuminarli, anche. Non sempre
si è d’accordo con Ceronetti (come quando condanna la musica rock) ma sempre si
ammira la sua coerenza umana e stilistica. Questo libricino nella sua brevità è
una riflessione profonda sulla memoria e sulla sua fragilità, libro che ci
invita a ricordare a dispetto di tutte
le innumerevoli forze avverse, biologiche, storiche, tecnologiche perché il
principale nemico è per Ceronetti la
memoria digitale che “va surrogando la
realtà stessa, abbruttendo la gioventù e l’infanzia, e, finché non avrà
distrutta e resa schiava con tutti i suoi prodotti la mente umana, non sarà
sazia di divorare. “
C’è bisogno di questo sguardo
critico sul web e sulla rivoluzione digitale, di una visione che sappia
storicizzarli, vedendo in essi i pericoli che rappresentano. Per Ceronetti lo
smartphone è un buco nero: facendone ormai quotidiana esperienza, difficile
dargli del tutto torto. Però… - è un però gigantesco- la sensazione è che
Ceronetti, che ha quasi novant’anni, sia estraneo anagraficamente a un
fenomeno che riguarda ormai tutti. Sarà
pure fatalità del male, ma è un male che ci tocca e non possiamo sfuggirgli. È
la Tecnica. L’uomo inventa la Tecnica ma poi la Tecnica prende il sopravvento.
Forse diventeremo noi stessi degli accessori degli smartphone. Bisogna anche
resistere sì ma attenzione al luddismo.