martedì 26 febbraio 2019
Nell’agosto del 2018 la casa
editrice SE ripropone un testo di culto del poeta Vladimír Holan, Una notte con Amleto e altre poesie, che
fece conoscere il poeta ceco negli anni Sessanta al pubblico italiano nella
ormai storica traduzione di Angelo Maria Ripellino. Poeta forse aspro, sicuramente
labirintico, con una grande tensione verso la trascendenza, che conosce la vita
come voragine e che ai margini di questa voragine intona i suoi canti ora fantasmagorici,
ora barocchi, ora sommessi e persino tenui, trattenendo fra le maglie di una
lucidità febbrile frammenti del miracolo di esistere.
In questo libro vi è una
selezione delle raccolte del poeta. Si parte con Soldati rossi,
dove il dato storico della seconda guerra mondiale trova la sua trasfigurazione
insieme mitica e chirurgicamente realistica. Una lettera ricevuta dal fronte dà
cognizione che un fratello soldato un mese prima fosse ancora in vita, gli
orrori vissuti oltre ogni limite diventano assurdi, un maniscalco estrae un
dente da un cavallo restituendo realismo a una scena altrimenti rarefatta, la
“realtà umana” ha comunque il sopravvento nell’animo del poeta su tutti gli
abomini della guerra.
Così s’impone la voce di un
classico della poesia mondiale, una voce che si solleva dal mare dell’oblio. È
una poesia cinematografica nel riprodurre queste tranche de vie, una
poesia dal ritmo come scandito da un’interiore angoscia. Non angoscia privata
ma storica, cosmica, universale.
Il poemetto eponimo, Una notte con Amleto, ha
un inizio formidabile per intensità, lucidità, chiaroveggenza, situandosi in
conflitto con certa critica che, cercando la verità di un testo, finisce solo
per “cartografare l’ansia”. Siamo come esseri umani dominati dall’angoscia che
soverchia anche l’inconscio e rappresenta la materia profonda del nostro vivere
e pensare. Non ci resta che, ultimo
mistero, “intercedere per la voragine”, ultima dea. Qui Holan condanna coloro
che negano il mistero e lo associano al vuoto verso cui “scagliano tutta la
loro rabbia di castrati”. Il poeta ceco trasforma Amleto nella struttura mobile
della modernità, in una tensione dinamica in cui il principe di Danimarca
sembra diventare il meccanismo che rivela la crisi morale, religiosa (Holan era
nato in una famiglia profondamente cattolica) spirituale, denunciata sin dai
primi versi. Progressivamente il poemetto cresce fino a erompere come una sorta
di condanna morale dell’epoca in cui tutto accade una volta sola anche
“l’essenza dell’arte”, unica realtà in grado di rinnegare la prigione in cui
siamo rinchiusi, giacché anche Dio sembra non voglia mischiarsi con le vicende
umane.
Sottigliezze filosofiche, strali
morali, acute consapevolezze di una crisi storica, innervano questi versi,
intessuti di richiami sospesi fra una dimensione concettuale e una
profondamente materica, fra un grido morale e il silenzio sbigottito di chi non
sa o non può più pregare. Sottile gioco di echi! Misteriosi specchi contro cui
s’infrange la voce di un moralista che
perlustra e condanna le deformità della propria epoca, il Novecento (Holan è
vissuto fra il 1905 e il 1980).
Una
notte con Amleto è un poemetto denso di sentenze, apoftegmi che condensano una visione
filosofica mai astratta ma tremendamente e tragicamente concreta: “Non c’è
conoscenza… Viviamo soltanto e soltanto
nelle chimere. “
Altrove leggiamo poesie in cui il
tono poetico avanza con il fragore di metafore ardite ed è realistico ma anche
onirico e a tratti potentemente visionario: “il portone dello scannatoio,
sgranato come l’occhio di Omero.”
Il realismo di questi versi
arriva fino alla descrizione di un’Ofelia annegata divorata dai topi o di un
topo che in una chiesa mangia moccolo umano. Immagini forti, disgustose, rese
però con la freddezza della poesia, immagini di ascendenza espressionista. Ci
sono anche momenti che potrebbero essere definiti impressionisti. Penso, per
esempio, a questi versi di nitido realismo: “paura dinanzi alla musica negra
delle gocce di pioggia/che picchiano sulle foglie della lappole. “
Infine conviene riportare le
parole del traduttore Angelo Maria Ripellino sull’operazione intellettuale
compiuta da Holan: “Egli vuole trascrivere, e come eternare in crittogrammi da
oracolo, percezioni esilissime, palpiti sotterranei, confusi aneliti, attimi di
incantamento - ossia tutto ciò che è latente, sospeso, impalpabile: stupori e
folgorazioni e presagi:”