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Nuova uscita su Lankenauta

martedì 6 aprile 2021

 



Lankenauta pubblica una mia riflessione sul libro “Ventitré modi per sopravvivere” di Ksenja Laginja. Buona lettura.

Ettore Fobo

Abitare il labirinto

mercoledì 1 aprile 2020




Sono felice di annunciare l’uscita dell' ebook di poesia di Carlo Bellinvia,  “Domotica del labirinto”, nella collana Versi Guasti della Kipple Officina Libraria, con la  cura e l’ introduzione di Alex Tonelli. Già nel suggestivo titolo, si  configura il  trait d’union fra antichità e contemporaneità, l’  Enigma e la Tecnica, ciò fa galleggiare domande inquietanti,  su quale sia, per esempio,  il codice linguistico  migliore per esprimere questa lacerazione e quindi per abitare  profondamente il labirinto della contemporaneità.

Il linguaggio produttivo -  tecnico intuitivamente viene scartato eppure… Qui la parola domotica prende dall’antica domus il suo postmoderno respiro e ci raggela pensarla associata al centro  stesso dell’antichità: il labirinto. Luogo emblematico in cui qualcosa di nascosto sembra accadere ed è l’incontro con le proprie multiple voci interiori, resti di un dialogo fra sé  e gli altri, ombre tutte in ascolto di ciò che le supera.

Per dire il labirinto della vita contemporanea  qualche altro discorso potrebbe avere voce in capitolo:  la sociologia, la psicologia, la fisica specie se quantistica, l’ontologia magari o addirittura la teologia e perché no la musicologia etc … Per dire  questo labirinto, mapparne i confini, darne l’uscita, fornirci del suo discorso la chiave ma son quasi  tutte illusioni sociali e parvenze, lo sappiamo.
Non mi nascondo dietro un dito,  da poeta lo so:   la poesia è quel codice, quella chiave dove non è tanto l’uscita del labirinto a tentarci piuttosto  l’entrata, perché da esseri viventi dobbiamo e  vogliamo abitare nel labirinto, a guisa di Minotauri  ornitologi  o ninfe-dive vestite da farfalle,  bruciate dalla forza interiore  dall’erranza, o streghe che accendono un rock nel destino rosso di una rosa e adibiscono la loro anima al divampare del segreto.

Questo divampare e questo grande vagare mi sembra ciò  che  sostanzia il dire di Carlo Bellinvia, ogni dire in realtà che  si  sappia profondamente poetico  nella sua labirintica origine.

Poesia come codice-labirinto non da decrittare soltanto, iscrizione papirologica che ci attrae con la sua enigmatica essenzialità ma da perlustrare, mappando  il disorientamento linguistico  per meglio  abitarlo e da poeti cavalcarlo in un discorso che ha senso perché risuona proprio  in quel  labirinto di  voci interiori  e riecheggianti  le une con le altre che noi  siamo per noi stessi e per gli altri.

 “Domotica del labirinto” dunque apre a domande smisurate.  
Da leggere, da perlustrare,  da perdersi in esso. Da abitare. Consigliato.

Kipple si rinnova con una promozione imperdibile

sabato 18 marzo 2017




Si rinnova il sito della Kipple Officina Libraria, la casa editrice per cui ho pubblicato la maggior parte dei miei libri (Sotto una luna in polvere,  La Maya dei notturni, Diario di Casoli).  Pubblica prevalentemente narrativa fantastica, di fantascienza soprattutto. Ma anche libri di poesia, in particolare nella collana VersiGuasti, curata da Alex Tonelli,  nella quale è uscito  proprio  il mio Diario di Casoli. Vi segnalo anche le sue due  ultime uscite Rosso. Niente. del poeta danese Kenneth  Krabat, tradotto da Giovanni Agnoloni e  Distruggi le prove della poetessa Francesca Gironi. È in corso una promozione che si conclude domani.Ci sono 10 euro di libri, musica, gadget, in omaggio.  Se siete interessati affrettatevi.

Ettore Fobo

Autointervista con domande implicite – parte seconda

sabato 7 gennaio 2017







Leggi qui la prima parte.

La mia idea di letteratura è  un po’ quella di Manganelli, con meno ironia, forse, perché la penso come Pasolini, l’ironia, una certa ironia-  l’attitudine cioè a scherzare,  a minimizzare -    è spesso  un atteggiamento un po’  borghese.  Manganelli,  però,  ha tutte le ragioni del mondo quando sostiene  che la letteratura è mistificazione, menzogna. Nessuna verità da dire, costruzione intellettuale in bilico fra la burla e la profezia, gioco pericoloso in cui ci si danna l’anima per assecondare le ombre. Finzione anche la Storia, i cui  personaggi sono dei flatus vocis senza significato.  Glossolalica,  puttanesca infine  la poesia,  imbroglio calcolato al millesimo che ci rivela cos’ è il linguaggio umano, sospeso fra farneticazione e musica.

Proprio la musica  ha un ruolo centrale in Diario di Casoli. In quel periodo ero ipnotizzato da “Music for Airports” l’ album  di Brian Eno,  lo ascoltavo continuamente. Penso -  e in realtà  spero -  che quelle melodie avvolgenti, circolari, quelle spirali melodiche,  mi abbiano influenzato. Poi rompevo l’incantesimo di quella musica, con il ruvido suono dei CCCP, con la cantillazione ipnotica alternata al grido di Giovanni  Lindo Ferretti,  vi aggiungevo  la dolce, cinica per gioco,  fintamente ubriaca, di sicuro ironicamente dannata, musica di Guccini, maestro di poesia nei suo meravigliosi testi, secondo me, i  migliori della musica italiana  e penso, per esempio,  a una delle canzoni degli anni ‘90, neanche fra le più note,  “Lettera”.  Citerei i Grateful Dead, rivelazione di quell’estate, gruppo che conoscevo superficialmente. Sono entrato dentro quel mondo musicale fra psichedelia e folk e mi sono molto divertito. Ascoltavo Crosby Stills e Nash, per esempio. C’erano i Doors, naturalmente ma quelli li ascolto sempre. E i Velvet Underground, sì, quasi sempre. Che altro? Non so, Battiato, ma soprattutto come autore per Giuni Russo, Alice. Ascoltavo  quell’eccezionale album che è “Energie”, dove la voce di Giuni Russo ritma la follia metropolitana, l’alienazione, l’ allucinazione urbana. Penso che tutto questo mi abbia influenzato durante la scrittura di “Diario di Casoli”, io scrivo spesso ascoltando musica e i miei percorsi musicali sono strani, come si è visto da quello che ho appena detto.

Sento di aver ingannato il lettore, in quanto poeta è mio compito, naturalmente, il bucolico è solo il travestimento di un poema che realizza altro: la fuga di colui che è “passato al bosco” come recita più o meno Jünger. Ecco Diario di Casoli è traccia di questa illuminazione, che naturalmente trattandosi di poesia è finta, anche nel senso etimologico di modellata, costruita, artefatta.

Cosa posso dire  infine di questo flusso di parole che ho intitolato Diario di Casoli?   Che esso  racconta il mio passaggio al bosco, l’ingresso deliberato in quel tempio, quella “foresta di simboli”,  che è la natura. Un’indagine alla fine inquietante, una  straniante ricerca dell’altrove, nel sogno,  nel mito, nel mito di stessi,  di Casoli, del divino,  del nulla. Ecco così, ipotesi di lettura. Ma la domanda io la rivolgo al lettore. Solo lui possiede la chiave  di questo testo che io ho smarrita scrivendolo. La lettura che ha dato Tonelli, per esempio, per me è stata illuminante. Ha definito il poema un “vagare immobile verso l’impossibilità della parola”. Fantastico, non ci avevo pensato. Mi ha aperto alla comprensione del mio stesso testo come deve fare un vero  critico. E ciò mi lusinga oltretutto,   perché infine  ho imparato che capire e amare sono la stessa cosa.

Tre aggettivi per definire Diario di Casoli: orfico, onirico, bucolico, sul solco di una mistificazione, lunare che finge la luce, lucente che sogna la tenebra.

Spero che si possa dire della mia poesia che essa sia ribellione al senso comune, alla dittatura della Verità. È semplice ma complesso da dire. Con  la narrazione mistificatoria della poesia rispondo alla Narrazione mistificata dell’attualità e del mondo.

Il bucolico è l’ abbellimento, l’ornamento di qualcosa che in essenza potrei chiamare la rivolta, non quella chiassosa delle piazze, ma quella silenziosa del bosco. E si ritorna a Jünger al suo Trattato del ribelle, che parla del ribelle come di  “colui che è passato al bosco”, si è dato alla macchia, congiura con le forze astrali della sua unicità selvaggia e aristocratica.

Perché scrivo? Mah.  Forse Per resistere allo sfacelo, per oppormi alla pernacchia dei luoghi comuni e del qualunquismo linguistico, per indossare una maschera ed essere la finzione di una voce, un medium che porta un po’ di inferno in paradiso e viceversa… No,  no. Tutto falso, ovviamente. Scrivo perché non lo so, se lo sapessi non lo farei, sarei troppo cosciente e ciò mi paralizza, l’eccessiva coscienza ti blocca,  in poesia ci vuole abbandono, incoscienza, oblio. E torna il discorso del femminile. Torna la luna con il  suo silenzio oceanico. Ancora una volta l’acqua. A Casoli c’è un laghetto, ma è lo stesso. Bagni di Lucca è famosa per le terme.

Ho scelto o meglio mi si è dato un luogo piccolo, minimo, una frazione, quasi un villaggio, Casoli, dove nel silenzio della valle  ho potuto sentire il richiamo della vastità,  del bosco, della natura sacra perché altra e altra perché sacra. Questa scoperta dell’alterità non cessa di inquietarmi.

Fra le influenze aggiungo il Pasolini de Le ceneri di Gramsci,  in cui c’è un poema che parla molto dell’Appennino toscano,  di Ilaria del Carretto, questo straordinario monumento funebre di  Jacopo della Quercia che ho avuto la fortuna di ammirare due volte, nei versi di Pasolini e dal vivo, alla cattedrale di San Martino.  Ho girato intorno al monumento  avidamente, come per assorbire la sua bellezza. È stato un evento.  Un biancore scintillante, la grazia, l’abbandono.

Il passare del tempo nel poema è un battibecco fra luce e tenebra, che in quella dimensione sono entrambe assolute. Per questo parlo spesso di penombra che con la sua incertezza ci salva dalla luce troppo accecante e dal  buio troppo terrestre, ambiguo, spaventoso.

Qualcuno può pensare che potessi scegliere un titolo più evocativo,  più suggestivo, ne avevo anche uno ma mi avrebbe dirottato l’opera che vuole essere anche realistica, di un “realismo magico” però, una mappa del mio vagare mentale sì ma profondamente radicato nel luogo, territorializzato, direbbe Deleuze ma in questo  caso si tratta di una dislocazione, l’altrove. Beninteso: solo l’occhio visionario lancia uno sguardo realistico. Solo il sogno racconta la realtà e non la fredda astrazione della Ragione contemporanea, calcolante, utilitaristica.

In poesia c’è sempre il potlach, l’eccesso che deve essere distrutto altrimenti ti distrugge. Il Minotauro si traveste dunque  da fatina. L’inquietudine del buio diventa ardente desiderio di luce.

 La mia è una sorta di Lonely Planet mentale, una mappa della terra che non c’è, Casoli , “puntino sperduto nell’universo” lo chiamo in un verso, che per effetto dell’immaginazione diventa mitico, a tratti incantato(parlo di casa delle favole) a tratti spettrale( “il cimitero proietta una luce diabolica, sinistra”). Una collina  tutto sommato dolce,  diventa  aspra come la montagna, luogo archetipico, come archetipica è la valle. Si tratta anche  giocare a creare un mito di  se stessi. Così il poeta incontra Casoli, luogo sospeso fra il nulla e l’infinito, fra la luce amica e il buio diabolico, fra realtà e sogno.  Visione ipnagogica della penombra, che come dice anche l’etimologia  non è ombra ma quasi ombra. E così via.

A Casoli noi ci muoviamo così in un mito, il mito dell’altrove, il mito del bosco;  sono stati mentali,  sono la  soglia. Il primo libro di Ferlinghetti s’intitola A Coney Island of the mind. Qui non siamo a New York o a San Francisco, siamo  a Casoli ma è lo stesso. “Casoli is a state of mind,” potrei dire giocando ma non troppo. In Toscana si respira sempre un’atmosfera internazionale.

Ci sta che un minuscolo paesino collinare divenga montano, per effetto anche dell’immaginazione. Tecnicamente Casoli non è montagna, ma è come se lo fosse. Io ero  immerso in una valle circondata dai monti, nel silenzio rotto solo dal canto delle cicale. La mia mente ha iniziato a mormorare un canto di ringraziamento. Ho assecondato questo desiderio ed ecco Diario di Casoli.

Lo pseudonimo risponde all’esigenza della maschera. È la consapevolezza che scrivere poesie significa sempre indossare una maschera. Ettore Fobo non sono io, è un io fittizio generato dalla mia scrittura,  l’autore.  C’è una frase di Oscar Wilde a tal proposito,  illuminante : “Gli uomini mentono.  Date loro una maschera e  vi diranno la verità.”

Ma qui la maschera mi serve per rilanciare un’idea di mistificazione assoluta, di menzogna come grimaldello che permetta di scardinare la porta sul giardino incantato della pura invenzione. Nulla di vero in tutto ciò, sogno che si sfalda come un dente di leone… Eppure in questo sfaldarsi troviamo l’unica realtà, l’unica verità,  cui la nostra condizione umana ha possibilità di  accesso.

Fine


Auto - intervista con domande implicite - parte prima

sabato 17 dicembre 2016





“Penso che l’intervista sia una forma d’arte. E che l’autointervista sia l’essenza della creatività.”
 Jim Morrison

Penso che Diario di Casoli, aldilà del dato biografico di cronaca o finta cronaca di una mia vacanza in Toscana,   sia  soprattutto un’avventura dentro il mistero di scrivere e quindi della parola  e poi dentro  il mistero dell’altrove.  Un poemetto apparentemente incentrato tutto su un luogo, Casoli, che si trova in provincia di Lucca, che per effetto dell’immaginazione diventa un luogo mitico. Poiché tutto è già immediatamente ricordo nel momento stesso in cui si compie, tutto, come ha notato Tonelli, eternamente accade in un unico istante; tutto è già mito, racconto, e a dominarci è il desiderio dell’altrove, luogo altro rispetto alla quotidianità cittadina. Anche la memoria è un altrove, rispetto all’azione perennemente volta al presente, all’attuale, banalmente alle cose da fare.  Anche il sogno che ci fa da sfondo è un altrove.  Ciascun luogo è il sogno e il segno di un luogo mitico, mentale.

Ecco, io mi sento sempre un poeta onirico, notturno, che, però, arde dal desiderio di cantare la luce. L’ambientazione montana (si tratta di una mistificazione in realtà, si dovrebbe dire che Casoli è in collina ma io l’ho trasformato in luogo montano) l’ho sentita e l’ho vissuta così, come prodigio di luce e ombra, che si disputano la scena nel loro quotidiano alternarsi. Nel mio poema spero che questo prodigioso alternarsi si veda anzi, si senta.

Mia ambizione era far apparire queste zone della Toscana, la valle di Lima, soprattutto ma anche la Garfagnana, come luoghi esotici, realmente altri. Il mio vuol essere un poema luminoso che non dimentica che la poesia è fondamentalmente tenebra o meglio penombra, la penombra boschiva,  in questo caso. Ecco il vero cuore dell’altrove, l’ animalesca alterità del bosco, della civetta, della volpe, del cervo,  del cinghiale etc. 

“La vera vita è altrove.” Così Rimbaud potrebbe sigillare il poema con questo suo verso. Casoli diventa altrove dove la vera vita si può manifestare ma ecco… la vera vita non può essere raccontata, così Tonelli parla giustamente per il mio poema di viaggio verso “l’impossibilità della parola”. Infatti, la parola è insufficiente a svelare il mistero dell’altrove al tempo stesso essa è la soglia che ci permette di accedere a un’epifania del sacro.  La poesia si toglie la maschera di costrutto intellettuale e si rivela religiosa, ma in maniera primitiva e forse caotica. Poesia come religione del silenzio. Musica che onora il silenzio.

Si può parlare come fa Goethe, e ci ricorda Tonelli, di “regno delle madri”, con tutta l’ambiguità e l’ambivalenza della madre, compresa madre Terra, espressione ormai logora per via di certa New Age, espressione ormai caduta nel discredito della massificazione, per via del fatto che anche il “senso della terra” di Nietzsche diventa banale come una musichetta troppo ascoltata, se diventa slogan.

Nel mio poema c’è il sogno che la poesia si riveli creatrice di miti in grado di riconciliarci con la Natura, mito archetipico fondante, celebrato in questi versi, ma che si ha la sensazione, penso, di   una natura   lunare, sfuggente, ambigua, acquatica. Non ti ama, ti assorbe, duplicità della madre. E infine tutto questo è un sogno: madre natura, la valle, lo stesso paese si rivela essere Hotel Artaud, cioè un luogo magico, sì ma in fondo folle e assurdo, come la vita e i suoi simboli. Splendidamente assurdo, potrei osare di dire, se penso a Camus. La vita come ridda di esperienze assurde, da vivere fino in fondo.   Penso anche all’amor fati nietzschiano, che, però, diventa più o meno “La tua  vita è una gabbia;  ama le tue sbarre”,  nell’interpretazione critica di Adorno. Mi ha fatto molto piacere che Tonelli abbia citato quest’ultimo nella sua introduzione. Ma sto divagando.

Diario di Casoli è un titolo che si è imposto da sé. Scrivevo su un quaderno queste poesie e dopo una manciata di esse, avevo già in mente dove volevo andare a parare, cioè  verso il regno del grande Boh, naturalmente. Sì perché io scrivo anche per essere stupito e in qualche caso lo sono stato. Mi capita a volte di sognare dei versi, più raramente un’intera poesia.   Hotel Artaud all’alba, per esempio, è proprio il residuato di un sogno. È stata quasi interamente recuperata al risveglio e ricostruita.  Hotel Artaud è il titolo di una poesia di Milo De Angelis, poeta che leggevo in quel periodo.  Leggevo anche Yeats, che viene citato in esergo a una poesia. È Yeats a chiamare il suo secolo, il Novecento, “secolo consunto”. Ho avvertito anche piuttosto intensamente la presenza di Pascoli che è vissuto lì vicino, per la precisione a Castelvecchio che ora porta il suo nome, Castelvecchio – Pascoli, e dove la sua casa è stata trasformata in museo. La visita a questo museo è un altro degli eventi clou di quella vacanza in Garfagnana e nella provincia lucchese.  A questa aggiungerei la visita al castello archeo park di Verrucole. Straordinario e divertente viaggio storico nel medioevo,  non privo di ironia oltretutto,   nella ricostruzione narrativa di quel periodo storico. Un vero spasso per un bambino,  la gita ideale per una scolaresca.

Fra i modelli non posso non citare Machado che canta i monti, i fiumi, i limoneti, gli ulivi della Castiglia oppure Odisseo Elitis, poeta luminosissimo che canta i mari della Grecia. Poeti della luce, mi viene da pensare. La mia speranza, infatti, era graffiare il lettore con uno spettacolo di luce.
Ma in Diario di Casoli c’è molto buio. Rimango un poeta notturno, lo yin prevale sullo yang, il femminile  sul maschile, la fragilità della parola poetica sullo  strapotere onnipotente della Verità. La poesia è un pensiero debole, fragile. Con Ceronetti, però, bisogna dire: ”Nulla, nessuna forza, può rompere una fragilità infinita.”

Nel lucchese ho letto una frattura fra la Garfagnana e il resto della provincia che mi è stato spiegato essere nel Medioevo il cosiddetto “contado lucchese”, cui appartiene Casoli che è una piccola frazione di Bagni di Lucca, un po’ abbarbicata in collina ma in maniera timida, riservata, un po’ chiusa, come mi è parsa quella terra e quella gente. Un po’ diversa m’è parsa la Garfagnana sia come paesaggio sia come persone, forse più gioviali, con la loro divertita ironia che non arriva al sarcasmo per una specie di educazione. Ma aldilà di queste differenze, magari immaginarie,  sebbene divisa, tutta d’un pezzo m’è parsa l’anima lucchese, in definitiva, appunto,  colorata d’ ironia, con una sua saggezza come di chi guarda nella vita la  buffoneria universale, il vano e non ne soffre perché sa riderne, o forse la sua sofferenza è affilata come una risata.

Secolo consunto” è anche il nostro ma Diario di Casoli è il tentativo di far uscire il lettore dall’oppressione della contemporaneità, di farlo viaggiare verso un’alterità che è anche il recupero di una dimensione primitiva, ancestrale, naturale, fondante. È il discorso sotterraneo della nostra epoca tutta, se ci pensate. In questo caso io, come spesso i poeti, mi faccio interprete e cantore di questo desiderio collettivo di palingenesi naturale. Nonostante l’ambiguità di fondo la mia è, in questo caso, poesia che celebra la terra. È stato Zanzotto, infatti, a dirci che il poeta sogna soprattutto di elogiare, celebrare. Spero di essere riuscito nell’intento.

Con Diario di Casoli volevo realizzare qualcosa che fosse luminoso per rompere con la tenebra dei miei libri precedenti, con il velato cupio dissolvi dionisiaco che forse li caratterizzava per cui un lettore un po’ disattento poteva rimproverarmi, ingiustamente, io credo,  perché nelle mie poesie anche la “notte nera dell’anima” erompe come una rivelazione carica di mistero.  O almeno così penso. Sicuramente volevo fare un libro luminoso, e come tale l’ho vissuto. Rileggendolo più e più volte in realtà benché la luce abbia un peso specifico notevole, quella della luminosità è una falsa pista che io inconsciamente ho percorso. È una specie di auto inganno che inganna anche il lettore. Un’auto rappresentazione che dice qualcosa della verità ma ne nasconde l’essenziale. Diario di Casoli è ancora un libro in cui il buio, il silenzio, o addirittura appunto “l’impossibilità della parola”, l’impossibilità per la poesia di dire la verità sul mondo, sono protagonisti della scena. Sono, però, devoto a quel frammento di luce di cui il “Diario” si fa portavoce.

Bisogna rompere con le opere precedenti tanto più la rottura è evidente tanto più vuol dire che si è lavorato bene su se stessi.

Ho voluto dare una veste bucolica al mio pensiero, per renderlo meno inquietante, convinto che uno dei compiti della poesia sia quello di esaltare, celebrare, elogiare, anche la tristezza, persino la sofferenza,  addirittura la morte, in una logica davvero aldilà del bene e del male.  Insomma, la poesia deve togliere senso alla vita, il senso codificato, fossilizzato,  sterile per crearseli lei infiniti, sensi vaganti, immagini, visioni, prospettive. La poesia è sempre duplice, come minimo, ambigua, è sia  la ferita sia   il coltello che l’ha inferta, il bacio che forse è anche un morso,  la carezza e la percossa, l’infinito e il vuoto, ma soprattutto, mi piace dire adesso,  il vuoto infinito. Ciò che sconcertava Pascal, voglio dire,  il silenzio stellare. La poesia è terribile, ci rivela la vanità delle nostre azioni, il nulla di cui siamo fatti, ci mette alle spalle al muro e pretende la nostra anima, tutta. Preferisce il nulla del disinteresse a un’attenzione parziale, pericolante, svogliata.

Fine prima parte
 Leggi qui la seconda parte.