Con Sottomissione Houellebecq scrive
un romanzo potente, dando vita a uno spaccato sociale della Francia - e in
fondo dell’Europa - fondamentale per cercare di capire questi
anni convulsi più che mai. Le polemiche sorte intorno al testo sono
dimostrazione della sua vitalità e della sua profonda ambiguità. Houellebecq gioca con i generi (in fondo il suo è un romanzo di
fantapolitica), scrive quello che è anche un saggio di critica letteraria su
Huysmans, ha un interessante approccio storico, arriva a una condensazione
filosofica dei concetti; il risultato
finale è una mescolanza arguta di sorprendente modernità. Ormai non ci può
essere che un approccio multidisciplinare, una fusione alchemica di conoscenze
eterogenee, per scrivere un romanzo all’altezza dei tempi (della Storia e della
letteratura).
E come Orwell, come Huxley, Houellebecq
disegna uno scenario di fantapolitica, immaginando che in una Francia del
prossimo futuro (2022) un fantomatico partito islamico, la Fratellanza
musulmana, riesca democraticamente a formare un governo, con tutto quello che
questo significa per l’applicazione in occidente di un’ idea di sharia (esclusione della donna dalla
vita pubblica, poligamia, sottomissione al Dio islamico…)
È un’idea in fondo abbastanza paradossale che però lo scrittore
francese sviluppa riuscendo a essere credibile. Non sono però, come potrebbe sembrare, lo spauracchio dell’islamismo e la retorica
sulla perdita dell’identità francese il fulcro del romanzo; se così fosse stato il libro sarebbe stato, a mio modo di vedere, un fiasco. Esso verte intorno all’idea base che Dio
tornerà, sta tornando, è tornato
protagonista sullo scena del mondo.
L’idea di Dio diventa così una risposta al nichilismo
del personaggio protagonista, François, professore universitario, intellettuale ormai esausto, quasi senza
vita, senza desideri, senza prospettive, simbolo dell’europeo medio devitalizzato. Le
diagnosi di Nietzsche sulla decadenza dell’occidente, sul trionfo del nulla,
trova riscontri nel romanzo. Houellebecq racconta così la forma e la subdola
formula del nichilismo contemporaneo, sostenendo con l’impianto del suo romanzo
che l’ alternativa al nichilismo è
questa religiosità forse farsesca, sicuramente
opportunistica, finta e di comodo, di
matrice islamica in questo caso. L’umanesimo laico, illuminista, su cui
si crede sia fondata la modernità, (François stesso si definisce ateo) si scopre così debole e ormai al collasso,
davanti alla seducente irrealtà di Dio.
Così finito il marxismo che aveva
fornito un orizzonte di senso, la risposta al nulla che l’uomo sente dentro di
sé ritorna a essere di tipo religioso. Questo è il futuro che immagina Houellebecq:
infatti, nel romanzo islamici e cattolici sono
praticamente alleati in questa lotta per la restaurazione di Dio, del senso,
della famiglia, del patriarcato, fondata sull’esclusione della donna dalla vita
pubblica e del suo asservimento.
Romanzo nietzschiano, eccetto che
nelle conclusioni. Ciò nonostante Nietzsche stesso viene definito dal
protagonista in due occasioni ”vecchia bagascia”, caduta di stile di Houellebecq
che non ha molto senso. Nessun oltreuomo all’orizzonte piuttosto il cedimento
della classe intellettuale alle sirene della religiosità islamica. La morte di
Dio si rivela apparente, basta poco ed ecco che l’Occidente riscopre che Dio è
comodo, l’orizzonte di senso che promette troppo allettante. Sottomissione è una riflessione attuale
sul nichilismo della società contemporanea, sulla crisi delle sue élite intellettuali, un’interpretazione in
fondo agghiacciante e desolata, senza vie d’uscita, del nostro presente. Qualcuno
rimprovera a Houellebecq la mancanza di
speranza; io vedo in essa invece la lucida constatazione di un declino
inarrestabile.
Pubblicato da Bompiani nel
gennaio 2015 e tradotto da Vincenzo Vega, il romanzo è ben strutturato in
cinque capitoli organizzati in paragrafi
brevi e fluidi. Si ha il sospetto che questa leggibilità sia un trucco del
mestiere, s’indovina il montaggio di materiale eterogeneo, come sostiene
Baricco, che parla del testo come la fusione di un “romanzetto” di fantapolitica “ e di un saggio letterario su Huysmans. Dell’intervento
di Baricco mi limito a segnalare la
consueta spocchia dell’intellettuale medio italiano verso la letteratura
di genere.
Aldilà di questo, la lettura di Sottomissione è avvincente; ottimo il montaggio e il senso del ritmo.
Mancano un po’ personaggi femminili
veramente significativi, qualche
riferimento alla politica francese è oscuro al di fuori dei confini transalpini,
le scene di sesso, per fortuna rare, sono sgradevoli e inutili, nonostante ciò Houellebecq riesce a scrivere un romanzo accattivante dimostrando intelligenza
e anche mestiere, appunto.
Lo scandalo del romanzo è che Dio torna a essere un orizzonte
praticabile, un interlocutore plausibile, per intellettuali ormai strozzati da
un edonismo che ha esaurito le sue attrattive, stanchi, svuotati, pronti a
sottomettersi al primo totem che si presenti. L’illusione di Dio, anche se in
questo caso si tratta del Dio dell’Islam, è preferibile a una realtà di tristi
consumatori abbruttiti, sembra dirci Houellebecq. La
provocazione dello scrittore francese è dunque sottile, anche se morto, Dio
funziona, perché non approfittarne, se
ciò significa un senso? Come sempre
aveva ragione Nietzsche quando scriveva che per l’uomo “ è meglio un senso qualsiasi che nessun senso.”
Il libro di Houellebecq si pone proprio al centro di questa vertigine.
La sua è anche una riflessione sul potere, sulla religione come strategia del
potere, sulla religiosità letta come espressione della volontà di potenza
dell’individuo. Per François si
tratta di una volontà di potenza piccina piccina, piccolo borghese, domestica.
Qui la
dimensione religiosa torna in auge
perché fa breccia in un Occidente in declino che per stanchezza di sé recupera
Dio dal dimenticatoio dove la modernità
laica, illuminista prima, mercantile
oggi, l’ha relegato. Però in questo futuro non è il Dio cristiano ma quello
islamico a prevalere sulla stessa
modernità laica ormai in disarmo. Romanzo
dunque scomodo, dove si mette più di un dito nelle piaghe della contemporaneità. Possibile che si tratti del
romanzo dell’anno.