giovedì 24 settembre 2020
È uno di quei giorni in cui la notte sembra eterna e l’angoscia piazza nel cranio, come vide Baudelaire, la sua bandiera nera. Sparito ogni orizzonte rimane lo specchio, il mostro che sempre riflette la nostra vacuità di spettri, la nostra inconcludenza di girovaghi e inetti. E allora? Ora che qualsiasi dio è solo un rottame dei secoli umani, con chi condividere la propria solitudine in cerca di ombre in cui annegarsi, di volti in cui specchiarsi e infine sprecarsi? Ora che ripudio ogni narcosi che il semplice pronome io promette, quale sogno o pensiero mi libererà dalla notte nera dell’anima e spoglierà la luna del suo ghigno sarcastico e grottesco?
Allora, è la mia sfida perpetua all’eterna dissolvenza, aspetto che il dolore si affini e si faccia canto e che la mia lode all’universo si scopra smisurata, affinché al fondo di qualsiasi tunnel d’angoscia io senta tuonare un ditirambo di gioia, profondo come un destino e lucido come un orizzonte; entrambi sottratti a un mare perduto da sempre e che tuttavia immensamente perdura.